Cari Amici
È da tempo che tutti noi nei diversi settori e con diverse competenze denunciamo il diffuso malcontento nel rapporto medico–paziente , medico–istituzioni , paziente-istituzione , oggi a maggior ragione, in un momento di vacche magre, dove la razionalizzazione delle risorse economiche diventa prioritaria al mantenimento in vita dello stesso servizio sanitario verso i cittadini. Nulla da obbiettare quindi verso l’atteggiamento di maggiore attenzione e rigore sull’uso dei soldi pubblici e al controllo della reale utilità dei servizi resi ai cittadini da parte della Pubblica Amministrazione.Ci auguriamo anzi che questo dichiarato sforzo dei nostri Amministratori si realizzi con un reale risparmio di risorse economiche e un servizio adeguato al pubblico dei fruitori, ben sapendo quanto è difficile sciogliere nodi di malcostume e interessi consolidati nel mantenere lo status quo. Si discute di costi standard e di livelli di prestazione da raggiungere in termini di rapporto efficienza- efficacia del servizio. Anche questo è giusto, perché, se certe Regioni riescono ad organizzare servizi efficienti a dati costi, si devono prendere da esempio e cercare di imitare.
Fin qui parliamo di buon governo, di buona fede,di buona organizzazione delle risorse.
Ma non basta. Perché l’organizzazione delle cose è prioritaria insieme ai valori che ne dettano la realizzazione,anzi devono camminare di pari passo. Organizzare un buon servizio al pubblico non è solo questione logistica,( luogo fisico, personale medico specializzato, personale paramedico, strutture varie, apparecchiature tecnologiche, tempi di lavoro e turni di presenza,approvvigionamenti vari, appalti con le ditte fornitrici, ecc….) ma anche questione di accoglienza al malato. Cosa si intende con la generica locuzione - accoglienza al malato? Un principio fondamentale : riconoscere che lo scopo prioritario e imprescindibile del servizio che si fornisce è dato ad un Essere Umano , nella sua totale integrità di persona intesa come corpo mente e spiritualità. Questo porta da sé moltissime risultanze come, appunto, il rispetto, il diritto alla informazione verso il paziente, non solamente formale e legale ma partecipativa, opponendosi alla pratica spesso attuata di mercificazione, alienazione e di difesa verso il malato.
Porsi la semplice domanda : questa struttura a cosa serve? E’ organizzata in funzione della persona, dell’individuo che fruisce del servizio? Spesso nei miei studi di ricerca sociale mi sono trovata di fronte ad “organizzazioni” che teoricamente erano create per uno scopo, ma ne perseguivano un altro. Al primo posto si è scoperto che l’organizzazione mette se stessa e la propria sopravvivenza , quasi fosse dotata di vita autonoma. Contano prima le risorse umane e no, le loro esigenze e poi il servizio da rendere. “ - La burocratizzazione del rapporto medico-paziente ha reso entrambi, non più soggetti centrali di un sistema, non più protagonisti attivi di un percorso di cure e di assistenza, ma oggetti intercambiabili, in uno scenario che pone in secondo piano il diritto del paziente, privilegiando scelte economicistiche e di interesse e ciò ha portato alla degenerazione conosciuta col nome di “medicina difensiva”. -
Chi voglia partecipare al Movimento e firmare la Petizione o far parte attiva alla creazione di un nuovo paradigma culturale riguardante appunto l'Umanizzazione può prendere contatto direttamente con me.
Per firmare la petizione online :
http://www.petizionionline.it/petizione/dichiarazione-per-il-diritto-alla-cura-alla-persona-e-per-l-umanizzazione-delle-cure-mediche-chirurgiche-e-psicologiche/5335
Per prendere contatto con me:
daniela.degiorgi@hotmail.it
Il nostro obiettivo è quello di suscitare intorno a questi temi il massimo di consensi possibile, di alimentarlo favorendo un esteso e approfondito dibattito che consenta il manifestarsi di ogni opinione. Intendiamo infatti promuovere, tutte le iniziative possibili per fondare un Sistema Sanitario più umano ed al tempo stesso più efficace, più giusto ed anche più economico e razionale-“
E’ nato proprio da queste ed altre considerazioni il - MOVIMENTO PER IL DIRITTO ALLA CURA DELLA PERSONA E PER L’UMANIZZAZIONE DELLE CURE MEDICHE , CHIRURGHICHE E PSICOLOGICHE.
Sono particolarmente lieta di informarvi sulla nuova iniziativa.
Invito tutti voi, come presidente della Associazione Inos –Il noi sociale- a partecipar, ad aderire e firmare la Petizione online, primo gesto ufficiale del Movimento. Sono sicura che tutto questo desterà in tutti voi interesse e vivace partecipazione.
Grazie.
Il Presidente
Blog del seminario tenuto dalla dr.ssa Daniela De Giorgi, cattedra di: Sociologia corso avanzato - Prof. Paolo De Nardis - alla Sapienza di Roma(facoltà di Sociologia)
sabato 5 novembre 2011
E' nato il Movimento per il diritto alla cura alla persona e per l'UMANIZZAZIONE delle cure mediche, chirurgiche e psicologiche.
DICHIARAZIONE PER IL DIRITTO ALLA CURA ALLA PERSONA E PER L’UMANIZZAZIONE DELLE CURE MEDICHE, CHIRURGICHE E PSICOLOGICHE
Premessa
In un’epoca caratterizzata dalla progressiva riduzione della centralità dell’uomo, sentiamo il bisogno di affermare che prima di essere medici e cittadini liberi, indipendenti e democratici, siamo esseri umani, ovvero, “persone”, e come tali aspiriamo a dare e ricevere le cure.
Noi riteniamo che la Medicina attuale, proprio nel momento in cui raggiunge importanti progressi nella diagnosi precoce e nella conoscenza scientifico-terapeutica della malattia, stia correndo il grave rischio di trasformarsi in qualcosa che non ha più l’affidabilità, l’autorevolezza e la credibilità che le derivano dall’avere come unico oggetto il benessere e la salute della persona.
Il processo di disumanizzazione del rapporto medico-paziente è responsabile di aver ridotto la complessità della persona umana intesa come individuo alla sua dimensione esclusivamente fisiopatologica e statistica, finendo per costituire la causa di molti casi di “malasanità”.
La burocratizzazione del rapporto medico-paziente ha reso entrambi, non più soggetti centrali di un sistema, non più protagonisti attivi di un percorso di cure e di assistenza, ma oggetti intercambiabili, in uno scenario che pone in secondo piano il diritto del paziente, privilegiando scelte economicistiche e di interesse e ciò ha portato alla degenerazione conosciuta col nome di “medicina difensiva”.
È per questo che intendiamo combattere la distinzione culturale e scientifica tra mente e corpo, riaffermando che la specificità dell’essere umano è contenuta proprio nella integrazione che la sua personalità opera tra corpo, mente e valori spirituali.
Il nostro obiettivo è quindi quello di suscitare intorno a questi temi il massimo di consensi possibile, di alimentarlo favorendo un esteso e approfondito dibattito che consenta il manifestarsi di ogni opinione.
Intendiamo infatti promuovere, sulla base di queste idee, un movimento cosciente che raggruppi tutti coloro che intendono opporsi alla mercificazione, umiliazione e alienazione della persona e che vogliono invece stimolare tutte le iniziative possibili per fondare un Sistema Sanitario più umano ed al tempo stesso più efficace, più giusto ed anche più economico e razionale.
Per queste ragioni intendiamo chiamare tutti i colleghi, gli uomini di cultura ed i cittadini interessati a discutere, condividere e promuovere con noi i seguenti punti:
Articolato
1. Il primo requisito umano delle cure sta nel diritto inalienabile e uguale per tutti a riceverle. Ognuno, senza nessuna distinzione, per sesso, età, razza, ceto sociale, religione, nazionalità, valori morali, culturali e politici, scelte comportamentali, ha diritto a ricevere tutte le cure di cui ha bisogno e lo Stato deve garantirne la disponibilità. Ciò si sostanzia con il principio generale del diritto all'integrità fisica e mentale ed alla sicurezza della persona, da cui deriva la necessità di ricevere l'assistenza sanitaria e le appropriate cure per ottenere il più alto livello di salute possibile e l’accesso ai servizi appropriati per la prevenzione delle malattie.
2. Gli Stati, in misura delle loro risorse finanziarie, devono impegnarsi ad assicurare tutte le cure sanitarie, di assistenza, di prevenzione e di riabilitazione, a cominciare da quelle necessarie per le patologie più gravi, garantendo precisi standard di qualità, provvedendo anche a costruire una rete di opportunità su base privata, sociale e volontaria, che possa garantire la continuità del trattamento fino all’effettiva copertura del bisogno.
3. La salute, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito, deve essere intesa non solo come “assenza di patologia”, ma anche come “presenza di benessere”, il cui raggiungimento, quindi, deve essere sempre perseguito e garantito. E' compito esclusivo del medico, e di nessun’altra autorità non medica, differenziare le condizioni normali della persona da quelle patologiche e predisporre i rimedi necessari.
4. Riteniamo che anche i portatori di quelle numerose condizioni che non appaiono chiaramente patologiche, ma che caratterizzano spesso malessere e disagio nell’età evolutiva ed involutiva, nell’infanzia e nella vecchiaia, o che caratterizzano i disturbi della personalità e del comportamento, debbano poter ricevere le eventuali cure o i trattamenti di cui hanno bisogno, per superare gli svantaggi esistenziali che esse possono determinare. Tali interventi pertanto, quando necessitano, devono essere resi fruibili dalla persona.
5. Il malato deve essere preso in cura, prima che per la patologia che lo affligge, per la sua dignità umana, per il suo stato di sofferenza soggettiva e oggettiva e per la sua disfunzionalità che gli impedisce di essere normalmente attivo. Obiettivo della cura è l’essere umano nel suo ambiente e non solo la sua malattia.
6. Ogni individuo deve poter scegliere liberamente tra i diversi trattamenti sanitari, ricevendo adeguate informazioni, mentre nessun individuo può essere obbligato a curarsi contro la sua volontà. Anche in quei casi di trattamento sanitario obbligatorio espressamente previsti dalla legge, l’interesse primario, la dignità e la volontà della persona devono essere comunque tutelati e garantiti dagli organi competenti e di garanzia prima di ogni altra considerazione.
7. Nella disponibilità delle strutture, la durata di un ricovero ospedaliero e il tipo di terapia da eseguire devono essere stabiliti caso per caso, solo in considerazione delle valutazioni e proposte dei medici, del consenso informato del paziente e del decorso clinico della malattia, valutato individualmente.
8. L’applicazione dei Protocolli più accurati non esonera i medici dal dovere responsabile di agire secondo scienza e coscienza. Il medico, nel predisporre le sue terapie, non deve tenere conto d’altro se non della loro compatibilità con le condizioni cliniche del paziente e con l’insieme delle contingenze oggettive e soggettive del momento.
9. Il consenso informato non può essere ridotto ad una firma su un elenco notarile di rischi, ma deve essere raggiunto attraverso il dialogo tra medico e paziente, fino al raggiungimento di un comune sentire. Esso deve consentire al paziente di comprendere le opzioni terapeutiche proposte dal medico e di esprimere il suo giudizio, ma anche di delegare al medico stesso quelle scelte immediate da compiersi nel suo interesse. Il consenso è un diritto, non formale ma sostanziale, che prevede comunicazione e dialogo nel tempo tra medico e paziente e soprattutto la fiducia e la convinzione che il medico opererà solo nell’interesse del paziente.
10. Il consenso informato anche di quei malati di mente, non sottoposti a limitazioni giudiziarie della loro capacità d’agire, che rifiutano negativisticamente, per effetto della propria malattia, di aver bisogno di cure, e quindi di sottoporsi ad esse, deve comunque essere raggiunto appena il paziente avrà recuperato la sua capacità di intendere e di volere.
sabato 17 settembre 2011
Nuovo anno accademico
Informo tutti gli studenti che ogni lunedì 15.30 - 18 sono disponibile ad un colloquio presso la Facoltà - stanza De Nardis.
lunedì 15 agosto 2011
BUON FERRAGOSTO!!
Un pensiero per Ferragosto...per la Festa di Maria..l'Assunta in Cielo!
- Contano i pensieri?
- Assolutamente si!! Sono i concetti che costruiscono la realtà.
-Cos'è un pensiero?
- Un pensiero è un momento congelato di un flusso di coscienza... il cervello lo processa e lo inserisce in una confezione chiamata neurone....in seguito vengono fatte delle aggiunte per mezzo della memoria associativa.
Un pensiero è la struttura in cui la realtà viene modellata. E' la vera e propria Architettura della Realtà!
...Quando crei la tua giornata, la componi nel pensiero, e mentre osservi il pensiero, lui diviene la forma stessa della realtà!!! Dunque buon pensiero...buona giornata!!!
- Contano i pensieri?
- Assolutamente si!! Sono i concetti che costruiscono la realtà.
-Cos'è un pensiero?
- Un pensiero è un momento congelato di un flusso di coscienza... il cervello lo processa e lo inserisce in una confezione chiamata neurone....in seguito vengono fatte delle aggiunte per mezzo della memoria associativa.
Un pensiero è la struttura in cui la realtà viene modellata. E' la vera e propria Architettura della Realtà!
...Quando crei la tua giornata, la componi nel pensiero, e mentre osservi il pensiero, lui diviene la forma stessa della realtà!!! Dunque buon pensiero...buona giornata!!!
giovedì 11 agosto 2011
COGLIAMO L' OPPORTUNITA' PER DIRLO !!
Cogliamo l'Opportunità per dirlo
Ma è proprio questo il Mondo che desideriamo ? Cogliamo l'opportunità di questa Crisi Mondiale per cambiare.
Sono, come la maggior parte degli esseri umani in questo periodo, appesa ai vari telegiornali, vari quotidiani, per avere notizie fresche sulla crisi economica che sta colpendo il nostro pianeta.
" Sotto scacco della speculazione finanziaria, Panico sul mercato" non cito altri titoli di giornale, è inutile, il tema di questi giorni è questo.
La domanda che mi faccio è la seguente - ma chi sono gli speculatori? - sotto scacco di chi siamo? - Non abbiamo una risposta al quesito, si fanno varie ipotesi, non ultima quella che vede dietro questi assalti un burattinaio islamico o semplicemente una radice emotiva degli investitori. Nessuno è in grado di porre rimedio alla situazione, c'è la sensazione netta che i potenti del mondo annaspino nel cercare le soluzioni, sembra qualcosa che sfugge alla comprensione, si parla di emotività degli investitori, volatilità del mercato, ci si riempie la bocca di termini scientifici e matematici, ma alla fine nessuno ha in tasca una soluzione ed il panico cresce.
Nell'incertezza spuntano nemici e paure le più radicate interiormente, fantasmi evocati dall'incertezza e precarietà.
Nella storia della filosofia del mondo occidentale ci si è sempre divisi nel dare la priorità o alla politica o all'economia. Sono tra quelli che ardentemente credono nella priorità della Politica, che riconoscono alla Politica il ruolo del governo dei popoli, della organizzazione e dello sviluppo. Il ruolo dell'Economia è sinergico a quello della Politica, ma non prioritario. Oggi ci troviamo con i termini invertiti, il denaro, il risultato del lavoro dell'uomo, ha preso il posto dell'uomo. Uno strumento creato da noi ci detta le regole per vivere o a questo punto per soccombere.
Una cosa è certa, è morto un mito.
Siamo tutti invitati al Funerale di un' Idea che ha governato dall'800 ai nostri giorni , dalla nascita del capitalismo ad oggi, figlia a sua volta del secolo ancora precedente ,del 700 e della sua idea del progresso.
Il funerale oggi lo facciamo all'idea politico economica dell'Infallibilità del mercato, dell'autoregolamentazione dello stesso.Termina qui, in termini concreti, realistici, anche se da moltissimo tempo teorizzata, una fase storica del Capitalismo. Non ho la palla di vetro per teorizzare la fine del Capitalismo, ma sicuramente per teorizzarne la fine di questa fase storica.
Ed ora? Difronte all' allarmismo imperante della paura della fine del mondo occidentale e alla consapevolezza che comunque un tempo è finito, che altri protagonisti ascendono alla ribalta del potere mondiale, leggi - il paese del dragone la Cina - di fronte ad anatemi e raffronti con le truppe barbariche vittoriose sull'impero romano e l'inizio del nuovo medioevo, forse una strada si può ancora percorrere.
Una strada che si delinea dalla vecchia ma che procede verso mete diverse. Uso ancora i termini dei telegiornali " Ossigeno ai mercati, le banche offrono ossigeno". Possiamo immettere un ossigeno che non sia solo dato dalle Banche e che non sia soltanto monetario. Il vero ossigeno della cultura occidentale, non è mai stato solo questo, ma è stato culturale, etico, filosofico, politico.
Una cultura, ma anche un singolo essere umano è vivo se sa cambiare. Se ha in sè la forza di riconoscere un futuro diverso per sè e comprende che il passsato è terminato ed il presente è interdetto. Nuove prospettive, nuove idee, nuove credenze, evoluzione. Questo è futuro.
Cogliamo questa opportunità di serrate comunicazioni tra Stati, tra i potenti del mondo, questo obbligato momento di priorità della Politica per ridiscutere il Futuro. Affrontiamo il Presente con consapevolezza nuova , mai, finora siamo stati , noi esseri umani, tutti, tanto simili, tanto legati a destini comuni, tanto globali, Comprendiamone il senso storico, e teorizziamo il nuovo. Cogliamo questa opportunità.
Pubblico nuovamente un post del 1.5.2011 . Propongo la rilettura. Grazie!
PROGETTO PER IL FUTURO.
Il mondo è ad un bivio difficile, tutti i popoli si stanno rendendo conto delle enormi difficoltà che vivono e tanti leader ed intellettuali si stanno ponendo una domanda sul possibile futuro, sul possibile sviluppo, sul possibile progetto per il domani. All’ avvio di questa nuova era , il terzo millennio, ci siamo resi conto con paura che tutto il mondo fino ad ora conosciuto stava per noi occidentali cambiando. Le premesse del nuovo assetto del governo mondiale con la caduta del muro di Berlino, col dissolversi, come in un gioco di castello di carte, della grande Russia, con tutto quello che rappresentava, la divisione del mondo in due parti, l’ideologia socialista e comunista, il pensiero economico centralistico e statalistico era all’improvviso scomparso, nebulizzato come in un sogno o come in un incubo per altri.
