Contro il neopuritanesimo ipocrita - [ Il Foglio.it › La giornata ]
Guardatevi la Manifestazione e parliamone.....
Blog del seminario tenuto dalla dr.ssa Daniela De Giorgi, cattedra di: Sociologia corso avanzato - Prof. Paolo De Nardis - alla Sapienza di Roma(facoltà di Sociologia)
lunedì 14 febbraio 2011
sabato 12 febbraio 2011
Giù le mani dalle donne!
Giu’ le mani dalle Donne!!
Quello che in questi giorni sta accadendo costringe anche chi volentieri se ne starebbe lontano dall’agone politico come me, a parlare, a scrivere sulla penosa strumentalizzazione che sta avvenendo ancora una volta sulle nostre teste .
Donne, perchè non affermiamo –Rispetto per tutte noi-? Perché diamo il fianco a questo tentativo di dividerci, di separare questo nostro genere già tanto vilipeso, usato, frantumato e negato ?
Veniamo ai fatti. Come possiamo disconoscere una situazione attuale di reale difficoltà nei rapporti di genere? Come non sentirsi costernate davanti alla volgarità, all’uso mercificante dell’essere umano, all’assenza del rispetto per il sé e il mancato riconoscimento dell’altro. Certo ,questo è il segno dei tempi . Queste sono le risultanze di processi di trasformazione complessi, indicatori di difficoltà che il genere umano sta attraversando in tutto il mondo occidentale e forse in tutto il globo. Già, perché in forme diverse e secondo percorsi evolutivi - ognuno particolare- è fuor di dubbio che la globalizzazione sta mietendo favori e dolori in tutto il globo. Le famose trasmissioni televisive tanto citate sono format venduti in tutto il mondo,le immagini pubblicitarie , la cultura e l’informazione in questo villaggio globale è indifferenziata e chiudere le porte, non essere coinvolti è impossibile, non si riesce a gestire a controllare. Internet diventa fautore di scandali, di rivoluzioni , ma anche di informazione ,di cultura, di connessione, di non separazione. Un ‘istituto come quello della famiglia ridotto a numeri sempre più esigui, la positività progettuale del mettere al mondo figli ridotta allo zero statistico,paura di amare, i sentimenti sempre più confusi e repressi, sessualità e pornografia usate come panacea del divertimento, del dio piacere. Sospetto ed uso dell’altro al posto di accoglienza e solidarietà, illusioni materiali in nome del dio danaro che indicano povertà spirituale e vuoto emotivo. Tanti sono stati i segnali e gli appelli a cambiare. Ma cambiamento è anche questo e bisogna imparare ad usarlo. Possiamo continuare a lungo ad elencare difficoltà, tutto ciò ci riguarda come donne , come esseri umani , ma stiamo bene attenti, non ci caratterizza in quanto genere. Non siamo noi donne buone o cattive, morali o immorali, Marie o Maddalene, sante o streghe da bruciare! Non siamo stupide vittime dell’orco, l’orco se non c’è a volte lo cerchiamo per scelta.
Dopo battaglie, percorsi colmi di sofferenze e crescite, dopo avanzamenti e retrocessioni su tutti i fronti dal politico al privato, questa è la nostra storia , la storia delle donne. Avanziamo a fatica verso una crescita a volte contraddittoria. Non rinneghiamo le urla del passato 1970 quando rivendicavamo la proprietà del nostro corpo, la proprietà e la discrezione nell’uso dei nostri organi sessuali. Ora le nostre figlie e le nostre nipoti a propria discrezione , come da nostra rivendicazione ottenuto, usano come vogliono la loro discrezionalità. Uso giusto, sbagliato ? Abbiamo il diritto di giudicarle, proprio noi ? Direi di no, perché se lo facessimo saremo qui a dichiarare che sono giovani irresponsabili e quindi vanno tutelate, “coperte. “ Dovremmo negarne la libertà e saremmo ad un passo dai roghi dell’Inquisizione e , quello che più mi preoccupa, saremmo ad un passo dal burca ideologico. Quello che possiamo fare è non giudicare ma parlare, dialogare, insegnare in famiglia e a scuola i valori dell’amore per la propria persona, del proprio essere corpo e spirito, liberi di scegliere sempre come anche il cristianesimo insegna, proprio perché insegnando l’amore per se stessi si insegna l’amore per l’altro. “ Non fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te !” E se invece seguissimo il fascino culturale del mondo orientale con la sua millenaria spiritualità e saggezza incontrando un altro essere umano dovremmo congiungere le mani e inchinandoci salutarlo dicendo” Saluto la parte divina che è in te “! Questo dovremmo fare.