Sono comparse forti tendenze distruttive, il terrorismo islamico ha inferto all’altra parte del mondo restante un duro colpo. Dichiarando guerra all’America nel settembre del 2001, ha evidenziato la estrema debolezza e vulnerabilità anche del sistema capitalistico occidentale. La globalizzazione,nata all’indomani della fine del blocco, ha unificato il mondo economico e la possibilità di creare e spostare denaro e lavoro ovunque. Con i nuovi mezzi informatici, internet, il denaro si sposta alla velocità del presente, le comunicazioni fanno sì che tutto è interconnesso. Le recenti crisi economiche frutto della frenesia incontrollata del gioco finanziario, tratta la finanza come fosse “non reale”, come se dietro quelle operazioni non ci fossero risultati concreti, prezzi da pagare per altri esseri umani. La finanza Americana ha quasi messo in ginocchio come al gioco del domino, una dopo l’altra le economie di tutti gli altri paesi. Per la prima volta ci si è resi conto che il problema è di tutti, non può più risolversi all’interno di una famiglia, di un paese, non è solo dell’occidente, ma investe l’oriente e gli altri continenti. Il denaro , gli affari, il nuovi idoli, nolenti o volenti ci hanno insegnato che non siamo separati, che il destino e la nostra sopravvivenza è legato gli uni agli altri. Siamo tutti dentro un sistema in cui se si modifica qualcosa, anche la più piccola, da un’altra parte se ne risente. Si è capito che buttando giù le barriere,” il vaso di Pandora si era rotto”,lo ha detto Giulio Tremonti. E’ vero! Gli equilibri si sono sbriciolati e bisogna trovarne dei nuovi .
Le risolse alimentari che prima erano suddivise all’interno di una parte del mondo, ora con la globalizzazione devono soddisfare l’intero pianeta. Alcuni paesi a grande densità di popolazione come la Cina e l’India che prima avevano economie chiuse e autoreferenti sono entrate nella suddivisione delle risorse alimentari. I prezzi sono saliti risultato della salita della domanda di cibo. Ora alcune economie nuove stanno marciando verso il progresso, altre sono quasi ferme e altre ancora non riescono a decollare e il continente africano fra tutti sta pagando il prezzo più alto: la fame. Tutti questi problemi stanno provocando nuovi conflitti, contraddizioni laceranti nel tessuto nei vari popoli e nazioni con relativi focolai di rivolta e guerra a cui si associano grandi spostamenti migratori di popoli alla ricerca di cibo e lavoro.
Abbiamo la responsabilità di agire per trovare nuove vie da percorrere. Dalla nostra abbiamo l’esperienza del passato e il desiderio di futuro. La consapevolezza che siamo tutti nello stesso sistema, che se il sistema non ritrova il suo equilibrio tutti indistintamente ne avremo a soffrire. Non siamo separati dagli Americani, dagli Europei, dagli Orientali, dai Sud Americani, dagli Africani.
Siamo filosoficamente alla fine del pensiero dualistico che finora si è nutrito di contrapposizioni Nord-Sud, Est-Ovest, Occidente-Oriente, destra-sinistra,comunismo-fascismo.
Dal passato bisogna cogliere il messaggio. Chiedersi, ad esempio, il perché del tracollo del mondo socialista, la fine di quel sogno tanto ambito trasformato per tanti esseri umani in un incubo. Un mondo dove doveva essere tutto per tutti, tutto in comune. Economia di stato, piani quinquennali di realizzazione. Probabilmente si è trattato di una organizzazione umana troppo integralista, dove all’uomo si era sostituito il controllo sull’uomo. Anche se a fini teorici ipoteticamente giusti, niente può essere messo al primo posto se non l’uomo stesso. Quando una qual si voglia organizzazione diviene autoreferente tenta di dettare leggi proprie. L’uomo dei paesi socialisti era un uomo chinato, obbediente, un uomo privo di desiderio. Se all’uomo si toglie il desiderio, l’autonomia, l’arbitrio di se stesso, gli si toglie praticamente tutto quello che lo fa uomo e lo si rende schiavo.
Il desiderio è la fonte ,il pozzo dove l’uomo attinge le energie per sollevarsi e camminare. Un uomo desiderante con libero arbitrio è quindi il primo requisito per un futuro.
Dall’altra parte del mondo quello capitalistico, la realtà che si apre ai nostri occhi offre una lettura diversa. Qui troviamo una organizzazione politico economica senza ideali. Individualismo e denaro, espansione, idea di progresso illimitato a scapito degli altri. Tutti contro tutti per acquisire beni spesso inutili in vite spese spesso inutilmente. Individualismo sfrenato.
Questo è il panorama del primo decennio del Terzo Millennio.
. Si propone un nuovo Progetto Globale. Si chiede che i rappresentanti dei Popoli del Pianeta si siedano in assise attorno ad un tavolo per una soluzione migliore.
.Si propone che il tavolo raccolga la Politica e l’Economia, privilegiando però la politica.
.Si propone una diversa organizzazione del mondo,la nascita di un nuovo Liberalismo Umanitario. ll presupposto è sapere di essere un’assise di uguali, alla base di questo c’è la determinazione del rispetto della vita umana e della sopravvivenza della nostra specie.
.Si propone una sorta di Welfare globale. Ci si impegna ad assicurare l’utilizzo delle risorse per la sopravvivenza alimentare, siano esso grano , cereali, acqua, energia . . .
Altro diritto assicurato dal Welfare globale è il diritto all’alfabetizzazione, all’istruzione. L’uomo ha bisogno i cibo per il corpo per crescere e cibo per la mente per evolvere. Su questi beni primari non si può lucrare. Sono beni necessari alla nostra evoluzione, allo sviluppo dei Popoli che sono in difficoltà.
Tutte le altre merci sono in modalità di libero mercato, in piena espansione e desiderio.
Questi dovrebbero essere dichiarati con una frase tanto di moda oggi “ Valori non negoziabili “
I dettagli saranno elaborati dai tanti economisti e imprenditori, politici, organizzazioni politiche e sindacali che si possono trovare d’accordo con questi pochi ma essenziali principi. Alcuni strumenti operativi già esistono e sono efficaci.
Penso già al fiume di aiuti organizzati e spontanei basati sulla buona volontà dei tanti, organizzazioni mondiali e dei singoli, che cercano già di intervenire in aiuto di questa difficile situazione mondiale. Forse sarebbe necessaria una maggiore direzione organizzativa di razionalizzazione delle risorse per individuare con precisione le aree di intervento e il tipo di bisogno per non far perdere in rivoli che si seccano presto i vari aiuti e interventi. Abbiamo visto che portare cibo e non creare le condizioni di produzione e fare pura assistenza non è stato produttivo e non ha modificato la situazione strutturale dei vari popoli e paesi. E’ necessario portare lì condizioni di lavoro e di crescita. In Europa e nel nostro Paese sono già state messe a punto legislazioni relative all’utilizzo, per esempio, di imprese sociali. Uno strumento che prende a prestito l’ idea dell’impresa capitalistica e la mette al servizio di scopi diversi. Una impresa privata con denaro privato che crea lavoro , crea reddito da lavoro e ridistribuisce l’utile per la espansione dell’impresa stessa e del lavoro che implementa. Si può in questo modo produrre cibo direttamente o indirettamente creando utile per acquisto delle materie necessarie alla sopravvivenza alimentare.
Sembra una impresa enorme, ma nulla è difficile se ci crediamo. L’uomo è riuscito a trasformare il globo, sarà sicuramente capace di correggere qualche squilibrio creato. Non è più del resto una scelta ma diviene una necessità. Stiamo entrando in una epoca in cui siamo chiamati ad un salto di maturazione e responsabilizzazione che ci renderà sicuramente migliori. Riprendiamo a desiderare.
domenica 1 maggio 2011
PROGETTO PER IL FUTURO
PROGETTO PER IL FUTURO.
Il mondo è ad un bivio difficile, tutti i popoli si stanno rendendo conto delle enormi difficoltà che vivono e tanti leader ed intellettuali si stanno ponendo una domanda sul possibile futuro, sul possibile sviluppo, sul possibile progetto per il domani. All’ avvio di questa nuova era , il terzo millennio, ci siamo resi conto con paura che tutto il mondo fino ad ora conosciuto stava per noi occidentali cambiando. Le premesse del nuovo assetto del governo mondiale con la caduta del muro di Berlino, col dissolversi, come in un gioco di castello di carte, della grande Russia, con tutto quello che rappresentava, la divisione del mondo in due parti, l’ideologia socialista e comunista, il pensiero economico centralistico e statalistico era all’improvviso scomparso, nebulizzato come in un sogno o come in un incubo per altri.
Sono comparse forti tendenze distruttive, il terrorismo islamico ha inferto all’altra parte del mondo restante un duro colpo. Dichiarando guerra all’America nel settembre del 2001, ha evidenziato la estrema debolezza e vulnerabilità anche del sistema capitalistico occidentale. La globalizzazione,nata all’indomani della fine del blocco, ha unificato il mondo economico e la possibilità di creare e spostare denaro e lavoro ovunque. Con i nuovi mezzi informatici, internet, il denaro si sposta alla velocità del presente, le comunicazioni fanno sì che tutto è interconnesso. Le recenti crisi economiche frutto della frenesia incontrollata del gioco finanziario, tratta la finanza come fosse “non reale”, come se dietro quelle operazioni non ci fossero risultati concreti, prezzi da pagare per altri esseri umani. La finanza Americana ha quasi messo in ginocchio come al gioco del domino, una dopo l’altra le economie di tutti gli altri paesi. Per la prima volta ci si è resi conto che il problema è di tutti, non può più risolversi all’interno di una famiglia, di un paese, non è solo dell’occidente, ma investe l’oriente e gli altri continenti. Il denaro , gli affari, il nuovi idoli, nolenti o volenti ci hanno insegnato che non siamo separati, che il destino e la nostra sopravvivenza è legato gli uni agli altri. Siamo tutti dentro un sistema in cui se si modifica qualcosa, anche la più piccola, da un’altra parte se ne risente. Si è capito che buttando giù le barriere,” il vaso di Pandora si era rotto”,lo ha detto Giulio Tremonti. E’ vero! Gli equilibri si sono sbriciolati e bisogna trovarne dei nuovi .
Le risolse alimentari che prima erano suddivise all’interno di una parte del mondo, ora con la globalizzazione devono soddisfare l’intero pianeta. Alcuni paesi a grande densità di popolazione come la Cina e l’India che prima avevano economie chiuse e autoreferenti sono entrate nella suddivisione delle risorse alimentari. I prezzi sono saliti risultato della salita della domanda di cibo. Ora alcune economie nuove stanno marciando verso il progresso, altre sono quasi ferme e altre ancora non riescono a decollare e il continente africano fra tutti sta pagando il prezzo più alto: la fame. Tutti questi problemi stanno provocando nuovi conflitti, contraddizioni laceranti nel tessuto nei vari popoli e nazioni con relativi focolai di rivolta e guerra a cui si associano grandi spostamenti migratori di popoli alla ricerca di cibo e lavoro.
Abbiamo la responsabilità di agire per trovare nuove vie da percorrere. Dalla nostra abbiamo l’esperienza del passato e il desiderio di futuro. La consapevolezza che siamo tutti nello stesso sistema, che se il sistema non ritrova il suo equilibrio tutti indistintamente ne avremo a soffrire. Non siamo separati dagli Americani, dagli Europei, dagli Orientali, dai Sud Americani, dagli Africani.
Siamo filosoficamente alla fine del pensiero dualistico che finora si è nutrito di contrapposizioni Nord-Sud, Est-Ovest, Occidente-Oriente, destra-sinistra,comunismo-fascismo.
Dal passato bisogna cogliere il messaggio. Chiedersi, ad esempio, il perché del tracollo del mondo socialista, la fine di quel sogno tanto ambito trasformato per tanti esseri umani in un incubo. Un mondo dove doveva essere tutto per tutti, tutto in comune. Economia di stato, piani quinquennali di realizzazione. Probabilmente si è trattato di una organizzazione umana troppo integralista, dove all’uomo si era sostituito il controllo sull’uomo. Anche se a fini teorici ipoteticamente giusti, niente può essere messo al primo posto se non l’uomo stesso. Quando una qual si voglia organizzazione diviene autoreferente tenta di dettare leggi proprie. L’uomo dei paesi socialisti era un uomo chinato, obbediente, un uomo privo di desiderio. Se all’uomo si toglie il desiderio, l’autonomia, l’arbitrio di se stesso, gli si toglie praticamente tutto quello che lo fa uomo e lo si rende schiavo.
Il desiderio è la fonte ,il pozzo dove l’uomo attinge le energie per sollevarsi e camminare. Un uomo desiderante con libero arbitrio è quindi il primo requisito per un futuro.
Dall’altra parte del mondo quello capitalistico, la realtà che si apre ai nostri occhi offre una lettura diversa. Qui troviamo una organizzazione politico economica senza ideali. Individualismo e denaro, espansione, idea di progresso illimitato a scapito degli altri. Tutti contro tutti per acquisire beni spesso inutili in vite spese spesso inutilmente. Individualismo sfrenato.
Questo è il panorama del primo decennio del Terzo Millennio.
. Si propone un nuovo Progetto Globale. Si chiede che i rappresentanti dei Popoli del Pianeta si siedano in assise attorno ad un tavolo per una soluzione migliore.
. Si propone che il tavolo raccolga la Politica e l’Economia, privilegiando però la politica.
. Si propone una diversa organizzazione del mondo,la nascita di un nuovo Liberalismo Umanitario. ll presupposto è sapere di essere un’assise di uguali, alla base di questo c’è la determinazione del rispetto della vita umana e della sopravvivenza della nostra specie.
. Si propone una sorta di Welfare globale. Ci si impegna ad assicurare l’utilizzo delle risorse per la sopravvivenza alimentare, siano esso grano , cereali, acqua, energia . . .
.Altro diritto assicurato dal Welfare globale è il diritto all’alfabetizzazione, all’istruzione. L’uomo ha bisogno i cibo per il corpo per crescere e cibo per la mente per evolvere. Su questi beni primari non si può lucrare. Sono beni necessari alla nostra evoluzione, allo sviluppo dei Popoli che sono in difficoltà.
Tutte le altre merci sono in modalità di libero mercato, in piena espansione e desiderio.
Questi dovrebbero essere dichiarati con una frase tanto di moda oggi “ Valori non negoziabili “
I dettagli saranno elaborati dai tanti economisti e imprenditori, politici, organizzazioni politiche e sindacali che si possono trovare d’accordo con questi pochi ma essenziali principi. Alcuni strumenti operativi già esistono e sono efficaci.
Penso già al fiume di aiuti organizzati e spontanei basati sulla buona volontà dei tanti, organizzazioni mondiali e dei singoli, che cercano già di intervenire in aiuto di questa difficile situazione mondiale. Forse sarebbe necessaria una maggiore direzione organizzativa di razionalizzazione delle risorse per individuare con precisione le aree di intervento e il tipo di bisogno per non far perdere in rivoli che si seccano presto i vari aiuti e interventi. Abbiamo visto che portare cibo e non creare le condizioni di produzione e fare pura assistenza non è stato produttivo e non ha modificato la situazione strutturale dei vari popoli e paesi. E’ necessario portare lì condizioni di lavoro e di crescita. In Europa e nel nostro Paese sono già state messe a punto legislazioni relative all’utilizzo, per esempio, di imprese sociali. Uno strumento che prende a prestito l’ idea dell’impresa capitalistica e la mette al servizio di scopi diversi. Una impresa privata con denaro privato che crea lavoro , crea reddito da lavoro e ridistribuisce l’utile per la espansione dell’impresa stessa e del lavoro che implementa. Si può in questo modo produrre cibo direttamente o indirettamente creando utile per acquisto delle materie necessarie alla sopravvivenza alimentare.
Sembra una impresa enorme, ma nulla è difficile se ci crediamo. L’uomo è riuscito a trasformare il globo, sarà sicuramente capace di correggere qualche squilibrio creato. Non è più del resto una scelta ma diviene una necessità. Stiamo entrando in una epoca in cui siamo chiamati ad un salto di maturazione e responsabilizzazione che ci renderà sicuramente migliori. Riprendiamo a desiderare.
Il mondo è ad un bivio difficile, tutti i popoli si stanno rendendo conto delle enormi difficoltà che vivono e tanti leader ed intellettuali si stanno ponendo una domanda sul possibile futuro, sul possibile sviluppo, sul possibile progetto per il domani. All’ avvio di questa nuova era , il terzo millennio, ci siamo resi conto con paura che tutto il mondo fino ad ora conosciuto stava per noi occidentali cambiando. Le premesse del nuovo assetto del governo mondiale con la caduta del muro di Berlino, col dissolversi, come in un gioco di castello di carte, della grande Russia, con tutto quello che rappresentava, la divisione del mondo in due parti, l’ideologia socialista e comunista, il pensiero economico centralistico e statalistico era all’improvviso scomparso, nebulizzato come in un sogno o come in un incubo per altri.
Sono comparse forti tendenze distruttive, il terrorismo islamico ha inferto all’altra parte del mondo restante un duro colpo. Dichiarando guerra all’America nel settembre del 2001, ha evidenziato la estrema debolezza e vulnerabilità anche del sistema capitalistico occidentale. La globalizzazione,nata all’indomani della fine del blocco, ha unificato il mondo economico e la possibilità di creare e spostare denaro e lavoro ovunque. Con i nuovi mezzi informatici, internet, il denaro si sposta alla velocità del presente, le comunicazioni fanno sì che tutto è interconnesso. Le recenti crisi economiche frutto della frenesia incontrollata del gioco finanziario, tratta la finanza come fosse “non reale”, come se dietro quelle operazioni non ci fossero risultati concreti, prezzi da pagare per altri esseri umani. La finanza Americana ha quasi messo in ginocchio come al gioco del domino, una dopo l’altra le economie di tutti gli altri paesi. Per la prima volta ci si è resi conto che il problema è di tutti, non può più risolversi all’interno di una famiglia, di un paese, non è solo dell’occidente, ma investe l’oriente e gli altri continenti. Il denaro , gli affari, il nuovi idoli, nolenti o volenti ci hanno insegnato che non siamo separati, che il destino e la nostra sopravvivenza è legato gli uni agli altri. Siamo tutti dentro un sistema in cui se si modifica qualcosa, anche la più piccola, da un’altra parte se ne risente. Si è capito che buttando giù le barriere,” il vaso di Pandora si era rotto”,lo ha detto Giulio Tremonti. E’ vero! Gli equilibri si sono sbriciolati e bisogna trovarne dei nuovi .
Le risolse alimentari che prima erano suddivise all’interno di una parte del mondo, ora con la globalizzazione devono soddisfare l’intero pianeta. Alcuni paesi a grande densità di popolazione come la Cina e l’India che prima avevano economie chiuse e autoreferenti sono entrate nella suddivisione delle risorse alimentari. I prezzi sono saliti risultato della salita della domanda di cibo. Ora alcune economie nuove stanno marciando verso il progresso, altre sono quasi ferme e altre ancora non riescono a decollare e il continente africano fra tutti sta pagando il prezzo più alto: la fame. Tutti questi problemi stanno provocando nuovi conflitti, contraddizioni laceranti nel tessuto nei vari popoli e nazioni con relativi focolai di rivolta e guerra a cui si associano grandi spostamenti migratori di popoli alla ricerca di cibo e lavoro.
Abbiamo la responsabilità di agire per trovare nuove vie da percorrere. Dalla nostra abbiamo l’esperienza del passato e il desiderio di futuro. La consapevolezza che siamo tutti nello stesso sistema, che se il sistema non ritrova il suo equilibrio tutti indistintamente ne avremo a soffrire. Non siamo separati dagli Americani, dagli Europei, dagli Orientali, dai Sud Americani, dagli Africani.
Siamo filosoficamente alla fine del pensiero dualistico che finora si è nutrito di contrapposizioni Nord-Sud, Est-Ovest, Occidente-Oriente, destra-sinistra,comunismo-fascismo.
Dal passato bisogna cogliere il messaggio. Chiedersi, ad esempio, il perché del tracollo del mondo socialista, la fine di quel sogno tanto ambito trasformato per tanti esseri umani in un incubo. Un mondo dove doveva essere tutto per tutti, tutto in comune. Economia di stato, piani quinquennali di realizzazione. Probabilmente si è trattato di una organizzazione umana troppo integralista, dove all’uomo si era sostituito il controllo sull’uomo. Anche se a fini teorici ipoteticamente giusti, niente può essere messo al primo posto se non l’uomo stesso. Quando una qual si voglia organizzazione diviene autoreferente tenta di dettare leggi proprie. L’uomo dei paesi socialisti era un uomo chinato, obbediente, un uomo privo di desiderio. Se all’uomo si toglie il desiderio, l’autonomia, l’arbitrio di se stesso, gli si toglie praticamente tutto quello che lo fa uomo e lo si rende schiavo.
Il desiderio è la fonte ,il pozzo dove l’uomo attinge le energie per sollevarsi e camminare. Un uomo desiderante con libero arbitrio è quindi il primo requisito per un futuro.
Dall’altra parte del mondo quello capitalistico, la realtà che si apre ai nostri occhi offre una lettura diversa. Qui troviamo una organizzazione politico economica senza ideali. Individualismo e denaro, espansione, idea di progresso illimitato a scapito degli altri. Tutti contro tutti per acquisire beni spesso inutili in vite spese spesso inutilmente. Individualismo sfrenato.
Questo è il panorama del primo decennio del Terzo Millennio.
. Si propone un nuovo Progetto Globale. Si chiede che i rappresentanti dei Popoli del Pianeta si siedano in assise attorno ad un tavolo per una soluzione migliore.
. Si propone che il tavolo raccolga la Politica e l’Economia, privilegiando però la politica.
. Si propone una diversa organizzazione del mondo,la nascita di un nuovo Liberalismo Umanitario. ll presupposto è sapere di essere un’assise di uguali, alla base di questo c’è la determinazione del rispetto della vita umana e della sopravvivenza della nostra specie.
. Si propone una sorta di Welfare globale. Ci si impegna ad assicurare l’utilizzo delle risorse per la sopravvivenza alimentare, siano esso grano , cereali, acqua, energia . . .
.Altro diritto assicurato dal Welfare globale è il diritto all’alfabetizzazione, all’istruzione. L’uomo ha bisogno i cibo per il corpo per crescere e cibo per la mente per evolvere. Su questi beni primari non si può lucrare. Sono beni necessari alla nostra evoluzione, allo sviluppo dei Popoli che sono in difficoltà.
Tutte le altre merci sono in modalità di libero mercato, in piena espansione e desiderio.
Questi dovrebbero essere dichiarati con una frase tanto di moda oggi “ Valori non negoziabili “
I dettagli saranno elaborati dai tanti economisti e imprenditori, politici, organizzazioni politiche e sindacali che si possono trovare d’accordo con questi pochi ma essenziali principi. Alcuni strumenti operativi già esistono e sono efficaci.
Penso già al fiume di aiuti organizzati e spontanei basati sulla buona volontà dei tanti, organizzazioni mondiali e dei singoli, che cercano già di intervenire in aiuto di questa difficile situazione mondiale. Forse sarebbe necessaria una maggiore direzione organizzativa di razionalizzazione delle risorse per individuare con precisione le aree di intervento e il tipo di bisogno per non far perdere in rivoli che si seccano presto i vari aiuti e interventi. Abbiamo visto che portare cibo e non creare le condizioni di produzione e fare pura assistenza non è stato produttivo e non ha modificato la situazione strutturale dei vari popoli e paesi. E’ necessario portare lì condizioni di lavoro e di crescita. In Europa e nel nostro Paese sono già state messe a punto legislazioni relative all’utilizzo, per esempio, di imprese sociali. Uno strumento che prende a prestito l’ idea dell’impresa capitalistica e la mette al servizio di scopi diversi. Una impresa privata con denaro privato che crea lavoro , crea reddito da lavoro e ridistribuisce l’utile per la espansione dell’impresa stessa e del lavoro che implementa. Si può in questo modo produrre cibo direttamente o indirettamente creando utile per acquisto delle materie necessarie alla sopravvivenza alimentare.
Sembra una impresa enorme, ma nulla è difficile se ci crediamo. L’uomo è riuscito a trasformare il globo, sarà sicuramente capace di correggere qualche squilibrio creato. Non è più del resto una scelta ma diviene una necessità. Stiamo entrando in una epoca in cui siamo chiamati ad un salto di maturazione e responsabilizzazione che ci renderà sicuramente migliori. Riprendiamo a desiderare.
mercoledì 27 aprile 2011
Iniziative per il nuovo corso di laurea
Gentile studente,
Gentile studentessa,
Ti segnalo un'importante iniziativa rivolta a tutti coloro che sono interessati ad iscriversi ad uno dei nostri corsi di laurea per l'anno prossimo.
Mercoledì 4 Maggio 2011, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 presso l'Aula Magna della Facoltà di Sociologia, Via Salaria 113 sarà presentata l'offerta formativa della nostro Facoltà per l'anno accademico 2011-2012.
L'incontro prevede la presentazione degli obiettivi formativi, dei piani didattici e degli sbocchi professionali previsti dalle 2 lauree triennali in SOCIOLOGIA e in SCIENZE E TECNICHE DEL SERVIZIO SOCIALE e dalle 3 lauree magistrali in SCIENZE SOCIALI APPLICATE, POLITICHE E SERVIZI SOCIALI, ANALISI E PROGETTAZIONE TERRITORIALE. Ti invito a segnalare l'iniziativa ad amici, conoscenti, colleghi e a chiunque tu ritenga interessato ad avere informazioni su i nostri corsi di laurea.
Ti ringrazio per la visibilità che saprai dare all'iniziativa.
Il responsabile dell'orientamento
Prof. Luca Salmieri
Facoltà di Sociologia
Università di Roma, La Sapienza
Gentile studentessa,
Ti segnalo un'importante iniziativa rivolta a tutti coloro che sono interessati ad iscriversi ad uno dei nostri corsi di laurea per l'anno prossimo.
Mercoledì 4 Maggio 2011, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 presso l'Aula Magna della Facoltà di Sociologia, Via Salaria 113 sarà presentata l'offerta formativa della nostro Facoltà per l'anno accademico 2011-2012.
L'incontro prevede la presentazione degli obiettivi formativi, dei piani didattici e degli sbocchi professionali previsti dalle 2 lauree triennali in SOCIOLOGIA e in SCIENZE E TECNICHE DEL SERVIZIO SOCIALE e dalle 3 lauree magistrali in SCIENZE SOCIALI APPLICATE, POLITICHE E SERVIZI SOCIALI, ANALISI E PROGETTAZIONE TERRITORIALE. Ti invito a segnalare l'iniziativa ad amici, conoscenti, colleghi e a chiunque tu ritenga interessato ad avere informazioni su i nostri corsi di laurea.
Ti ringrazio per la visibilità che saprai dare all'iniziativa.
Il responsabile dell'orientamento
Prof. Luca Salmieri
Facoltà di Sociologia
Università di Roma, La Sapienza
lunedì 14 febbraio 2011
Contro il neopuritanesimo ipocrita - [ Il Foglio.it › La giornata ]
Contro il neopuritanesimo ipocrita - [ Il Foglio.it › La giornata ]
Guardatevi la Manifestazione e parliamone.....
Guardatevi la Manifestazione e parliamone.....
sabato 12 febbraio 2011
Giù le mani dalle donne!
Giu’ le mani dalle Donne!!
Quello che in questi giorni sta accadendo costringe anche chi volentieri se ne starebbe lontano dall’agone politico come me, a parlare, a scrivere sulla penosa strumentalizzazione che sta avvenendo ancora una volta sulle nostre teste .
Donne, perchè non affermiamo –Rispetto per tutte noi-? Perché diamo il fianco a questo tentativo di dividerci, di separare questo nostro genere già tanto vilipeso, usato, frantumato e negato ?
Veniamo ai fatti. Come possiamo disconoscere una situazione attuale di reale difficoltà nei rapporti di genere? Come non sentirsi costernate davanti alla volgarità, all’uso mercificante dell’essere umano, all’assenza del rispetto per il sé e il mancato riconoscimento dell’altro. Certo ,questo è il segno dei tempi . Queste sono le risultanze di processi di trasformazione complessi, indicatori di difficoltà che il genere umano sta attraversando in tutto il mondo occidentale e forse in tutto il globo. Già, perché in forme diverse e secondo percorsi evolutivi - ognuno particolare- è fuor di dubbio che la globalizzazione sta mietendo favori e dolori in tutto il globo. Le famose trasmissioni televisive tanto citate sono format venduti in tutto il mondo,le immagini pubblicitarie , la cultura e l’informazione in questo villaggio globale è indifferenziata e chiudere le porte, non essere coinvolti è impossibile, non si riesce a gestire a controllare. Internet diventa fautore di scandali, di rivoluzioni , ma anche di informazione ,di cultura, di connessione, di non separazione. Un ‘istituto come quello della famiglia ridotto a numeri sempre più esigui, la positività progettuale del mettere al mondo figli ridotta allo zero statistico,paura di amare, i sentimenti sempre più confusi e repressi, sessualità e pornografia usate come panacea del divertimento, del dio piacere. Sospetto ed uso dell’altro al posto di accoglienza e solidarietà, illusioni materiali in nome del dio danaro che indicano povertà spirituale e vuoto emotivo. Tanti sono stati i segnali e gli appelli a cambiare. Ma cambiamento è anche questo e bisogna imparare ad usarlo. Possiamo continuare a lungo ad elencare difficoltà, tutto ciò ci riguarda come donne , come esseri umani , ma stiamo bene attenti, non ci caratterizza in quanto genere. Non siamo noi donne buone o cattive, morali o immorali, Marie o Maddalene, sante o streghe da bruciare! Non siamo stupide vittime dell’orco, l’orco se non c’è a volte lo cerchiamo per scelta.
Dopo battaglie, percorsi colmi di sofferenze e crescite, dopo avanzamenti e retrocessioni su tutti i fronti dal politico al privato, questa è la nostra storia , la storia delle donne. Avanziamo a fatica verso una crescita a volte contraddittoria. Non rinneghiamo le urla del passato 1970 quando rivendicavamo la proprietà del nostro corpo, la proprietà e la discrezione nell’uso dei nostri organi sessuali. Ora le nostre figlie e le nostre nipoti a propria discrezione , come da nostra rivendicazione ottenuto, usano come vogliono la loro discrezionalità. Uso giusto, sbagliato ? Abbiamo il diritto di giudicarle, proprio noi ? Direi di no, perché se lo facessimo saremo qui a dichiarare che sono giovani irresponsabili e quindi vanno tutelate, “coperte. “ Dovremmo negarne la libertà e saremmo ad un passo dai roghi dell’Inquisizione e , quello che più mi preoccupa, saremmo ad un passo dal burca ideologico. Quello che possiamo fare è non giudicare ma parlare, dialogare, insegnare in famiglia e a scuola i valori dell’amore per la propria persona, del proprio essere corpo e spirito, liberi di scegliere sempre come anche il cristianesimo insegna, proprio perché insegnando l’amore per se stessi si insegna l’amore per l’altro. “ Non fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te !” E se invece seguissimo il fascino culturale del mondo orientale con la sua millenaria spiritualità e saggezza incontrando un altro essere umano dovremmo congiungere le mani e inchinandoci salutarlo dicendo” Saluto la parte divina che è in te “! Questo dovremmo fare.
Lasciamo cantare dal cielo Fabrizio De Andrè ..che la sua dolce “ Bocca di rosa” invada queste piazze e care signore, donne italiane, lasciate le fila delle “comari del paese!” .
Le strumentalizzazioni politiche non potevano tessere tela più spregevole. Se volete un governo diverso e credete nella democrazia , fate in modo, se ci riuscite, di vincere le elezioni.
Nel frattempo Giù le mani dalle donne!! Abbiamo imparato a difenderci da sole!
Dr. Daniela de giorgi .
Quello che in questi giorni sta accadendo costringe anche chi volentieri se ne starebbe lontano dall’agone politico come me, a parlare, a scrivere sulla penosa strumentalizzazione che sta avvenendo ancora una volta sulle nostre teste .
Donne, perchè non affermiamo –Rispetto per tutte noi-? Perché diamo il fianco a questo tentativo di dividerci, di separare questo nostro genere già tanto vilipeso, usato, frantumato e negato ?
Veniamo ai fatti. Come possiamo disconoscere una situazione attuale di reale difficoltà nei rapporti di genere? Come non sentirsi costernate davanti alla volgarità, all’uso mercificante dell’essere umano, all’assenza del rispetto per il sé e il mancato riconoscimento dell’altro. Certo ,questo è il segno dei tempi . Queste sono le risultanze di processi di trasformazione complessi, indicatori di difficoltà che il genere umano sta attraversando in tutto il mondo occidentale e forse in tutto il globo. Già, perché in forme diverse e secondo percorsi evolutivi - ognuno particolare- è fuor di dubbio che la globalizzazione sta mietendo favori e dolori in tutto il globo. Le famose trasmissioni televisive tanto citate sono format venduti in tutto il mondo,le immagini pubblicitarie , la cultura e l’informazione in questo villaggio globale è indifferenziata e chiudere le porte, non essere coinvolti è impossibile, non si riesce a gestire a controllare. Internet diventa fautore di scandali, di rivoluzioni , ma anche di informazione ,di cultura, di connessione, di non separazione. Un ‘istituto come quello della famiglia ridotto a numeri sempre più esigui, la positività progettuale del mettere al mondo figli ridotta allo zero statistico,paura di amare, i sentimenti sempre più confusi e repressi, sessualità e pornografia usate come panacea del divertimento, del dio piacere. Sospetto ed uso dell’altro al posto di accoglienza e solidarietà, illusioni materiali in nome del dio danaro che indicano povertà spirituale e vuoto emotivo. Tanti sono stati i segnali e gli appelli a cambiare. Ma cambiamento è anche questo e bisogna imparare ad usarlo. Possiamo continuare a lungo ad elencare difficoltà, tutto ciò ci riguarda come donne , come esseri umani , ma stiamo bene attenti, non ci caratterizza in quanto genere. Non siamo noi donne buone o cattive, morali o immorali, Marie o Maddalene, sante o streghe da bruciare! Non siamo stupide vittime dell’orco, l’orco se non c’è a volte lo cerchiamo per scelta.
Dopo battaglie, percorsi colmi di sofferenze e crescite, dopo avanzamenti e retrocessioni su tutti i fronti dal politico al privato, questa è la nostra storia , la storia delle donne. Avanziamo a fatica verso una crescita a volte contraddittoria. Non rinneghiamo le urla del passato 1970 quando rivendicavamo la proprietà del nostro corpo, la proprietà e la discrezione nell’uso dei nostri organi sessuali. Ora le nostre figlie e le nostre nipoti a propria discrezione , come da nostra rivendicazione ottenuto, usano come vogliono la loro discrezionalità. Uso giusto, sbagliato ? Abbiamo il diritto di giudicarle, proprio noi ? Direi di no, perché se lo facessimo saremo qui a dichiarare che sono giovani irresponsabili e quindi vanno tutelate, “coperte. “ Dovremmo negarne la libertà e saremmo ad un passo dai roghi dell’Inquisizione e , quello che più mi preoccupa, saremmo ad un passo dal burca ideologico. Quello che possiamo fare è non giudicare ma parlare, dialogare, insegnare in famiglia e a scuola i valori dell’amore per la propria persona, del proprio essere corpo e spirito, liberi di scegliere sempre come anche il cristianesimo insegna, proprio perché insegnando l’amore per se stessi si insegna l’amore per l’altro. “ Non fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te !” E se invece seguissimo il fascino culturale del mondo orientale con la sua millenaria spiritualità e saggezza incontrando un altro essere umano dovremmo congiungere le mani e inchinandoci salutarlo dicendo” Saluto la parte divina che è in te “! Questo dovremmo fare.
Lasciamo cantare dal cielo Fabrizio De Andrè ..che la sua dolce “ Bocca di rosa” invada queste piazze e care signore, donne italiane, lasciate le fila delle “comari del paese!” .
Le strumentalizzazioni politiche non potevano tessere tela più spregevole. Se volete un governo diverso e credete nella democrazia , fate in modo, se ci riuscite, di vincere le elezioni.
Nel frattempo Giù le mani dalle donne!! Abbiamo imparato a difenderci da sole!
Dr. Daniela de giorgi .
martedì 8 febbraio 2011
Tesina di Carmela su Ambiente e Comunità Europea
Ambiente ed Unione Europea
Tutelare, preservare e migliorare il mondo intorno a noi
Nell'UE gli standard ambientali sono tra i più elevati del mondo e sono stai sviluppati nel corso dei decenni per far fronte a numerosi problemi. Le attuali priorità sono: combattere il cambiamento climatico, preservare la biodiversità, ridurre i problemi sanitari causati dall'inquinamento e attuare una gestione più responsabile delle risorse naturali. Oltre a tutelare l'ambiente, questi obiettivi aiutano la crescita economica promuovendo l'innovazione e l'imprenditorialità.
Cambiamenti climatici
Il cambiamento climatico è una delle minacce più gravi per l'umanità. L'UE sta lavorando ad un accordo globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra ed ha assunto ruolo di guida con l'adozione di piani ambiziosi. Con una decisione "storica" presa nel dicembre del 2008, i leader dell'UE hanno approvato un pacchetto globale di misure per l'abbattimento delle emissioni. L'obiettivo è ridurre di almeno il 20% i gas ad effetto serra entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990), portare la quota delle energie rinnovabili al 20% e diminuire il consumo generale di energia del 20% (rispetto alle proiezioni). Nel quadro della strategia di promozione delle fonti rinnovabili, è stato concordato che i mezzi di trasporto dorvanno essere alimentati per il 10% da biocarburanti, energia elettrica e idrogeno.
Scambio delle quote di emissione
Il sistema di scambio di quote di emissione, una pietra miliare della politica ambientale europea, premia le imprese che riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) e penalizza quelle che superano i limiti consentiti.
Introdotto nel 2005, il sistema riguarda circa 12.000 tra fabbriche e impianti responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 (la causa principale del riscaldamento globale) prodotte dall'UE.
In base al sistema, i governi nazionali fissano i limiti delle emissioni di CO2 prodotte dalle industrie ad alta intensità energetica, come le centrali elettriche e gli impianti siderurgici. Le imprese che intendono superare la quota consentita devono acquistare i diritti di emissione dalle aziende più efficienti.
In futuro il sistema sarà esteso anche ad altri settori, comprese le linee aeree e il comparto petrolchimico. I paesi UE potranno inoltre compensare le emissioni acquistando crediti da progetti di riduzione della CO2 nei paesi extra-UE.