Lasciamo cantare dal cielo Fabrizio De Andrè ..che la sua dolce “ Bocca di rosa” invada queste piazze e care signore, donne italiane, lasciate le fila delle “comari del paese!” .
Le strumentalizzazioni politiche non potevano tessere tela più spregevole. Se volete un governo diverso e credete nella democrazia , fate in modo, se ci riuscite, di vincere le elezioni.
Nel frattempo Giù le mani dalle donne!! Abbiamo imparato a difenderci da sole!
Dr. Daniela de giorgi .
Quello che in questi giorni sta accadendo costringe anche chi volentieri se ne starebbe lontano dall’agone politico come me, a parlare, a scrivere sulla penosa strumentalizzazione che sta avvenendo ancora una volta sulle nostre teste .
Donne, perchè non affermiamo –Rispetto per tutte noi-? Perché diamo il fianco a questo tentativo di dividerci, di separare questo nostro genere già tanto vilipeso, usato, frantumato e negato ?
Veniamo ai fatti. Come possiamo disconoscere una situazione attuale di reale difficoltà nei rapporti di genere? Come non sentirsi costernate davanti alla volgarità, all’uso mercificante dell’essere umano, all’assenza del rispetto per il sé e il mancato riconoscimento dell’altro. Certo ,questo è il segno dei tempi . Queste sono le risultanze di processi di trasformazione complessi, indicatori di difficoltà che il genere umano sta attraversando in tutto il mondo occidentale e forse in tutto il globo. Già, perché in forme diverse e secondo percorsi evolutivi - ognuno particolare- è fuor di dubbio che la globalizzazione sta mietendo favori e dolori in tutto il globo. Le famose trasmissioni televisive tanto citate sono format venduti in tutto il mondo,le immagini pubblicitarie , la cultura e l’informazione in questo villaggio globale è indifferenziata e chiudere le porte, non essere coinvolti è impossibile, non si riesce a gestire a controllare. Internet diventa fautore di scandali, di rivoluzioni , ma anche di informazione ,di cultura, di connessione, di non separazione. Un ‘istituto come quello della famiglia ridotto a numeri sempre più esigui, la positività progettuale del mettere al mondo figli ridotta allo zero statistico,paura di amare, i sentimenti sempre più confusi e repressi, sessualità e pornografia usate come panacea del divertimento, del dio piacere. Sospetto ed uso dell’altro al posto di accoglienza e solidarietà, illusioni materiali in nome del dio danaro che indicano povertà spirituale e vuoto emotivo. Tanti sono stati i segnali e gli appelli a cambiare. Ma cambiamento è anche questo e bisogna imparare ad usarlo. Possiamo continuare a lungo ad elencare difficoltà, tutto ciò ci riguarda come donne , come esseri umani , ma stiamo bene attenti, non ci caratterizza in quanto genere. Non siamo noi donne buone o cattive, morali o immorali, Marie o Maddalene, sante o streghe da bruciare! Non siamo stupide vittime dell’orco, l’orco se non c’è a volte lo cerchiamo per scelta.
Dopo battaglie, percorsi colmi di sofferenze e crescite, dopo avanzamenti e retrocessioni su tutti i fronti dal politico al privato, questa è la nostra storia , la storia delle donne. Avanziamo a fatica verso una crescita a volte contraddittoria. Non rinneghiamo le urla del passato 1970 quando rivendicavamo la proprietà del nostro corpo, la proprietà e la discrezione nell’uso dei nostri organi sessuali. Ora le nostre figlie e le nostre nipoti a propria discrezione , come da nostra rivendicazione ottenuto, usano come vogliono la loro discrezionalità. Uso giusto, sbagliato ? Abbiamo il diritto di giudicarle, proprio noi ? Direi di no, perché se lo facessimo saremo qui a dichiarare che sono giovani irresponsabili e quindi vanno tutelate, “coperte. “ Dovremmo negarne la libertà e saremmo ad un passo dai roghi dell’Inquisizione e , quello che più mi preoccupa, saremmo ad un passo dal burca ideologico. Quello che possiamo fare è non giudicare ma parlare, dialogare, insegnare in famiglia e a scuola i valori dell’amore per la propria persona, del proprio essere corpo e spirito, liberi di scegliere sempre come anche il cristianesimo insegna, proprio perché insegnando l’amore per se stessi si insegna l’amore per l’altro. “ Non fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te !” E se invece seguissimo il fascino culturale del mondo orientale con la sua millenaria spiritualità e saggezza incontrando un altro essere umano dovremmo congiungere le mani e inchinandoci salutarlo dicendo” Saluto la parte divina che è in te “! Questo dovremmo fare.