Biodiversità
Sebbene l'UE si sia impegnata a fermare entro il 2010 l'estinzione delle specie in pericolo e la scomparsa degli habitat sul suo territorio, raggiungere tale obiettivo richiederà un grande sforzo. Le politiche e gli strumenti legislativi necessari sono già stati predisposti, ma occorre potenziarne l'applicazione su vasta scala. In particolare, l'UE intende ampliare Natura 2000, la rete di siti in cui la flora, la fauna e il loro habitat sono protetti. Natura 2000 conta già oltre 26.000 siti nell'UE.
Ambiente e salute
Inquinamento acustico, acque di balneazione, specie rare e interventi di emergenza: sono solo alcuni dei settori coperti dall'imponente corpus normativo sviluppato dall'UE nel corso dei decenni in campo ambientale. Quest'ultimo punta in primo luogo a stabilire delle norme sanitarie per le sostanze inquinanti e impone ai paesi membri di monitorare gran parte di queste sostanze e intervenire in caso di superamento delle soglie di sicurezza.
Nel 2008 l'UE ha ad esempio fissato limiti vincolanti per le emissioni di particolato, noto anche come PM2.5. Queste polveri sottili, prodotte dalle autovetture e dai camion, possono causare malattie respiratorie. La nuova normativa, che entrerà in vigore nel 2011, impone ai paesi UE di ridurre in media del 20% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2010) l'esposizione a tali polveri nelle aree urbane.
Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile figura da tempo tra gli obiettivi generali delle politiche dell'UE. Nel 2001 i leader europei hanno avviato la prima strategia di sviluppo sostenibile dell'UE, per poi aggiornarla nel 2006 alla luce delle carenze riscontrate e per far fronte ai nuovi problemi.
La nuova strategia, che è strettamente legata alla politica energetica e a quella sul cambiamento climatico, sottolinea l'importanza dell'istruzione, della ricerca e dei finanziamenti pubblici per lo sviluppo di modelli di produzione e di consumo sostenibili.
Nel frattempo è stato fatto tanto sul fronte delle politiche. Ora si tratta di metterle in pratica. Nel 2009 la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per promuovere i prodotti rispettosi dell'ambiente e l'impiego delle etichette indicanti l'efficienza energetica, come ad esempio quelle utilizzate per le lavatrici.
Disposizioni generali dell' UE
Il sesto programma d'azione per l'ambiente, adottato nel luglio 2002, definisce le priorità ambientali dell'Unione europea (UE) fino al 2010. I settori d'intervento prioritari sono quattro: cambiamenti climatici, natura e biodioversità, ambiente e salute, gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. La politica ambientale dell'UE è ispirata al principio di precauzione e al principio "chi inquina paga" e prevede numerosi strumenti - istituzionali, finanziari o di gestione – per mettere in atto una politica efficace. Un altro elemento determinante in questo ambito è la partecipazione dei cittadini.
Sesto programma di azione per l'ambiente.
L'Unione europea (UE) definisce le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2010 e oltre, e descrive in modo particolareggiato i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia in materia di sviluppo sostenibile da essa elaborata.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 24 gennaio 2001, sul Sesto programma di azione per l'ambiente della Comunità europea "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". [COM(2001) 31 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
Sintesi
Il Sesto programma comunitario di azione per l'ambiente intitolato "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta" copre il periodo compreso tra il 22 luglio 2002 e il 21 luglio 2012. Il programma si ispira al quinto programma di azione per l'ambiente ( ), che copriva il periodo 1992-2000, e alla decisione relativa al riesame di detto programma.
Un approccio strategico
La comunicazione rileva che per far fronte alle sfide ambientali odierne è necessario superare il mero approccio legislativo ed assumere un approccio strategico, che dovrà utilizzare vari strumenti e provvedimenti per influenzare il processo decisionale negli ambienti imprenditoriale, politico, dei consumatori e dei cittadini. La comunicazione propone cinque assi prioritari di azione strategica: migliorare l'applicazione della legislazione vigente, integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, collaborare con il mercato, coinvolgere i cittadini modificandone il comportamento e tener conto dell'ambiente nelle decisioni in materia di assetto e gestione territoriale. Per ciascuno di questi assi sono proposte azioni specifiche.
Per migliorare l'attuazione della legislazione vigente sono indicate le seguenti azioni specifiche:
• supporto alla rete IMPEL ed estensione della rete ai paesi candidati;
• elaborazione di relazioni sull'applicazione del diritto ambientale;
• comunicazione dei risultati migliori e peggiori dell'applicazione del diritto ambientale;
• miglioramento degli standard ispettivi ambientali;
• lotta contro il crimine ambientale;
• garantire l'attuazione facendo ricorso, se del caso, alla Corte di giustizia.
Per integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, la comunicazione propone di:
• istituire ulteriori meccanismi di integrazione;
• applicare le disposizioni del trattato sull'integrazione;
• sviluppare indicatori per controllare il processo di integrazione.
La collaborazione con il mercato potrebbe articolarsi nei seguenti punti:
• incoraggiare una più ampia adozione del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);
• incoraggiare le imprese a pubblicare relazioni sulle proprie prestazioni e a rispettare i requisiti in materia ambientale;
• istituire programmi di ricompensa per le imprese che rispettano l'ambiente;
• incoraggiare gli accordi di autoregolamentazione;
• adottare una politica integrata dei prodotti;
• promuovere l'uso e la valutazione dell'efficacia del marchio ecologico;
• promuovere una politica di appalti pubblici rispettosa dell'ambiente;
• adottare la legislazione sulla responsabilità ambientale ( ).
Per coinvolgere i cittadini e modificarne il comportamento sono proposte le seguenti azioni:
• consentire ai cittadini di confrontare e migliorare il proprio comportamento ecologico;
• migliorare l'accessibilità e la qualità delle informazioni sull'ambiente fornite ai cittadini.
Per tener conto dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio sono proposte le seguenti azioni:
• pubblicare una comunicazione sull'importanza dell'integrazione dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio;
• migliorare l'applicazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale;
• divulgare le buone prassi e promuovere gli scambi di esperienze sulla pianificazione sostenibile, compresa quella delle zone urbane;
• integrare la pianificazione sostenibile nella politica regionale comunitaria;
• promuovere le misure agroambientali in seno alla politica agricola comune;
• realizzare un partenariato per una gestione sostenibile del turismo.
Il sesto programma di azione per l'ambiente si concentra su quattro settori d'intervento prioritari: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
Il cambiamento climatico
Il Sesto programma di azione individua nel cambiamento climatico la sfida principale per i prossimi 10 anni. In tale settore l'obiettivo consiste nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello che non provochi cambiamenti artificiali del clima del pianeta.
A breve termine l'Unione europea si propone di conseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto cioè di ridurre, entro il 2008-2012, le emissioni dei gas ad effetto serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990. A più lungo termine, cioè entro il 2020, sarebbe necessaria una riduzione di tali emissioni dell'ordine del 20-40%, mediante un efficace accordo internazionale.
L'impegno della Comunità per far fronte alle sfide del cambiamento climatico assumerà diversi aspetti:
• integrare gli obiettivi del cambiamento climatico nelle varie politiche comunitarie e segnatamente nella politica energetica e in quella dei trasporti;
• ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra grazie a misure specifiche per migliorare l'efficienza energetica, sfruttare maggiormente le fonti energetiche rinnovabili, promuovere gli accordi con l'industria e risparmiare energia;
• sviluppare un regime di scambio di emissioni ( ) su scala europea;
• potenziare la ricerca nel settore del cambiamento climatico;
• fornire ai cittadini migliori informazioni in materia di cambiamento climatico;
• esaminare le sovvenzioni energetiche e la loro compatibilità con i problemi posti dal cambiamento climatico;
• preparare la società all'impatto del cambiamento climatico.
Natura e biodiversità
In tale settore l'obiettivo consiste nel proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi naturali, arrestando l'impoverimento della biodiversità sia nell'Unione europea che su scala mondiale.
Le azioni proposte per raggiungere tale obiettivo sono:
• applicare la legislazione ambientale, principalmente nei settori delle acque e dell'atmosfera;
• ampliare il campo di applicazione della direttiva Seveso II;
• coordinare a livello comunitario gli interventi degli Stati membri in caso di incidenti e catastrofi naturali;
• studiare la protezione degli animali e delle piante dalle radiazioni ionizzanti;
• tutelare, salvaguardare e ripristinare i paesaggi;
• proteggere il patrimonio boschivo e promuoverne lo sviluppo sostenibile;
• elaborare una strategia comunitaria per la protezione del suolo;
• tutelare e ripristinare l'habitat marino e il litorale ed estendere ad essi la rete Natura 2000;
• migliorare i controlli, l'etichettatura e la tracciabilità degli OGM;
• integrare la tutela della natura e della biodiversità nella politica commerciale e di cooperazione allo sviluppo;
• elaborare programmi di raccolta di dati sulla tutela della natura e la biodiversità;
• sostenere le ricerche nel settore della tutela della natura.
Ambiente e salute
L'obiettivo è pervenire a una qualità ambientale tale da non dar adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana.
La presente comunicazione propone di:
• identificare i rischi per la salute umana, soprattutto per i bambini e gli anziani, e legiferare di conseguenza;
• inserire le priorità di ambiente e salute nelle altre politiche e nelle norme sull'aria, sulle acque, sui rifiuti e sul suolo;
• potenziare la ricerca nel campo della salute e dell'ambiente;
• sviluppare un nuovo sistema di valutazione e gestione del rischio delle sostanze chimiche ( ));
• vietare o limitare l'uso dei pesticidi più pericolosi e garantire l'applicazione delle migliori pratiche di uso;
• garantire l'applicazione della legislazione sull'acqua;
• garantire l'applicazione delle norme sulla qualità dell'aria e definire una strategia sull'inquinamento atmosferico;
• adottare ed applicare la direttiva sull'inquinamento acustico.
Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti
L'obiettivo è garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell'ambiente, dissociando la crescita economica dall'uso delle risorse, migliorando l'efficienza di queste ultime e diminuendo la produzione di rifiuti. Per i rifiuti, l'obiettivo specifico è ridurre la quantità finale del 20% entro il 2010 e del 50% entro il 2050.
Le azioni da intraprendere sono:
• elaborare una strategia per la gestione sostenibile delle risorse, fissando priorità e riducendo il consumo;
• stabilire un onere fiscale sull'uso delle risorse;
• eliminare le sovvenzioni che incentivano l'uso eccessivo di risorse;
• inserire considerazioni di uso efficiente delle risorse nella politica integrata dei prodotti, nei programmi di etichettatura ecologica, nei sistemi di valutazione ambientale, ecc.;
• elaborare una strategia per il riciclo dei rifiuti;
• migliorare i sistemi vigenti di gestione dei rifiuti ed investire nella prevenzione quantitativa e qualitativa;
• integrare la prevenzione dei rifiuti nella politica integrata dei prodotti e nella strategia comunitaria sulle sostanze chimiche.
LE STRATEGIE TEMATICHE
Il programma d'azione prevede l'adozione di sette strategie tematiche relative all' inquinamento atmosferico, all' ambiente marino, all' uso sostenibile delle risorse, alla prevenzione e al riciclaggio dei rifiuti, all' uso sostenibile dei pesticidi, alla protezione del suolo e all' ambiente urbano.
Contrariamente a ciò che avveniva in passato, tali strategie sono basate su un approccio globale per tema, piuttosto che su alcuni inquinanti o tipi di attività economica. Esse fissano obiettivi a lungo termine, basati sulla valutazione dei problemi ambientali nonché sulla ricerca di una sinergia tra le diverse strategie e con gli obiettivi di crescita e occupazione previsti dalla strategia di Lisbona. Tali strategie permettono inoltre di semplificare e chiarire la legislazione in vigore.
Il contesto internazionale
L'integrazione dei temi ambientali in tutti i settori delle relazioni esterne dell'Unione europea è un obiettivo del sesto programma d'azione per l'ambiente, che tiene conto delle prospettive di ampliamento dell'Unione europea e suggerisce di condurre un'estesa consultazione delle amministrazioni dei paesi candidati sullo sviluppo sostenibile e di allacciare una stretta cooperazione con le ONG e le imprese di tali paesi. È fortemente incoraggiata l'applicazione delle convenzioni internazionali sull'ambiente.
Una base scientifica solida
Il sesto programma propone una nuova impostazione per elaborare le misure ambientali, affinché le parti interessate e il pubblico siano maggiormente impegnati nell'applicazione di queste ultime. Tale impostazione comprende un dialogo aperto e la partecipazione delle imprese, delle ONG e delle autorità pubbliche.
Il programma si fonderà maggiormente su analisi scientifiche ed economiche e su indicatori ambientali. A tal fine la Commissione lavorerà in stretta collaborazione con l'Agenzia europea dell'ambiente (EN).
Atti Collegati
Comunicazione della Commissione, del 30 aprile 2007, concernente la revisione intermedia del Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [COM (2007) 225 definitivo - Gazzetta ufficiale C 181 del 3 agosto 2007].
In occasione della revisione la Commissione ha valutato positivamente i progressi realizzati finora, segnalando però che occorre compiere ulteriori e importanti sforzi per conseguire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale. La Commissione ha proceduto alla valutazione dei quattro settori prioritari del programma di azione. Nel settore dei cambiamenti climatici, la Commissione conclude in particolare che occorre realizzare gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto e ribaditi dal Consiglio europeo del marzo 2007, sviluppare gli strumenti e le tecnologie che permettano di raggiungere i predetti obiettivi, trovare le soluzioni che consentano di coinvolgere in maniera giusta ed efficace i paesi che in base al protocollo di Kyoto non sono vincolati ad obiettivi di riduzione o che si sono ritirati dal processo, nonché preparare l'adeguamento alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici. In materia di natura e biodiversità, la Commissione sottolinea soprattutto l'importanza di completare la realizzazione della rete Natura 2000 e di estenderla, di porre fine alla deforestazione, in particolare lottando contro il commercio illegale di legno, nonché di proteggere gli ecosistemi marini contro gli effetti delle reti a strascico. Nel settore della salute, la Commissione mira ad un'attuazione effettiva delle iniziative comunitarie, tra le quali la direttiva quadro sull'acqua, il regolamento REACH, la strategia sull'inquinamento atmosferico e la proposta relativa ai pesticidi. In materia di risorse naturali e di rifiuti, la Commissione mette l'accento sulla strategia tematica per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e sulla direttiva quadro sui rifiuti.
Inoltre, la revisione stila un elenco dei miglioramenti strategici della politica ambientale, il che significa in particolare migliorare la cooperazione internazionale (promozione dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo, creazione di una "diplomazia ambientale", promozione del trasferimento di tecnologie, ecc.), applicare i principi di una migliore regolamentazione alla politica ambientale (utilizzo dei meccanismi di mercato, semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi, collaborazione con le parti interessate, ecc.), promuovere l'integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche (tra cui l'agricoltura, la ricerca, la pesca e i trasporti), nonché migliorare l'attuazione e il rispetto della normativa.
Decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [Gazzetta ufficiale L 242 del 10.9.2002].
La decisione istituisce il sesto programma comunitario di azione per l'ambiente e stabilisce gli obiettivi, le scadenze e le priorità, gli assi prioritari dell'approccio strategico e i quattro settori d'intervento descritti nella comunicazione sul sesto programma comunitario di azione per l'ambiente "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". Entro quattro anni dopo l'adozione della decisione, si dovranno attuare iniziative nel quadro di ogni settore di intervento.
La Commissione presenta relazioni di valutazione al Parlamento europeo ed al Consiglio nel corso del quarto anno di attuazione del programma e alla fine di quest'ultimo.
Riesame della politica ambientale 2008
Il riesame della politica ambientale 2008 descrive i progressi compiuti nella politica dell’Unione europea (UE) durante il 2008 e prende in esame le sfide future.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 24 giugno 2009: «Riesame della politica ambientale 2008» [COM(2009) 304 def. – Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
SINTESI
La politica ambientale è ai primi posti dell’agenda politica. Questa politica trasversale può aiutare l’UE a superare la crisi economica e finanziaria mondiale, che ha colpito il continente europeo nel 2008, e gettare le basi per una crescita a basse emissioni di carbonio che preveda un uso razionale delle risorse.
In questa comunicazione la Commissione passa in rassegna le tappe salienti della politica ambientale dell'UE nel 2008. Menziona in particolare i progressi realizzati nell'ambito dei quattro settori d'intervento prioritari del Sesto programma di azione per l'ambiente: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute, e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
La lotta ai cambiamenti climatici è stata caratterizzata nel dicembre 2008 da una serie di misure legislative che costituiscono il cosiddetto pacchetto Clima ed energia, volte a concretizzare l'impegno dell'UE a ridurre del 30% le proprie emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, se altri paesi industrializzati accetteranno di realizzare riduzioni comparabili o, se non comparabili, almeno del 20%. Tale pacchetto mira a migliorare il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (sistema ETS comunitario) inserendovi altri gas serra e settori. Include anche una proposta di direttiva volta a promuovere le energie rinnovabili e un’altra proposta riguardante l’implementazione sicura e affidabile delle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio.
Oltre al pacchetto Clima ed energia, l’UE ha adottato altri interventi per la lotta ai cambiamenti climatici, volti a ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture nuove e a migliorare la qualità della benzina e dei carburanti.
Il programma di negoziati stabilito durante la conferenza di Poznan nel dicembre 2008 dovrebbe culminare in un accordo mondiale sui cambiamenti climatici da adottare nel corso della conferenza delle Nazioni Unite sul clima prevista a Copenaghen nel dicembre 2009. Questo accordo entrerà in vigore quando cesseranno gli impegni previsti dal protocollo di Kyoto nel 2012.
Dinanzi alla perdita di biodiversità, l’UE ha proseguito i suoi sforzi in base al piano di azione comunitario che mira a contenere la riduzione della diversità biologica in prospettiva del 2010. Le principali misure adottate hanno visto lo sviluppo della rete Natura 2000 con la creazione di nuovi siti in Bulgaria e in Romania, e la lotta contro le specie estranee invasive, mediante varie opzioni strategiche fra cui la creazione di un sistema paneuropeo di allarme rapido per comunicare le specie nuove od emergenti.
Nel 2008 la Commissione ha presentato due iniziative per la protezione delle foreste mondiali che contribuiscono a limitare il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità. La prima è un regolamento che disciplina il mercato del legno e dei prodotti derivati in Europa, la seconda è una comunicazione che espone le proposte della Commissione per combattere la deforestazione tropicale.
In futuro i lavori verteranno sulla protezione delle specie vulnerabili in alto mare, nel quadro della convenzione sulla diversità biologica e della Commissione baleniera internazionale, nonché sul divieto dei prodotti derivati dalla foca che viene sterminata in violazione delle regole di benessere degli animali.
Nel settore dell’ambiente e della salute, il 2008 è segnato dall'entrata in vigore del regolamento REACH, che mira a rafforzare le norme di sicurezza in materia di sostanze chimiche prodotte o importate nell’UE. Sono state adottate altre misure sulle sostanze pericolose e sul mercurio. La direttiva relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa è entrata in vigore nel mese di giugno. La Commissione ha presentato delle iniziative per lo sviluppo di trasporti sostenibili e per ridurre le emissioni industriali.
Per il 2009, i lavori nel settore dell'ambiente e della salute si concentreranno sulla revisione della direttiva sui biocidi e sulla creazione di nuove norme per le emissioni dei veicoli onde garantire la conformità al regolamento REACH.
Relativamente alla gestione delle risorse naturali e dei rifiuti, l’azione dell’UE è stata rivolta alla protezione del ciclo dell'acqua (le acque di superficie e l'ambiente marino), allo sviluppo di un consumo e di una produzione sostenibili (la progettazione ecocompatibile e il marchio comunitario di qualità ecologica) e al miglioramento del riciclaggio dei rifiuti (la demolizione delle navi, le apparecchiature elettriche ed elettroniche e i rifiuti organici biodegradabili).
Nel 2009, l’UE prevede di adottare un sistema di verifica delle tecnologie ambientali per stimolare la fiducia degli acquirenti rispetto alle prestazioni delle nuove tecnologie ambientali.
Nel 2008, sono stati realizzati dei progressi in vista di semplificare la legislazione ambientale mediante l'attuazione di programmi destinati a migliorare l'applicazione del diritto comunitario dell'ambiente. La Commissione prevede di utilizzare un'ampia gamma di strumenti per prevenire le infrazioni, come l'uso mirato dei fondi comunitari e aiuti più accentuati in fase di preadesione per i paesi dell'allargamento.
Contesto
Questa relazione annuale di attività è un contributo al processo di Lisbona e alla strategia europea di sviluppo sostenibile, di cui l'ambiente costituisce un elemento essenziale.
Agenzia europea dell’ambiente
L'Agenzia europea dell’ambiente (AEA) è un’agenzia dell’Unione europea con sede a Copenaghen. La sua missione è fornire informazioni affidabili e indipendenti sull’ambiente. Essa rappresenta una delle principali fonti d’informazione cui ricorrono i responsabili politici per definire, adottare, attuare e valutare la politica ambientale. Attualmente, l’AEA conta 32 paesi fra i suoi membri.
Atto
Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata).
Sintesi
L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e la sua rete d’informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) sono state create nel 1990, ma le attività dell’Agenzia sono realmente iniziate nel 1994.
L’AEA è un organismo indipendente il cui obiettivo è promuovere lo sviluppo sostenibile e migliorare l’ambiente in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, i compiti dell’Agenzia sono i seguenti:
• istituire e coordinare la rete Eionet;
• fornire alla Comunità e agli Stati membri le informazioni oggettive necessarie per formulare e attuare politiche ambientali oculate ed efficaci;
• contribuire al controllo dei provvedimenti concernenti l’ambiente;
• registrare, collezionare, valutare e diffondere dati sullo stato dell’ambiente;
• contribuire ad assicurare la comparabilità dei dati ambientali a livello europeo;
• stimolare lo sviluppo e l’integrazione delle tecniche di previsione ambientale;
• assicurare un’ampia diffusione di informazioni ambientali affidabili.
Le informazioni fornite dall’AEA riguardano:
• la qualità dell’aria;
• la qualità dell’acqua;
• lo stato dei suoli, della fauna e della flora;
• l’utilizzazione del suolo e le risorse naturali;
• la gestione dei rifiuti;
• le emissioni sonore;
• le sostanze chimiche;
• la protezione del litorale e del mare.
La rete Eionet comprende i principali elementi delle reti nazionali d’informazione, i punti focali nazionali e i cinque centri tematici europei (CTE). Le attività dei centri coprono i seguenti settori:
• l’acqua,
• l’aria e il cambiamento climatico,
• la protezione della natura e la biodiversità,
• i flussi di rifiuti e di materiali, e
• l’ambiente terrestre.
L’AEA comprende attualmente 32 paesi membri, ovvero i 27 Stati membri dell'UE e l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Svizzera e la Turchia.
Il consiglio di amministrazione dell’Agenzia è composto da un rappresentante di ciascun paese membro, due rappresentanti della DG Ambiente e della DG Ricerca della Commissione europea e due esperti scientifici designati dal Parlamento europeo. Il consiglio di amministrazione ha il compito di adottare i programmi di lavoro dell’Agenzia, nominare il direttore esecutivo e designare i membri del comitato scientifico. Quest’ultimo funge da organo consultivo sulle questioni scientifiche per il consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo.
Il direttore esecutivo è responsabile di fronte al consiglio di amministrazione dell’attuazione dei programmi di lavoro e della gestione quotidiana dell’Agenzia.
L’Agenzia organizza le sue attività nel quadro di programmi di lavoro annuali sulla base di una strategia quinquennale e di un programma di lavoro pluriennale. L’attuale strategia copre il periodo 2009 – 2013.
L’Agenzia lavora a stretto contatto con altre istituzioni europeee ed internazionali, segnatamente l'Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat) e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, il Programma delle Nazioni Unite sull’Ambiente (UNEP) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Contesto
L’AEA e la rete Eionet collaboreranno con la Commissione europea ed altre parti interessate per creare un sistema comune di informazioni ambientali (SEIS). A tale scopo, l’AEA sfrutterà gli strumenti e i sistemi di notifica esistenti (Reportnet), le iniziative in materia di amministrazione on line, l’Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), il programma di Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES) e il sistema mondiale dei sistemi di osservazione della Terra (GEOSS).
Il presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 1210/90.
RIFERIMENTI
Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 401/2009 10.6.2009 - GU L 126 del 21.5.2009
Tutela penale dell’ambiente
La direttiva istituisce un gruppo minimo di reati gravi contro l’ambiente e impone agli Stati membri di prevedere sanzioni penali più dissuasive per questo tipo di reati, se perpetrati intenzionalmente o causati da negligenza grave.
Atto
Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente.
Sintesi
La presente direttiva è finalizzata a imporre agli Stati membri di sanzionare penalmente alcuni comportamenti che costituiscono gravi reati contro l’ambiente. Questo livello minimo di armonizzazione permetterà di applicare con maggiore efficacia il diritto dell’ambiente, nel rispetto dell’obiettivo di tutela ambientale previsto dall’articolo 174 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE).
Comportamenti soggetti a sanzione
Gli Stati membri dovranno punire i seguenti comportamenti, intenzionali o conseguenti a una grave negligenza, che violino una normativa comunitaria nel campo della tutela ambientale:
• lo scarico illecito * di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento illeciti di rifiuti che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la spedizione illecita di rifiuti in quantità non trascurabile;
• il funzionamento illecito di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nel quale siano depositate o utilizzate sostanze o preparati pericolosi che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la produzione, il trattamento, il deposito, l’uso, il trasporto, l’esportazione o l’importazione e lo smaltimento illeciti di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• l’uccisione, la distruzione, il possesso, il prelievo o il commercio illeciti di specie animali o vegetali protette;
• il deterioramento illecito di un habitat protetto;
• il commercio o l’uso illeciti di sostanze che riducono lo strato di ozono.
Gli Stati membri provvedono inoltre affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente tali attività illecite.
Sanzioni
Le sanzioni penali dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche * possano essere dichiarate responsabili quando i reati siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virtù:
• del potere di rappresentanza della persona giuridica;
• del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o
• del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.
Tale responsabilità può essere di natura penale o amministrativa, a seconda del sistema giuridico vigente nello Stato membro in questione.
Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto abbia reso possibile la commissione di un reato a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.
Contesto
Nel 2001 la Commissione aveva adottato una proposta di direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Nel 2003 il Consiglio aveva adottato la decisione quadro 2003/80/GAI basata sulle disposizioni del trattato UE relative alla cooperazione fra gli Stati membri in materia penale. Tale decisione quadro è stata annullata nel 2005 dalla Corte di giustizia europea perché basata su un fondamento giuridico non corretto. Le misure contenute nella decisione quadro avrebbero potuto essere adottate dalla Comunità nell’ambito della sua politica di tutela dell’ambiente. La Commissione ha quindi adottato una nuova proposta il 12 febbraio 2007 che ha condotto all’adozione della presente direttiva.
Termini chiave dell’atto
• Illecito: ciò che viola gli atti legislativi comunitari o un atto legislativo, un regolamento amministrativo o una decisione di un’autorità competente di uno Stato membro nel campo della tutela ambientale.
• Persona giuridica: qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Direttiva 2008/99/CE 19.11.2008 26.12.2010 GU L 328 del 6.12.2008
Accesso all'informazione, partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale
Attraverso l'approvazione della convenzione sull' accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Århus), l'Unione europea intende sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nelle questioni ambientali, nonché migliorare l'applicazione della legislazione sull'ambiente.
Atto
Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico al processo decisionale e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.
Sintesi
Con questa decisione, la convenzione di Århus (firmata dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri nel 1998) è stata approvata a nome della Comunità.
La convenzione, in vigore dal 30 ottobre 2001, parte dall'idea che un maggiore coinvolgimento e una più forte sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei problemi di tipo ambientale conduca ad un miglioramento della protezione dell'ambiente. Essa intende contribuire a salvaguardare il diritto di ogni individuo, delle generazioni attuali e di quelle future, di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere.
Per raggiungere tale obiettivo, la convenzione propone di intervenire in tre settori:
• assicurare l'accesso del pubblico alle informazioni sull'ambiente detenute dalle autorità pubbliche;
• favorire la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente;
• estendere le condizioni per l'accesso alla giustizia in materia ambientale;
Le istituzioni comunitarie rispondono alla definizione di autorità pubblica della convenzione, allo stesso titolo delle autorità nazionali o locali.
Le parti della convenzione si impegnano ad applicare le disposizioni elencate e devono quindi:
• adottare le misure legislative, regolamentari o le altre misure necessarie;
• permettere ai funzionari e alle autorità pubbliche di fornire assistenza e orientamento ai cittadini, agevolandone l'accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia;
• promuovere l'educazione ecologica dei cittadini e aumentare la loro consapevolezza dei problemi ambientali;
• riconoscere e sostenere le associazioni, i gruppi o le organizzazioni aventi come obiettivo la protezione dell'ambiente.
• Accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale
• La convenzione prevede diritti ed obblighi precisi in materia di accesso all'informazione, concernenti in particolare i tempi di trasmissione e i motivi di cui dispongono le autorità pubbliche per rifiutare l'accesso a determinati tipi di informazione.
Il rifiuto è ammesso in tre casi:
• se l'autorità pubblica non è in possesso dell'informazione richiesta;
• se la richiesta è manifestamente abusiva o formulata in modo troppo generico;
• se la richiesta concerne documenti in corso di elaborazione.
Una richiesta di informazioni può essere inoltre respinta per salvaguardare la segretezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche, per motivi di difesa nazionale o di sicurezza pubblica, per consentire il buon funzionamento della giustizia, per tutelare la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, i diritti di proprietà intellettuale, la riservatezza dei dati personali o gli interessi di terzi che abbiano fornito spontaneamente le informazioni. Tali motivi di diniego devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico che potrebbe essere intaccato dalla divulgazione delle informazioni.
La decisione di diniego deve essere accompagnata dalle relative motivazioni indicando i mezzi di ricorso a disposizione del richiedente.
Le autorità pubbliche devono mantenere aggiornate le informazioni in loro possesso e a tale scopo devono tenere elenchi, registri e schedari accessibili al pubblico. Deve essere favorita l'utilizzazione di basi di dati elettroniche, comprendenti le relazioni sulla situazione dell'ambiente, la legislazione, i piani o le politiche nazionali, le convenzioni internazionali.
Partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientale
Il secondo aspetto della convenzione riguarda la partecipazione del pubblico al processo decisionale. Tale partecipazione deve essere assicurata attraverso la procedura di autorizzazione di determinate attività specifiche (principalmente attività di tipo industriale) elencate nell'allegato I della convenzione. Il risultato della partecipazione del pubblico deve essere debitamente preso in considerazione nella decisione finale di autorizzazione dell'attività in questione.
Il pubblico viene informato, fin dalla fase iniziale del processo decisionale, sui seguenti elementi:
• l'oggetto in merito al quale la decisione deve essere presa;
• la natura della decisione da adottare;
• l'autorità competente;
• la procedura prevista, ivi compresi i dettagli pratici relativi alla procedura di consultazione;
• la procedura di valutazione dell'impatto ambientale (se prevista).
I tempi previsti per la procedura devono permettere una reale partecipazione del pubblico.
E' stata istituita una procedura più snella per l'elaborazione di piani e programmi relativi all'ambiente.
La convenzione invita inoltre le parti a favorire la partecipazione del pubblico all'elaborazione delle politiche in materia ambientale, nonché delle norme e della legislazione che possono avere effetti significativi sull'ambiente.
Accesso alla giustizia in materia ambientale
In materia di accesso alla giustizia, i cittadini potranno ricorrere alla giustizia in condizioni adeguate, nel quadro della legislazione nazionale, qualora essi ritengano violati i propri diritti in materia di accesso all'informazione (richiesta di informazione non presa in considerazione, respinta abusivamente o presa in considerazione in modo insufficiente).
L'accesso alla giustizia è garantito anche nel caso di violazione della procedura di partecipazione prevista dalla convenzione. Inoltre l'accesso alla giustizia è ammesso per la composizione delle controversie relative ad azioni o ad omissioni di privati o di autorità pubbliche che infrangono le disposizioni legislative ambientali nazionali.
Recepimento della convenzione di Århus nell'ordinamento comunitario
La Comunità si è impegnata ad adottare i provvedimenti necessari per assicurare un'applicazione effettiva della convenzione. In effetti, il primo pilastro della convenzione, che fa riferimento all' accesso al pubblico delle informazioni, ha trovato attuazione, a livello comunitario, nella direttiva 2003//4/CE relativa all' accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale. Il secondo pilastro, che riguarda la partecipazione del pubblico alle procedure ambientali, è stato recepito dalla direttiva 2003/35/CE. Una proposta di direttiva, pubblicata nell'ottobre 2003, dovrebbe recepire il terzo pilastro, diretto a garantire l' accesso del pubblico alla giustizia in materia ambientale. Inoltre, un regolamento, adottato nel 2006, mira a garantire l'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni e dei principi della convenzione.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Decisione 2005/370/CE 17.05.2005 - GU L 124 del 17.04.2005
Atti Collegati
Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome della Comunità europea per quanto riguarda l'interpretazione dell'articolo 14 della convenzione di Århus [COM/2008/174 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Decisione 2006/957/CE del Consiglio, del 18.12.2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, di un emendamento alla convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale [Gazzetta ufficiale L386 del 29.12.2006].
La modifica in questione estende la partecipazione del pubblico alle decisioni riguardanti la diffusione volontaria degli OGM nell'ambiente. A livello comunitario, questa esigenza è già soddisfatta da alcune disposizioni contenute nella direttiva 2001/18/CE relativa all'introduzione deliberata di OGM nell'ambiente e nel regolamento (CE) n. 1829/2003 () riguardante i prodotti alimentari e i mangimi per animali geneticamente modificati.
Tutelare, preservare e migliorare il mondo intorno a noi
Nell'UE gli standard ambientali sono tra i più elevati del mondo e sono stai sviluppati nel corso dei decenni per far fronte a numerosi problemi. Le attuali priorità sono: combattere il cambiamento climatico, preservare la biodiversità, ridurre i problemi sanitari causati dall'inquinamento e attuare una gestione più responsabile delle risorse naturali. Oltre a tutelare l'ambiente, questi obiettivi aiutano la crescita economica promuovendo l'innovazione e l'imprenditorialità.
Cambiamenti climatici
Il cambiamento climatico è una delle minacce più gravi per l'umanità. L'UE sta lavorando ad un accordo globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra ed ha assunto ruolo di guida con l'adozione di piani ambiziosi. Con una decisione "storica" presa nel dicembre del 2008, i leader dell'UE hanno approvato un pacchetto globale di misure per l'abbattimento delle emissioni. L'obiettivo è ridurre di almeno il 20% i gas ad effetto serra entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990), portare la quota delle energie rinnovabili al 20% e diminuire il consumo generale di energia del 20% (rispetto alle proiezioni). Nel quadro della strategia di promozione delle fonti rinnovabili, è stato concordato che i mezzi di trasporto dorvanno essere alimentati per il 10% da biocarburanti, energia elettrica e idrogeno.
Scambio delle quote di emissione
Il sistema di scambio di quote di emissione, una pietra miliare della politica ambientale europea, premia le imprese che riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) e penalizza quelle che superano i limiti consentiti.
Introdotto nel 2005, il sistema riguarda circa 12.000 tra fabbriche e impianti responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 (la causa principale del riscaldamento globale) prodotte dall'UE.
In base al sistema, i governi nazionali fissano i limiti delle emissioni di CO2 prodotte dalle industrie ad alta intensità energetica, come le centrali elettriche e gli impianti siderurgici. Le imprese che intendono superare la quota consentita devono acquistare i diritti di emissione dalle aziende più efficienti.
In futuro il sistema sarà esteso anche ad altri settori, comprese le linee aeree e il comparto petrolchimico. I paesi UE potranno inoltre compensare le emissioni acquistando crediti da progetti di riduzione della CO2 nei paesi extra-UE.
Biodiversità
Sebbene l'UE si sia impegnata a fermare entro il 2010 l'estinzione delle specie in pericolo e la scomparsa degli habitat sul suo territorio, raggiungere tale obiettivo richiederà un grande sforzo. Le politiche e gli strumenti legislativi necessari sono già stati predisposti, ma occorre potenziarne l'applicazione su vasta scala. In particolare, l'UE intende ampliare Natura 2000, la rete di siti in cui la flora, la fauna e il loro habitat sono protetti. Natura 2000 conta già oltre 26.000 siti nell'UE.
Ambiente e salute
Inquinamento acustico, acque di balneazione, specie rare e interventi di emergenza: sono solo alcuni dei settori coperti dall'imponente corpus normativo sviluppato dall'UE nel corso dei decenni in campo ambientale. Quest'ultimo punta in primo luogo a stabilire delle norme sanitarie per le sostanze inquinanti e impone ai paesi membri di monitorare gran parte di queste sostanze e intervenire in caso di superamento delle soglie di sicurezza.
Nel 2008 l'UE ha ad esempio fissato limiti vincolanti per le emissioni di particolato, noto anche come PM2.5. Queste polveri sottili, prodotte dalle autovetture e dai camion, possono causare malattie respiratorie. La nuova normativa, che entrerà in vigore nel 2011, impone ai paesi UE di ridurre in media del 20% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2010) l'esposizione a tali polveri nelle aree urbane.
Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile figura da tempo tra gli obiettivi generali delle politiche dell'UE. Nel 2001 i leader europei hanno avviato la prima strategia di sviluppo sostenibile dell'UE, per poi aggiornarla nel 2006 alla luce delle carenze riscontrate e per far fronte ai nuovi problemi.
La nuova strategia, che è strettamente legata alla politica energetica e a quella sul cambiamento climatico, sottolinea l'importanza dell'istruzione, della ricerca e dei finanziamenti pubblici per lo sviluppo di modelli di produzione e di consumo sostenibili.
Nel frattempo è stato fatto tanto sul fronte delle politiche. Ora si tratta di metterle in pratica. Nel 2009 la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per promuovere i prodotti rispettosi dell'ambiente e l'impiego delle etichette indicanti l'efficienza energetica, come ad esempio quelle utilizzate per le lavatrici.
Disposizioni generali dell' UE
Il sesto programma d'azione per l'ambiente, adottato nel luglio 2002, definisce le priorità ambientali dell'Unione europea (UE) fino al 2010. I settori d'intervento prioritari sono quattro: cambiamenti climatici, natura e biodioversità, ambiente e salute, gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. La politica ambientale dell'UE è ispirata al principio di precauzione e al principio "chi inquina paga" e prevede numerosi strumenti - istituzionali, finanziari o di gestione – per mettere in atto una politica efficace. Un altro elemento determinante in questo ambito è la partecipazione dei cittadini.
Sesto programma di azione per l'ambiente.
L'Unione europea (UE) definisce le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2010 e oltre, e descrive in modo particolareggiato i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia in materia di sviluppo sostenibile da essa elaborata.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 24 gennaio 2001, sul Sesto programma di azione per l'ambiente della Comunità europea "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". [COM(2001) 31 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
Sintesi
Il Sesto programma comunitario di azione per l'ambiente intitolato "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta" copre il periodo compreso tra il 22 luglio 2002 e il 21 luglio 2012. Il programma si ispira al quinto programma di azione per l'ambiente ( ), che copriva il periodo 1992-2000, e alla decisione relativa al riesame di detto programma.
Un approccio strategico
La comunicazione rileva che per far fronte alle sfide ambientali odierne è necessario superare il mero approccio legislativo ed assumere un approccio strategico, che dovrà utilizzare vari strumenti e provvedimenti per influenzare il processo decisionale negli ambienti imprenditoriale, politico, dei consumatori e dei cittadini. La comunicazione propone cinque assi prioritari di azione strategica: migliorare l'applicazione della legislazione vigente, integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, collaborare con il mercato, coinvolgere i cittadini modificandone il comportamento e tener conto dell'ambiente nelle decisioni in materia di assetto e gestione territoriale. Per ciascuno di questi assi sono proposte azioni specifiche.
Per migliorare l'attuazione della legislazione vigente sono indicate le seguenti azioni specifiche:
• supporto alla rete IMPEL ed estensione della rete ai paesi candidati;
• elaborazione di relazioni sull'applicazione del diritto ambientale;
• comunicazione dei risultati migliori e peggiori dell'applicazione del diritto ambientale;
• miglioramento degli standard ispettivi ambientali;
• lotta contro il crimine ambientale;
• garantire l'attuazione facendo ricorso, se del caso, alla Corte di giustizia.
Per integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, la comunicazione propone di:
• istituire ulteriori meccanismi di integrazione;
• applicare le disposizioni del trattato sull'integrazione;
• sviluppare indicatori per controllare il processo di integrazione.
La collaborazione con il mercato potrebbe articolarsi nei seguenti punti:
• incoraggiare una più ampia adozione del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);
• incoraggiare le imprese a pubblicare relazioni sulle proprie prestazioni e a rispettare i requisiti in materia ambientale;
• istituire programmi di ricompensa per le imprese che rispettano l'ambiente;
• incoraggiare gli accordi di autoregolamentazione;
• adottare una politica integrata dei prodotti;
• promuovere l'uso e la valutazione dell'efficacia del marchio ecologico;
• promuovere una politica di appalti pubblici rispettosa dell'ambiente;
• adottare la legislazione sulla responsabilità ambientale ( ).
Per coinvolgere i cittadini e modificarne il comportamento sono proposte le seguenti azioni:
• consentire ai cittadini di confrontare e migliorare il proprio comportamento ecologico;
• migliorare l'accessibilità e la qualità delle informazioni sull'ambiente fornite ai cittadini.
Per tener conto dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio sono proposte le seguenti azioni:
• pubblicare una comunicazione sull'importanza dell'integrazione dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio;
• migliorare l'applicazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale;
• divulgare le buone prassi e promuovere gli scambi di esperienze sulla pianificazione sostenibile, compresa quella delle zone urbane;
• integrare la pianificazione sostenibile nella politica regionale comunitaria;
• promuovere le misure agroambientali in seno alla politica agricola comune;
• realizzare un partenariato per una gestione sostenibile del turismo.
Il sesto programma di azione per l'ambiente si concentra su quattro settori d'intervento prioritari: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
Il cambiamento climatico
Il Sesto programma di azione individua nel cambiamento climatico la sfida principale per i prossimi 10 anni. In tale settore l'obiettivo consiste nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello che non provochi cambiamenti artificiali del clima del pianeta.
A breve termine l'Unione europea si propone di conseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto cioè di ridurre, entro il 2008-2012, le emissioni dei gas ad effetto serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990. A più lungo termine, cioè entro il 2020, sarebbe necessaria una riduzione di tali emissioni dell'ordine del 20-40%, mediante un efficace accordo internazionale.
L'impegno della Comunità per far fronte alle sfide del cambiamento climatico assumerà diversi aspetti:
• integrare gli obiettivi del cambiamento climatico nelle varie politiche comunitarie e segnatamente nella politica energetica e in quella dei trasporti;
• ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra grazie a misure specifiche per migliorare l'efficienza energetica, sfruttare maggiormente le fonti energetiche rinnovabili, promuovere gli accordi con l'industria e risparmiare energia;
• sviluppare un regime di scambio di emissioni ( ) su scala europea;
• potenziare la ricerca nel settore del cambiamento climatico;
• fornire ai cittadini migliori informazioni in materia di cambiamento climatico;
• esaminare le sovvenzioni energetiche e la loro compatibilità con i problemi posti dal cambiamento climatico;
• preparare la società all'impatto del cambiamento climatico.
Natura e biodiversità
In tale settore l'obiettivo consiste nel proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi naturali, arrestando l'impoverimento della biodiversità sia nell'Unione europea che su scala mondiale.
Le azioni proposte per raggiungere tale obiettivo sono:
• applicare la legislazione ambientale, principalmente nei settori delle acque e dell'atmosfera;
• ampliare il campo di applicazione della direttiva Seveso II;
• coordinare a livello comunitario gli interventi degli Stati membri in caso di incidenti e catastrofi naturali;
• studiare la protezione degli animali e delle piante dalle radiazioni ionizzanti;
• tutelare, salvaguardare e ripristinare i paesaggi;
• proteggere il patrimonio boschivo e promuoverne lo sviluppo sostenibile;
• elaborare una strategia comunitaria per la protezione del suolo;
• tutelare e ripristinare l'habitat marino e il litorale ed estendere ad essi la rete Natura 2000;
• migliorare i controlli, l'etichettatura e la tracciabilità degli OGM;
• integrare la tutela della natura e della biodiversità nella politica commerciale e di cooperazione allo sviluppo;
• elaborare programmi di raccolta di dati sulla tutela della natura e la biodiversità;
• sostenere le ricerche nel settore della tutela della natura.
Ambiente e salute
L'obiettivo è pervenire a una qualità ambientale tale da non dar adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana.
La presente comunicazione propone di:
• identificare i rischi per la salute umana, soprattutto per i bambini e gli anziani, e legiferare di conseguenza;
• inserire le priorità di ambiente e salute nelle altre politiche e nelle norme sull'aria, sulle acque, sui rifiuti e sul suolo;
• potenziare la ricerca nel campo della salute e dell'ambiente;
• sviluppare un nuovo sistema di valutazione e gestione del rischio delle sostanze chimiche ( ));
• vietare o limitare l'uso dei pesticidi più pericolosi e garantire l'applicazione delle migliori pratiche di uso;
• garantire l'applicazione della legislazione sull'acqua;
• garantire l'applicazione delle norme sulla qualità dell'aria e definire una strategia sull'inquinamento atmosferico;
• adottare ed applicare la direttiva sull'inquinamento acustico.
Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti
L'obiettivo è garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell'ambiente, dissociando la crescita economica dall'uso delle risorse, migliorando l'efficienza di queste ultime e diminuendo la produzione di rifiuti. Per i rifiuti, l'obiettivo specifico è ridurre la quantità finale del 20% entro il 2010 e del 50% entro il 2050.
Le azioni da intraprendere sono:
• elaborare una strategia per la gestione sostenibile delle risorse, fissando priorità e riducendo il consumo;
• stabilire un onere fiscale sull'uso delle risorse;
• eliminare le sovvenzioni che incentivano l'uso eccessivo di risorse;
• inserire considerazioni di uso efficiente delle risorse nella politica integrata dei prodotti, nei programmi di etichettatura ecologica, nei sistemi di valutazione ambientale, ecc.;
• elaborare una strategia per il riciclo dei rifiuti;
• migliorare i sistemi vigenti di gestione dei rifiuti ed investire nella prevenzione quantitativa e qualitativa;
• integrare la prevenzione dei rifiuti nella politica integrata dei prodotti e nella strategia comunitaria sulle sostanze chimiche.
LE STRATEGIE TEMATICHE
Il programma d'azione prevede l'adozione di sette strategie tematiche relative all' inquinamento atmosferico, all' ambiente marino, all' uso sostenibile delle risorse, alla prevenzione e al riciclaggio dei rifiuti, all' uso sostenibile dei pesticidi, alla protezione del suolo e all' ambiente urbano.
Contrariamente a ciò che avveniva in passato, tali strategie sono basate su un approccio globale per tema, piuttosto che su alcuni inquinanti o tipi di attività economica. Esse fissano obiettivi a lungo termine, basati sulla valutazione dei problemi ambientali nonché sulla ricerca di una sinergia tra le diverse strategie e con gli obiettivi di crescita e occupazione previsti dalla strategia di Lisbona. Tali strategie permettono inoltre di semplificare e chiarire la legislazione in vigore.
Il contesto internazionale
L'integrazione dei temi ambientali in tutti i settori delle relazioni esterne dell'Unione europea è un obiettivo del sesto programma d'azione per l'ambiente, che tiene conto delle prospettive di ampliamento dell'Unione europea e suggerisce di condurre un'estesa consultazione delle amministrazioni dei paesi candidati sullo sviluppo sostenibile e di allacciare una stretta cooperazione con le ONG e le imprese di tali paesi. È fortemente incoraggiata l'applicazione delle convenzioni internazionali sull'ambiente.
Una base scientifica solida
Il sesto programma propone una nuova impostazione per elaborare le misure ambientali, affinché le parti interessate e il pubblico siano maggiormente impegnati nell'applicazione di queste ultime. Tale impostazione comprende un dialogo aperto e la partecipazione delle imprese, delle ONG e delle autorità pubbliche.
Il programma si fonderà maggiormente su analisi scientifiche ed economiche e su indicatori ambientali. A tal fine la Commissione lavorerà in stretta collaborazione con l'Agenzia europea dell'ambiente (EN).
Atti Collegati
Comunicazione della Commissione, del 30 aprile 2007, concernente la revisione intermedia del Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [COM (2007) 225 definitivo - Gazzetta ufficiale C 181 del 3 agosto 2007].
In occasione della revisione la Commissione ha valutato positivamente i progressi realizzati finora, segnalando però che occorre compiere ulteriori e importanti sforzi per conseguire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale. La Commissione ha proceduto alla valutazione dei quattro settori prioritari del programma di azione. Nel settore dei cambiamenti climatici, la Commissione conclude in particolare che occorre realizzare gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto e ribaditi dal Consiglio europeo del marzo 2007, sviluppare gli strumenti e le tecnologie che permettano di raggiungere i predetti obiettivi, trovare le soluzioni che consentano di coinvolgere in maniera giusta ed efficace i paesi che in base al protocollo di Kyoto non sono vincolati ad obiettivi di riduzione o che si sono ritirati dal processo, nonché preparare l'adeguamento alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici. In materia di natura e biodiversità, la Commissione sottolinea soprattutto l'importanza di completare la realizzazione della rete Natura 2000 e di estenderla, di porre fine alla deforestazione, in particolare lottando contro il commercio illegale di legno, nonché di proteggere gli ecosistemi marini contro gli effetti delle reti a strascico. Nel settore della salute, la Commissione mira ad un'attuazione effettiva delle iniziative comunitarie, tra le quali la direttiva quadro sull'acqua, il regolamento REACH, la strategia sull'inquinamento atmosferico e la proposta relativa ai pesticidi. In materia di risorse naturali e di rifiuti, la Commissione mette l'accento sulla strategia tematica per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e sulla direttiva quadro sui rifiuti.
Inoltre, la revisione stila un elenco dei miglioramenti strategici della politica ambientale, il che significa in particolare migliorare la cooperazione internazionale (promozione dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo, creazione di una "diplomazia ambientale", promozione del trasferimento di tecnologie, ecc.), applicare i principi di una migliore regolamentazione alla politica ambientale (utilizzo dei meccanismi di mercato, semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi, collaborazione con le parti interessate, ecc.), promuovere l'integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche (tra cui l'agricoltura, la ricerca, la pesca e i trasporti), nonché migliorare l'attuazione e il rispetto della normativa.
Decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [Gazzetta ufficiale L 242 del 10.9.2002].
La decisione istituisce il sesto programma comunitario di azione per l'ambiente e stabilisce gli obiettivi, le scadenze e le priorità, gli assi prioritari dell'approccio strategico e i quattro settori d'intervento descritti nella comunicazione sul sesto programma comunitario di azione per l'ambiente "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". Entro quattro anni dopo l'adozione della decisione, si dovranno attuare iniziative nel quadro di ogni settore di intervento.
La Commissione presenta relazioni di valutazione al Parlamento europeo ed al Consiglio nel corso del quarto anno di attuazione del programma e alla fine di quest'ultimo.
Riesame della politica ambientale 2008
Il riesame della politica ambientale 2008 descrive i progressi compiuti nella politica dell’Unione europea (UE) durante il 2008 e prende in esame le sfide future.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 24 giugno 2009: «Riesame della politica ambientale 2008» [COM(2009) 304 def. – Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
SINTESI
La politica ambientale è ai primi posti dell’agenda politica. Questa politica trasversale può aiutare l’UE a superare la crisi economica e finanziaria mondiale, che ha colpito il continente europeo nel 2008, e gettare le basi per una crescita a basse emissioni di carbonio che preveda un uso razionale delle risorse.
In questa comunicazione la Commissione passa in rassegna le tappe salienti della politica ambientale dell'UE nel 2008. Menziona in particolare i progressi realizzati nell'ambito dei quattro settori d'intervento prioritari del Sesto programma di azione per l'ambiente: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute, e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
La lotta ai cambiamenti climatici è stata caratterizzata nel dicembre 2008 da una serie di misure legislative che costituiscono il cosiddetto pacchetto Clima ed energia, volte a concretizzare l'impegno dell'UE a ridurre del 30% le proprie emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, se altri paesi industrializzati accetteranno di realizzare riduzioni comparabili o, se non comparabili, almeno del 20%. Tale pacchetto mira a migliorare il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (sistema ETS comunitario) inserendovi altri gas serra e settori. Include anche una proposta di direttiva volta a promuovere le energie rinnovabili e un’altra proposta riguardante l’implementazione sicura e affidabile delle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio.
Oltre al pacchetto Clima ed energia, l’UE ha adottato altri interventi per la lotta ai cambiamenti climatici, volti a ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture nuove e a migliorare la qualità della benzina e dei carburanti.
Il programma di negoziati stabilito durante la conferenza di Poznan nel dicembre 2008 dovrebbe culminare in un accordo mondiale sui cambiamenti climatici da adottare nel corso della conferenza delle Nazioni Unite sul clima prevista a Copenaghen nel dicembre 2009. Questo accordo entrerà in vigore quando cesseranno gli impegni previsti dal protocollo di Kyoto nel 2012.
Dinanzi alla perdita di biodiversità, l’UE ha proseguito i suoi sforzi in base al piano di azione comunitario che mira a contenere la riduzione della diversità biologica in prospettiva del 2010. Le principali misure adottate hanno visto lo sviluppo della rete Natura 2000 con la creazione di nuovi siti in Bulgaria e in Romania, e la lotta contro le specie estranee invasive, mediante varie opzioni strategiche fra cui la creazione di un sistema paneuropeo di allarme rapido per comunicare le specie nuove od emergenti.
Nel 2008 la Commissione ha presentato due iniziative per la protezione delle foreste mondiali che contribuiscono a limitare il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità. La prima è un regolamento che disciplina il mercato del legno e dei prodotti derivati in Europa, la seconda è una comunicazione che espone le proposte della Commissione per combattere la deforestazione tropicale.
In futuro i lavori verteranno sulla protezione delle specie vulnerabili in alto mare, nel quadro della convenzione sulla diversità biologica e della Commissione baleniera internazionale, nonché sul divieto dei prodotti derivati dalla foca che viene sterminata in violazione delle regole di benessere degli animali.
Nel settore dell’ambiente e della salute, il 2008 è segnato dall'entrata in vigore del regolamento REACH, che mira a rafforzare le norme di sicurezza in materia di sostanze chimiche prodotte o importate nell’UE. Sono state adottate altre misure sulle sostanze pericolose e sul mercurio. La direttiva relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa è entrata in vigore nel mese di giugno. La Commissione ha presentato delle iniziative per lo sviluppo di trasporti sostenibili e per ridurre le emissioni industriali.
Per il 2009, i lavori nel settore dell'ambiente e della salute si concentreranno sulla revisione della direttiva sui biocidi e sulla creazione di nuove norme per le emissioni dei veicoli onde garantire la conformità al regolamento REACH.
Relativamente alla gestione delle risorse naturali e dei rifiuti, l’azione dell’UE è stata rivolta alla protezione del ciclo dell'acqua (le acque di superficie e l'ambiente marino), allo sviluppo di un consumo e di una produzione sostenibili (la progettazione ecocompatibile e il marchio comunitario di qualità ecologica) e al miglioramento del riciclaggio dei rifiuti (la demolizione delle navi, le apparecchiature elettriche ed elettroniche e i rifiuti organici biodegradabili).
Nel 2009, l’UE prevede di adottare un sistema di verifica delle tecnologie ambientali per stimolare la fiducia degli acquirenti rispetto alle prestazioni delle nuove tecnologie ambientali.
Nel 2008, sono stati realizzati dei progressi in vista di semplificare la legislazione ambientale mediante l'attuazione di programmi destinati a migliorare l'applicazione del diritto comunitario dell'ambiente. La Commissione prevede di utilizzare un'ampia gamma di strumenti per prevenire le infrazioni, come l'uso mirato dei fondi comunitari e aiuti più accentuati in fase di preadesione per i paesi dell'allargamento.
Contesto
Questa relazione annuale di attività è un contributo al processo di Lisbona e alla strategia europea di sviluppo sostenibile, di cui l'ambiente costituisce un elemento essenziale.
Agenzia europea dell’ambiente
L'Agenzia europea dell’ambiente (AEA) è un’agenzia dell’Unione europea con sede a Copenaghen. La sua missione è fornire informazioni affidabili e indipendenti sull’ambiente. Essa rappresenta una delle principali fonti d’informazione cui ricorrono i responsabili politici per definire, adottare, attuare e valutare la politica ambientale. Attualmente, l’AEA conta 32 paesi fra i suoi membri.
Atto
Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata).
Sintesi
L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e la sua rete d’informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) sono state create nel 1990, ma le attività dell’Agenzia sono realmente iniziate nel 1994.
L’AEA è un organismo indipendente il cui obiettivo è promuovere lo sviluppo sostenibile e migliorare l’ambiente in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, i compiti dell’Agenzia sono i seguenti:
• istituire e coordinare la rete Eionet;
• fornire alla Comunità e agli Stati membri le informazioni oggettive necessarie per formulare e attuare politiche ambientali oculate ed efficaci;
• contribuire al controllo dei provvedimenti concernenti l’ambiente;
• registrare, collezionare, valutare e diffondere dati sullo stato dell’ambiente;
• contribuire ad assicurare la comparabilità dei dati ambientali a livello europeo;
• stimolare lo sviluppo e l’integrazione delle tecniche di previsione ambientale;
• assicurare un’ampia diffusione di informazioni ambientali affidabili.
Le informazioni fornite dall’AEA riguardano:
• la qualità dell’aria;
• la qualità dell’acqua;
• lo stato dei suoli, della fauna e della flora;
• l’utilizzazione del suolo e le risorse naturali;
• la gestione dei rifiuti;
• le emissioni sonore;
• le sostanze chimiche;
• la protezione del litorale e del mare.
La rete Eionet comprende i principali elementi delle reti nazionali d’informazione, i punti focali nazionali e i cinque centri tematici europei (CTE). Le attività dei centri coprono i seguenti settori:
• l’acqua,
• l’aria e il cambiamento climatico,
• la protezione della natura e la biodiversità,
• i flussi di rifiuti e di materiali, e
• l’ambiente terrestre.
L’AEA comprende attualmente 32 paesi membri, ovvero i 27 Stati membri dell'UE e l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Svizzera e la Turchia.
Il consiglio di amministrazione dell’Agenzia è composto da un rappresentante di ciascun paese membro, due rappresentanti della DG Ambiente e della DG Ricerca della Commissione europea e due esperti scientifici designati dal Parlamento europeo. Il consiglio di amministrazione ha il compito di adottare i programmi di lavoro dell’Agenzia, nominare il direttore esecutivo e designare i membri del comitato scientifico. Quest’ultimo funge da organo consultivo sulle questioni scientifiche per il consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo.
Il direttore esecutivo è responsabile di fronte al consiglio di amministrazione dell’attuazione dei programmi di lavoro e della gestione quotidiana dell’Agenzia.
L’Agenzia organizza le sue attività nel quadro di programmi di lavoro annuali sulla base di una strategia quinquennale e di un programma di lavoro pluriennale. L’attuale strategia copre il periodo 2009 – 2013.
L’Agenzia lavora a stretto contatto con altre istituzioni europeee ed internazionali, segnatamente l'Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat) e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, il Programma delle Nazioni Unite sull’Ambiente (UNEP) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Contesto
L’AEA e la rete Eionet collaboreranno con la Commissione europea ed altre parti interessate per creare un sistema comune di informazioni ambientali (SEIS). A tale scopo, l’AEA sfrutterà gli strumenti e i sistemi di notifica esistenti (Reportnet), le iniziative in materia di amministrazione on line, l’Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), il programma di Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES) e il sistema mondiale dei sistemi di osservazione della Terra (GEOSS).
Il presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 1210/90.
RIFERIMENTI
Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 401/2009 10.6.2009 - GU L 126 del 21.5.2009
Tutela penale dell’ambiente
La direttiva istituisce un gruppo minimo di reati gravi contro l’ambiente e impone agli Stati membri di prevedere sanzioni penali più dissuasive per questo tipo di reati, se perpetrati intenzionalmente o causati da negligenza grave.
Atto
Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente.
Sintesi
La presente direttiva è finalizzata a imporre agli Stati membri di sanzionare penalmente alcuni comportamenti che costituiscono gravi reati contro l’ambiente. Questo livello minimo di armonizzazione permetterà di applicare con maggiore efficacia il diritto dell’ambiente, nel rispetto dell’obiettivo di tutela ambientale previsto dall’articolo 174 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE).
Comportamenti soggetti a sanzione
Gli Stati membri dovranno punire i seguenti comportamenti, intenzionali o conseguenti a una grave negligenza, che violino una normativa comunitaria nel campo della tutela ambientale:
• lo scarico illecito * di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento illeciti di rifiuti che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la spedizione illecita di rifiuti in quantità non trascurabile;
• il funzionamento illecito di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nel quale siano depositate o utilizzate sostanze o preparati pericolosi che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la produzione, il trattamento, il deposito, l’uso, il trasporto, l’esportazione o l’importazione e lo smaltimento illeciti di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• l’uccisione, la distruzione, il possesso, il prelievo o il commercio illeciti di specie animali o vegetali protette;
• il deterioramento illecito di un habitat protetto;
• il commercio o l’uso illeciti di sostanze che riducono lo strato di ozono.
Gli Stati membri provvedono inoltre affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente tali attività illecite.
Sanzioni
Le sanzioni penali dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche * possano essere dichiarate responsabili quando i reati siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virtù:
• del potere di rappresentanza della persona giuridica;
• del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o
• del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.
Tale responsabilità può essere di natura penale o amministrativa, a seconda del sistema giuridico vigente nello Stato membro in questione.
Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto abbia reso possibile la commissione di un reato a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.
Contesto
Nel 2001 la Commissione aveva adottato una proposta di direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Nel 2003 il Consiglio aveva adottato la decisione quadro 2003/80/GAI basata sulle disposizioni del trattato UE relative alla cooperazione fra gli Stati membri in materia penale. Tale decisione quadro è stata annullata nel 2005 dalla Corte di giustizia europea perché basata su un fondamento giuridico non corretto. Le misure contenute nella decisione quadro avrebbero potuto essere adottate dalla Comunità nell’ambito della sua politica di tutela dell’ambiente. La Commissione ha quindi adottato una nuova proposta il 12 febbraio 2007 che ha condotto all’adozione della presente direttiva.
Termini chiave dell’atto
• Illecito: ciò che viola gli atti legislativi comunitari o un atto legislativo, un regolamento amministrativo o una decisione di un’autorità competente di uno Stato membro nel campo della tutela ambientale.
• Persona giuridica: qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Direttiva 2008/99/CE 19.11.2008 26.12.2010 GU L 328 del 6.12.2008
Accesso all'informazione, partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale
Attraverso l'approvazione della convenzione sull' accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Århus), l'Unione europea intende sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nelle questioni ambientali, nonché migliorare l'applicazione della legislazione sull'ambiente.
Atto
Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico al processo decisionale e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.
Sintesi
Con questa decisione, la convenzione di Århus (firmata dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri nel 1998) è stata approvata a nome della Comunità.
La convenzione, in vigore dal 30 ottobre 2001, parte dall'idea che un maggiore coinvolgimento e una più forte sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei problemi di tipo ambientale conduca ad un miglioramento della protezione dell'ambiente. Essa intende contribuire a salvaguardare il diritto di ogni individuo, delle generazioni attuali e di quelle future, di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere.
Per raggiungere tale obiettivo, la convenzione propone di intervenire in tre settori:
• assicurare l'accesso del pubblico alle informazioni sull'ambiente detenute dalle autorità pubbliche;
• favorire la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente;
• estendere le condizioni per l'accesso alla giustizia in materia ambientale;
Le istituzioni comunitarie rispondono alla definizione di autorità pubblica della convenzione, allo stesso titolo delle autorità nazionali o locali.
Le parti della convenzione si impegnano ad applicare le disposizioni elencate e devono quindi:
• adottare le misure legislative, regolamentari o le altre misure necessarie;
• permettere ai funzionari e alle autorità pubbliche di fornire assistenza e orientamento ai cittadini, agevolandone l'accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia;
• promuovere l'educazione ecologica dei cittadini e aumentare la loro consapevolezza dei problemi ambientali;
• riconoscere e sostenere le associazioni, i gruppi o le organizzazioni aventi come obiettivo la protezione dell'ambiente.
• Accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale
• La convenzione prevede diritti ed obblighi precisi in materia di accesso all'informazione, concernenti in particolare i tempi di trasmissione e i motivi di cui dispongono le autorità pubbliche per rifiutare l'accesso a determinati tipi di informazione.
Il rifiuto è ammesso in tre casi:
• se l'autorità pubblica non è in possesso dell'informazione richiesta;
• se la richiesta è manifestamente abusiva o formulata in modo troppo generico;
• se la richiesta concerne documenti in corso di elaborazione.
Una richiesta di informazioni può essere inoltre respinta per salvaguardare la segretezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche, per motivi di difesa nazionale o di sicurezza pubblica, per consentire il buon funzionamento della giustizia, per tutelare la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, i diritti di proprietà intellettuale, la riservatezza dei dati personali o gli interessi di terzi che abbiano fornito spontaneamente le informazioni. Tali motivi di diniego devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico che potrebbe essere intaccato dalla divulgazione delle informazioni.
La decisione di diniego deve essere accompagnata dalle relative motivazioni indicando i mezzi di ricorso a disposizione del richiedente.
Le autorità pubbliche devono mantenere aggiornate le informazioni in loro possesso e a tale scopo devono tenere elenchi, registri e schedari accessibili al pubblico. Deve essere favorita l'utilizzazione di basi di dati elettroniche, comprendenti le relazioni sulla situazione dell'ambiente, la legislazione, i piani o le politiche nazionali, le convenzioni internazionali.
Partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientale
Il secondo aspetto della convenzione riguarda la partecipazione del pubblico al processo decisionale. Tale partecipazione deve essere assicurata attraverso la procedura di autorizzazione di determinate attività specifiche (principalmente attività di tipo industriale) elencate nell'allegato I della convenzione. Il risultato della partecipazione del pubblico deve essere debitamente preso in considerazione nella decisione finale di autorizzazione dell'attività in questione.
Il pubblico viene informato, fin dalla fase iniziale del processo decisionale, sui seguenti elementi:
• l'oggetto in merito al quale la decisione deve essere presa;
• la natura della decisione da adottare;
• l'autorità competente;
• la procedura prevista, ivi compresi i dettagli pratici relativi alla procedura di consultazione;
• la procedura di valutazione dell'impatto ambientale (se prevista).
I tempi previsti per la procedura devono permettere una reale partecipazione del pubblico.
E' stata istituita una procedura più snella per l'elaborazione di piani e programmi relativi all'ambiente.
La convenzione invita inoltre le parti a favorire la partecipazione del pubblico all'elaborazione delle politiche in materia ambientale, nonché delle norme e della legislazione che possono avere effetti significativi sull'ambiente.
Accesso alla giustizia in materia ambientale
In materia di accesso alla giustizia, i cittadini potranno ricorrere alla giustizia in condizioni adeguate, nel quadro della legislazione nazionale, qualora essi ritengano violati i propri diritti in materia di accesso all'informazione (richiesta di informazione non presa in considerazione, respinta abusivamente o presa in considerazione in modo insufficiente).
L'accesso alla giustizia è garantito anche nel caso di violazione della procedura di partecipazione prevista dalla convenzione. Inoltre l'accesso alla giustizia è ammesso per la composizione delle controversie relative ad azioni o ad omissioni di privati o di autorità pubbliche che infrangono le disposizioni legislative ambientali nazionali.
Recepimento della convenzione di Århus nell'ordinamento comunitario
La Comunità si è impegnata ad adottare i provvedimenti necessari per assicurare un'applicazione effettiva della convenzione. In effetti, il primo pilastro della convenzione, che fa riferimento all' accesso al pubblico delle informazioni, ha trovato attuazione, a livello comunitario, nella direttiva 2003//4/CE relativa all' accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale. Il secondo pilastro, che riguarda la partecipazione del pubblico alle procedure ambientali, è stato recepito dalla direttiva 2003/35/CE. Una proposta di direttiva, pubblicata nell'ottobre 2003, dovrebbe recepire il terzo pilastro, diretto a garantire l' accesso del pubblico alla giustizia in materia ambientale. Inoltre, un regolamento, adottato nel 2006, mira a garantire l'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni e dei principi della convenzione.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Decisione 2005/370/CE 17.05.2005 - GU L 124 del 17.04.2005
Atti Collegati
Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome della Comunità europea per quanto riguarda l'interpretazione dell'articolo 14 della convenzione di Århus [COM/2008/174 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Decisione 2006/957/CE del Consiglio, del 18.12.2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, di un emendamento alla convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale [Gazzetta ufficiale L386 del 29.12.2006].
La modifica in questione estende la partecipazione del pubblico alle decisioni riguardanti la diffusione volontaria degli OGM nell'ambiente. A livello comunitario, questa esigenza è già soddisfatta da alcune disposizioni contenute nella direttiva 2001/18/CE relativa all'introduzione deliberata di OGM nell'ambiente e nel regolamento (CE) n. 1829/2003 () riguardante i prodotti alimentari e i mangimi per animali geneticamente modificati.
Tesina di Mej-Li - Concetto di Cittadinanza
CONCETTO DI CITTADINANZA
Dalla realizzazione dell’Unità d’Italia sino alla Costituzione repubblica, il concetto giuridico di “cittadinanza”ha giocato un ruolo importantissimo nella definizione dei rapporti tra cittadino e Stato e nell’allargamento dei diritti civili, politici e sociali degli individui.
Il principio di nazionalità, su cui ancora oggi si fonda il concetto di “cittadinanza nazionale”, conduce ad una ambiguità di fondo, operando, nella legislazione e nella cultura giuridica, “una sostanziale equiparazione del concetto di cittadinanza con quello di nazionalità, attraverso la riduzione della prima alla seconda”, rendendo così più difficile “percepire la ricchezza concettuale che da sempre il termine cittadinanza si porta dietro”.
L’elemento costitutivo della nazione consiste nella “coscienza della nazionalità”, cioè nel “sentimento che ella acquista di sé medesima”, senza la quale gli altri elementi, di natura naturalistica, sarebbero solo “inerte materia”.
Gli italiani, prendendo coscienza della propria nazionalità italiana, dell’identità nazionale, riconoscendosi reciprocamente come parte di una stessa comunità, avevano tutto il diritto di combattere per realizzare la nazione di cui sentivano l’esistenza, aldilà di una semplice comunanza etnica o linguistica. E’, dunque, per dirla in altri termini, il diritto di una “Nazione” di diventare uno “Stato”. Quest’ultimo non sarebbe altro che l’espressione istituzionale della prima, venendo a coincidere territorialmente con essa.
Ad ogni nazione, dunque, dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla indipendenza dalle altre e di organizzarsi internamente. Il principio di nazionalità diventa perciò “lo strumento di giustificazione della sovranità statale e la base del suo riconoscimento da parte degli altri Stati”. Ma è allo stesso tempo “la radice e il fondamento del rapporto tra cittadino e autorità”. Si è cittadini di una nazione e, quindi, “si appartiene a uno Stato e si è soggetti alla sua autorità”.
In Italia la cittadinanza è intesa come lo “status” giuridico del cittadino riconosciuto dall’ordinamento giuridico. E’, dunque, cittadino colui che è riconosciuto dalla legge nazionale come “appartenente allo Stato”. Di conseguenza a lui sono riconosciuti tutta una serie di diritti e doveri stabiliti innanzitutto dalla Costituzione.
E’ così lo Stato stesso che identifica i propri cittadini, stabilisce, con legge, le regole per l’acquisto e la perdita della cittadinanza, individua le conseguenze giuridiche di tale status. La cittadinanza diventa perciò un’attribuzione di diritto positivo che divide i presenti sul territorio in cittadini e stranieri.
Tutto questo comporta:
a) l’impossibilità di prescindere dalle singole legislazioni degli Stati quando si vuol parlare di cittadinanza;
b) la storicizzazione del concetto utilizzato nelle varie fasi storiche diversamente per allargare o restringere il godimento di determinati diritti e doveri;
c) la maggiore o minore considerazione data a determinati elementi costitutivi dello status.
Ciò che ne viene fuori è l’assoluta relatività del contenuto della cittadinanza: non interessa cosa è ma la sua disciplina positiva, il suo modo di acquisto, le sue conseguenze giuridiche.
Ad una diversa conclusione si arriva considerando, seppur brevemente, il cammino storico del concetto, da quello collegato alla “Polis” greca a quello ancorato alla “Civitas” romana, espressione di appartenenza alla comunità politica e fonte di particolari prerogative oltre che di doveri contributivi e militari. Sarà poi la filosofia illuminista e la Rivoluzione francese a riprendere, dopo il Medioevo e l’assolutismo monarchico, quei concetti. Il cittadino è tale perché appartenente al nuovo Stato rivoluzionario, condividendone gli alti ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.
Una cittadinanza, quella della Francia rivoluzionaria, obbligatoriamente “generale”, in quanto estesa a tutti, e “astratta”, riconosciuta al di là della appartenenza a ceti o ad altri gruppi sociali. E’, inoltre, non solo verticale (rapporto individuo-Stato), ma anche orizzontale (rapporto cittadini-cittadino). Una nozione, questa, fortemente “politica” che qualifica il particolare ruolo del cittadino nello Stato, fonte di diritti e doveri, in contrapposizione a quello che era “l’ancien régime” con i suoi privilegi e vincoli feudali. Gli individui sono ormai uguali in quanto cittadini ed hanno il diritto di essere rappresentati politicamente in una Assemblea Nazionale.
Nella fase giacobina della Rivoluzione questa visione “sostanzialista e politica” del concetto di cittadinanza si allarga ancor di più: la cittadinanza è l’identità collettiva della comunità politica, cittadini possono essere tutti ma lo sono solo coloro che hanno questo spirito, chi condivide gli scopi dello Stato e i suoi valori. Al contrario, coloro che non accettano tutto questo sono i controrivoluzionari, i nemici interni della Patria che devono essere esclusi dalla cittadinanza e, se del caso, messi in condizione di non nuocere.
Qui, dunque, la cittadinanza sembra avere un suo contenuto, una sua sostanza politica, in contrapposizione alla precedente configurazione formalistica del diritto positivo.
La cittadinanza non è altro, che lo strumento per differenziare gli appartenenti ad una nazione, cioè la “nazionalità”. Essa non ha più alcun collegamento con il godimento dei diritti politici, a tal punto che l’essere cittadini connota solo un rapporto verticale, cittadino-Stato, per cui non tutti i cittadini hanno la pienezza del godimento dei diritti politici. Pensiamo al suffragio che, in quest’epoca, è limitato soltanto ad alcune categorie di cittadini: tutti, in quanto cittadini, sono soggetti all’autorità statale ma non tutti possono votare né essere eletti o accedere agli incarichi pubblici.
Le ragioni, per così dire, sociologiche di tale approdo devono essere individuate nell’ascesa della borghesia, come nuova classe sociale su cui ogni Regime fonderà il proprio sostegno, una classe che, uscita dalla Rivoluzione, chiede, insieme al riconoscimento del proprio ruolo, anche la esclusione dalla partecipazione politica degli altri ceti, considerati subalterni.
Compito dello Stato è garantire i diritti borghesi e solo quelli, rompendosi il legame tra cittadinanza e pienezza dei diritti politici, tra cittadinanza e partecipazione politica. Ciò che accomuna i cittadini, dunque, non è più il condividere gli obiettivi statali ma l’appartenenza alla nazione, caratterizzando un rapporto verticale con l’autorità statale e, quindi, l’eguaglianza solo formale di fronte alla legge.
E’ nato lo Stato liberale ottocentesco, garante delle c.d. “libertà negative”, lontano da ogni ingerenza nei rapporti sociali, difensore dell’equilibrio borghese. Così, infatti, recitava l’art 24 dello Statuto Albertino: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”.
Il cittadino è “il regnicolo”, cioè “il suddito”, colui che è soggetto all’autorità del Re, dello Stato. Gode dei diritti civili e politici ma con le eccezioni, piuttosto ampie, ammesse dalla legge.
E’, dunque, alla legge che è affidato il compito di regolare la cittadinanza. Rotto il legame tra cittadinanza e diritti politici, essa non ha più alcun rilievo costituzionale come era nella Rivoluzione francese e, quindi, la sua disciplina viene demandata alla legge ordinaria, cioè al codice civile.
Ma il fatto singolare è che tale identificazione tra cittadinanza e nazionalità, tipica degli ordinamenti giuridici ottocenteschi, è rimasta anche oggi nelle moderne Costituzioni dove, ad una nuova visione del rapporto tra Stato e cittadino, non è corrisposta il ribaltamento concettuale di tali due termini.
In altre parole, se oggi i diritti politici, civili e sociali hanno avuto ampia estensione anche nella nostra Costituzione, di pari passo non si è avuta una nuova elaborazione del concetto di cittadinanza che, almeno giuridicamente, è rimasta ancorata ai confini nazionali dello Stato, l’unico che ne stabilisce i modi di acquisizione e la disciplina. Nonostante una maggiore connotazione politica del termine la legge ha continuato ad esprimere una impostazione formalistica, aliena ed avulsa dalla ricerca di una visione più ontologica e contenutistica.
Diventa allora necessario accedere ad una impostazione evolutiva del concetto giuridico di cittadinanza, superando la visione troppo formalistica qui evidenziata. Tale metodologia è stimolata dalle novità della normativa europea che sembra, in qualche modo, incrinare il monolitismo della concezione delineata.
L’art 8, comma 1, del Trattato di Maastrich del 1992, infatti, istituì la “cittadinanza dell’Unione”, stabilendo che è cittadino dell’Unione Europea “chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”.
Ma le novità maggiori, ai fini del nostro discorso, sono evidenziati dall’art. 8 B, comma 1, il quale così recita: “ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”. In tal modo veniva rotto, seppur limitatamente alle elezioni locali, il collegamento nazionalità-cittadinanza-diritto di voto, rinfocolando il dibattito giuridico sulla divisione del concetto di appartenenza nazionale da quello di partecipazione politica.
Il concetto di “cittadinanza” sembrerebbe riempirsi, così, di contenuti tipicamente politici, caratterizzanti l’appartenenza anche non formale ad una comunità. Si potrebbe quasi parlare di una “cittadinanza locale” distinta da quella nazionale, con alcune prerogative specifiche come il diritto di voto. Insomma, per dirla in altre parole, tale tipo di cittadinanza attribuirebbe dei diritti sulla base del vivere in una certa comunità, pur avendo un’altra nazionalità.
Questo nuovo approccio alla questione della cittadinanza è confermato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 il quale ha stabilito che “la cittadinanza dell’Unione completa la cittadinanza nazionale, e non la sostituisce”, riconoscendo, implicitamente, l’insufficienza di quella nazionale, bisognosa di essere completata anche “dalla sfera di imputazioni soggettive attinenti ai rapporti tra il singolo e l’Unione”.
La cittadinanza, nella visione europea, trova ulteriori specificazioni nel Trattato costituzionale, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, nel quale vengono previsti alcuni dei diritti che la compongono. Il Titolo V della Parte II è, infatti, intestato proprio alla cittadinanza, pur trattandosi, di una semplice trasposizione del Capo V della Carta di Nizza del 2001.
In definitiva, spetterebbero ai “cittadini europei”: i diritti di elettorato attivo e passivo nelle elezioni del Parlamento Europeo (art. II-99) e del Comune di residenza (art. II-100), il diritto alla libertà di circolazione e soggiorno il quale, peraltro, può anche essere accordato ai cittadini di Paesi terzi con residenza legale nel territorio di uno Stato membro (art. 105), il diritto alla tutela diplomatica e consolare da parte di qualsiasi Stato membro negli Stati terzi dove lo Stato di cui si sia cittadini sia privo di rappresentanza (art. II-106). Ad ogni cittadino (ma anche ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro) sono riconosciuti i diritti di accesso ai documenti (art. II-102), di rivolgersi al mediatore europeo nei casi di cattiva amministrazione (art. II-103) e di presentare petizioni al Parlamento europeo (art. II-104).
Da ultimo, il 4 agosto 2006 il Consiglio dei Ministri approvava, su proposta del Ministro dell’Interno, un Disegno di Legge, con l’intento di aggiornare la normativa italiana sulla cittadinanza contenuta nella Legge n. 91/1992 dopo la direttiva europea 2003/109/CE istitutiva del “permesso di soggiorno CE”. Il provvedimento governativo proposto nella scorsa Legislatura, prendendo in considerazione le varie situazioni che contraddistinguevano la presenza degli stranieri in Italia, intendeva stabilire la possibilità di acquisire la cittadinanza da parte di chi era nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui uno almeno fosse legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, oltre che in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Anche se quest’ultima iniziativa restava nell’alveo della impostazione tradizionale, è indubbio che qualcosa si sta muovendo all’interno del dibattito politico e giuridico.
Si sta, dunque, andando verso un progressivo abbandono del concetto unitario e monolitico della cittadinanza nazionale, aprendo almeno a tutti coloro che risiedono in una certa comunità il godimento di diritti che, sino a poco tempo prima, era impossibile attribuire, con l’obiettivo di una maggiore integrazione nel tessuto sociale.
La stessa integrazione politica sovranazionale è la dimostrazione del superamento “di quella esclusività e del correlato sentimento collettivo di appartenenza esclusiva che hanno costituito nel loro complesso carattere tipico del concetto di cittadinanza”, rendendo “claudicante” il controllo degli Stati sul contenuto della cittadinanza e dei diritti, sentenziando l’esaurimento della “dimensione statalistica” della cittadinanza: così se già la doppia cittadinanza costituiva “un dato spurio e di difficile configurazione”, la “cittadinanza duale” dell’Unione Europea, impietosamente, rivela come i “segni del tempo” marchino il concetto tradizionale della cittadinanza elaborato dalla dottrina dello Stato.
Dalla realizzazione dell’Unità d’Italia sino alla Costituzione repubblica, il concetto giuridico di “cittadinanza”ha giocato un ruolo importantissimo nella definizione dei rapporti tra cittadino e Stato e nell’allargamento dei diritti civili, politici e sociali degli individui.
Il principio di nazionalità, su cui ancora oggi si fonda il concetto di “cittadinanza nazionale”, conduce ad una ambiguità di fondo, operando, nella legislazione e nella cultura giuridica, “una sostanziale equiparazione del concetto di cittadinanza con quello di nazionalità, attraverso la riduzione della prima alla seconda”, rendendo così più difficile “percepire la ricchezza concettuale che da sempre il termine cittadinanza si porta dietro”.
L’elemento costitutivo della nazione consiste nella “coscienza della nazionalità”, cioè nel “sentimento che ella acquista di sé medesima”, senza la quale gli altri elementi, di natura naturalistica, sarebbero solo “inerte materia”.
Gli italiani, prendendo coscienza della propria nazionalità italiana, dell’identità nazionale, riconoscendosi reciprocamente come parte di una stessa comunità, avevano tutto il diritto di combattere per realizzare la nazione di cui sentivano l’esistenza, aldilà di una semplice comunanza etnica o linguistica. E’, dunque, per dirla in altri termini, il diritto di una “Nazione” di diventare uno “Stato”. Quest’ultimo non sarebbe altro che l’espressione istituzionale della prima, venendo a coincidere territorialmente con essa.
Ad ogni nazione, dunque, dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla indipendenza dalle altre e di organizzarsi internamente. Il principio di nazionalità diventa perciò “lo strumento di giustificazione della sovranità statale e la base del suo riconoscimento da parte degli altri Stati”. Ma è allo stesso tempo “la radice e il fondamento del rapporto tra cittadino e autorità”. Si è cittadini di una nazione e, quindi, “si appartiene a uno Stato e si è soggetti alla sua autorità”.
In Italia la cittadinanza è intesa come lo “status” giuridico del cittadino riconosciuto dall’ordinamento giuridico. E’, dunque, cittadino colui che è riconosciuto dalla legge nazionale come “appartenente allo Stato”. Di conseguenza a lui sono riconosciuti tutta una serie di diritti e doveri stabiliti innanzitutto dalla Costituzione.
E’ così lo Stato stesso che identifica i propri cittadini, stabilisce, con legge, le regole per l’acquisto e la perdita della cittadinanza, individua le conseguenze giuridiche di tale status. La cittadinanza diventa perciò un’attribuzione di diritto positivo che divide i presenti sul territorio in cittadini e stranieri.
Tutto questo comporta:
a) l’impossibilità di prescindere dalle singole legislazioni degli Stati quando si vuol parlare di cittadinanza;
b) la storicizzazione del concetto utilizzato nelle varie fasi storiche diversamente per allargare o restringere il godimento di determinati diritti e doveri;
c) la maggiore o minore considerazione data a determinati elementi costitutivi dello status.
Ciò che ne viene fuori è l’assoluta relatività del contenuto della cittadinanza: non interessa cosa è ma la sua disciplina positiva, il suo modo di acquisto, le sue conseguenze giuridiche.
Ad una diversa conclusione si arriva considerando, seppur brevemente, il cammino storico del concetto, da quello collegato alla “Polis” greca a quello ancorato alla “Civitas” romana, espressione di appartenenza alla comunità politica e fonte di particolari prerogative oltre che di doveri contributivi e militari. Sarà poi la filosofia illuminista e la Rivoluzione francese a riprendere, dopo il Medioevo e l’assolutismo monarchico, quei concetti. Il cittadino è tale perché appartenente al nuovo Stato rivoluzionario, condividendone gli alti ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.
Una cittadinanza, quella della Francia rivoluzionaria, obbligatoriamente “generale”, in quanto estesa a tutti, e “astratta”, riconosciuta al di là della appartenenza a ceti o ad altri gruppi sociali. E’, inoltre, non solo verticale (rapporto individuo-Stato), ma anche orizzontale (rapporto cittadini-cittadino). Una nozione, questa, fortemente “politica” che qualifica il particolare ruolo del cittadino nello Stato, fonte di diritti e doveri, in contrapposizione a quello che era “l’ancien régime” con i suoi privilegi e vincoli feudali. Gli individui sono ormai uguali in quanto cittadini ed hanno il diritto di essere rappresentati politicamente in una Assemblea Nazionale.
Nella fase giacobina della Rivoluzione questa visione “sostanzialista e politica” del concetto di cittadinanza si allarga ancor di più: la cittadinanza è l’identità collettiva della comunità politica, cittadini possono essere tutti ma lo sono solo coloro che hanno questo spirito, chi condivide gli scopi dello Stato e i suoi valori. Al contrario, coloro che non accettano tutto questo sono i controrivoluzionari, i nemici interni della Patria che devono essere esclusi dalla cittadinanza e, se del caso, messi in condizione di non nuocere.
Qui, dunque, la cittadinanza sembra avere un suo contenuto, una sua sostanza politica, in contrapposizione alla precedente configurazione formalistica del diritto positivo.
La cittadinanza non è altro, che lo strumento per differenziare gli appartenenti ad una nazione, cioè la “nazionalità”. Essa non ha più alcun collegamento con il godimento dei diritti politici, a tal punto che l’essere cittadini connota solo un rapporto verticale, cittadino-Stato, per cui non tutti i cittadini hanno la pienezza del godimento dei diritti politici. Pensiamo al suffragio che, in quest’epoca, è limitato soltanto ad alcune categorie di cittadini: tutti, in quanto cittadini, sono soggetti all’autorità statale ma non tutti possono votare né essere eletti o accedere agli incarichi pubblici.
Le ragioni, per così dire, sociologiche di tale approdo devono essere individuate nell’ascesa della borghesia, come nuova classe sociale su cui ogni Regime fonderà il proprio sostegno, una classe che, uscita dalla Rivoluzione, chiede, insieme al riconoscimento del proprio ruolo, anche la esclusione dalla partecipazione politica degli altri ceti, considerati subalterni.
Compito dello Stato è garantire i diritti borghesi e solo quelli, rompendosi il legame tra cittadinanza e pienezza dei diritti politici, tra cittadinanza e partecipazione politica. Ciò che accomuna i cittadini, dunque, non è più il condividere gli obiettivi statali ma l’appartenenza alla nazione, caratterizzando un rapporto verticale con l’autorità statale e, quindi, l’eguaglianza solo formale di fronte alla legge.
E’ nato lo Stato liberale ottocentesco, garante delle c.d. “libertà negative”, lontano da ogni ingerenza nei rapporti sociali, difensore dell’equilibrio borghese. Così, infatti, recitava l’art 24 dello Statuto Albertino: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”.
Il cittadino è “il regnicolo”, cioè “il suddito”, colui che è soggetto all’autorità del Re, dello Stato. Gode dei diritti civili e politici ma con le eccezioni, piuttosto ampie, ammesse dalla legge.
E’, dunque, alla legge che è affidato il compito di regolare la cittadinanza. Rotto il legame tra cittadinanza e diritti politici, essa non ha più alcun rilievo costituzionale come era nella Rivoluzione francese e, quindi, la sua disciplina viene demandata alla legge ordinaria, cioè al codice civile.
Ma il fatto singolare è che tale identificazione tra cittadinanza e nazionalità, tipica degli ordinamenti giuridici ottocenteschi, è rimasta anche oggi nelle moderne Costituzioni dove, ad una nuova visione del rapporto tra Stato e cittadino, non è corrisposta il ribaltamento concettuale di tali due termini.
In altre parole, se oggi i diritti politici, civili e sociali hanno avuto ampia estensione anche nella nostra Costituzione, di pari passo non si è avuta una nuova elaborazione del concetto di cittadinanza che, almeno giuridicamente, è rimasta ancorata ai confini nazionali dello Stato, l’unico che ne stabilisce i modi di acquisizione e la disciplina. Nonostante una maggiore connotazione politica del termine la legge ha continuato ad esprimere una impostazione formalistica, aliena ed avulsa dalla ricerca di una visione più ontologica e contenutistica.
Diventa allora necessario accedere ad una impostazione evolutiva del concetto giuridico di cittadinanza, superando la visione troppo formalistica qui evidenziata. Tale metodologia è stimolata dalle novità della normativa europea che sembra, in qualche modo, incrinare il monolitismo della concezione delineata.
L’art 8, comma 1, del Trattato di Maastrich del 1992, infatti, istituì la “cittadinanza dell’Unione”, stabilendo che è cittadino dell’Unione Europea “chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”.
Ma le novità maggiori, ai fini del nostro discorso, sono evidenziati dall’art. 8 B, comma 1, il quale così recita: “ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”. In tal modo veniva rotto, seppur limitatamente alle elezioni locali, il collegamento nazionalità-cittadinanza-diritto di voto, rinfocolando il dibattito giuridico sulla divisione del concetto di appartenenza nazionale da quello di partecipazione politica.
Il concetto di “cittadinanza” sembrerebbe riempirsi, così, di contenuti tipicamente politici, caratterizzanti l’appartenenza anche non formale ad una comunità. Si potrebbe quasi parlare di una “cittadinanza locale” distinta da quella nazionale, con alcune prerogative specifiche come il diritto di voto. Insomma, per dirla in altre parole, tale tipo di cittadinanza attribuirebbe dei diritti sulla base del vivere in una certa comunità, pur avendo un’altra nazionalità.
Questo nuovo approccio alla questione della cittadinanza è confermato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 il quale ha stabilito che “la cittadinanza dell’Unione completa la cittadinanza nazionale, e non la sostituisce”, riconoscendo, implicitamente, l’insufficienza di quella nazionale, bisognosa di essere completata anche “dalla sfera di imputazioni soggettive attinenti ai rapporti tra il singolo e l’Unione”.
La cittadinanza, nella visione europea, trova ulteriori specificazioni nel Trattato costituzionale, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, nel quale vengono previsti alcuni dei diritti che la compongono. Il Titolo V della Parte II è, infatti, intestato proprio alla cittadinanza, pur trattandosi, di una semplice trasposizione del Capo V della Carta di Nizza del 2001.
In definitiva, spetterebbero ai “cittadini europei”: i diritti di elettorato attivo e passivo nelle elezioni del Parlamento Europeo (art. II-99) e del Comune di residenza (art. II-100), il diritto alla libertà di circolazione e soggiorno il quale, peraltro, può anche essere accordato ai cittadini di Paesi terzi con residenza legale nel territorio di uno Stato membro (art. 105), il diritto alla tutela diplomatica e consolare da parte di qualsiasi Stato membro negli Stati terzi dove lo Stato di cui si sia cittadini sia privo di rappresentanza (art. II-106). Ad ogni cittadino (ma anche ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro) sono riconosciuti i diritti di accesso ai documenti (art. II-102), di rivolgersi al mediatore europeo nei casi di cattiva amministrazione (art. II-103) e di presentare petizioni al Parlamento europeo (art. II-104).
Da ultimo, il 4 agosto 2006 il Consiglio dei Ministri approvava, su proposta del Ministro dell’Interno, un Disegno di Legge, con l’intento di aggiornare la normativa italiana sulla cittadinanza contenuta nella Legge n. 91/1992 dopo la direttiva europea 2003/109/CE istitutiva del “permesso di soggiorno CE”. Il provvedimento governativo proposto nella scorsa Legislatura, prendendo in considerazione le varie situazioni che contraddistinguevano la presenza degli stranieri in Italia, intendeva stabilire la possibilità di acquisire la cittadinanza da parte di chi era nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui uno almeno fosse legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, oltre che in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Anche se quest’ultima iniziativa restava nell’alveo della impostazione tradizionale, è indubbio che qualcosa si sta muovendo all’interno del dibattito politico e giuridico.
Si sta, dunque, andando verso un progressivo abbandono del concetto unitario e monolitico della cittadinanza nazionale, aprendo almeno a tutti coloro che risiedono in una certa comunità il godimento di diritti che, sino a poco tempo prima, era impossibile attribuire, con l’obiettivo di una maggiore integrazione nel tessuto sociale.
La stessa integrazione politica sovranazionale è la dimostrazione del superamento “di quella esclusività e del correlato sentimento collettivo di appartenenza esclusiva che hanno costituito nel loro complesso carattere tipico del concetto di cittadinanza”, rendendo “claudicante” il controllo degli Stati sul contenuto della cittadinanza e dei diritti, sentenziando l’esaurimento della “dimensione statalistica” della cittadinanza: così se già la doppia cittadinanza costituiva “un dato spurio e di difficile configurazione”, la “cittadinanza duale” dell’Unione Europea, impietosamente, rivela come i “segni del tempo” marchino il concetto tradizionale della cittadinanza elaborato dalla dottrina dello Stato.
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