Lasciamo cantare dal cielo Fabrizio De Andrè ..che la sua dolce “ Bocca di rosa” invada queste piazze e care signore, donne italiane, lasciate le fila delle “comari del paese!” .
Le strumentalizzazioni politiche non potevano tessere tela più spregevole. Se volete un governo diverso e credete nella democrazia , fate in modo, se ci riuscite, di vincere le elezioni.
Nel frattempo Giù le mani dalle donne!! Abbiamo imparato a difenderci da sole!
Dr. Daniela de giorgi .
martedì 8 febbraio 2011
Tesina di Carmela su Ambiente e Comunità Europea
Ambiente ed Unione Europea
Tutelare, preservare e migliorare il mondo intorno a noi
Nell'UE gli standard ambientali sono tra i più elevati del mondo e sono stai sviluppati nel corso dei decenni per far fronte a numerosi problemi. Le attuali priorità sono: combattere il cambiamento climatico, preservare la biodiversità, ridurre i problemi sanitari causati dall'inquinamento e attuare una gestione più responsabile delle risorse naturali. Oltre a tutelare l'ambiente, questi obiettivi aiutano la crescita economica promuovendo l'innovazione e l'imprenditorialità.
Cambiamenti climatici
Il cambiamento climatico è una delle minacce più gravi per l'umanità. L'UE sta lavorando ad un accordo globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra ed ha assunto ruolo di guida con l'adozione di piani ambiziosi. Con una decisione "storica" presa nel dicembre del 2008, i leader dell'UE hanno approvato un pacchetto globale di misure per l'abbattimento delle emissioni. L'obiettivo è ridurre di almeno il 20% i gas ad effetto serra entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990), portare la quota delle energie rinnovabili al 20% e diminuire il consumo generale di energia del 20% (rispetto alle proiezioni). Nel quadro della strategia di promozione delle fonti rinnovabili, è stato concordato che i mezzi di trasporto dorvanno essere alimentati per il 10% da biocarburanti, energia elettrica e idrogeno.
Scambio delle quote di emissione
Il sistema di scambio di quote di emissione, una pietra miliare della politica ambientale europea, premia le imprese che riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) e penalizza quelle che superano i limiti consentiti.
Introdotto nel 2005, il sistema riguarda circa 12.000 tra fabbriche e impianti responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 (la causa principale del riscaldamento globale) prodotte dall'UE.
In base al sistema, i governi nazionali fissano i limiti delle emissioni di CO2 prodotte dalle industrie ad alta intensità energetica, come le centrali elettriche e gli impianti siderurgici. Le imprese che intendono superare la quota consentita devono acquistare i diritti di emissione dalle aziende più efficienti.
In futuro il sistema sarà esteso anche ad altri settori, comprese le linee aeree e il comparto petrolchimico. I paesi UE potranno inoltre compensare le emissioni acquistando crediti da progetti di riduzione della CO2 nei paesi extra-UE.
Biodiversità
Sebbene l'UE si sia impegnata a fermare entro il 2010 l'estinzione delle specie in pericolo e la scomparsa degli habitat sul suo territorio, raggiungere tale obiettivo richiederà un grande sforzo. Le politiche e gli strumenti legislativi necessari sono già stati predisposti, ma occorre potenziarne l'applicazione su vasta scala. In particolare, l'UE intende ampliare Natura 2000, la rete di siti in cui la flora, la fauna e il loro habitat sono protetti. Natura 2000 conta già oltre 26.000 siti nell'UE.
Ambiente e salute
Inquinamento acustico, acque di balneazione, specie rare e interventi di emergenza: sono solo alcuni dei settori coperti dall'imponente corpus normativo sviluppato dall'UE nel corso dei decenni in campo ambientale. Quest'ultimo punta in primo luogo a stabilire delle norme sanitarie per le sostanze inquinanti e impone ai paesi membri di monitorare gran parte di queste sostanze e intervenire in caso di superamento delle soglie di sicurezza.
Nel 2008 l'UE ha ad esempio fissato limiti vincolanti per le emissioni di particolato, noto anche come PM2.5. Queste polveri sottili, prodotte dalle autovetture e dai camion, possono causare malattie respiratorie. La nuova normativa, che entrerà in vigore nel 2011, impone ai paesi UE di ridurre in media del 20% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2010) l'esposizione a tali polveri nelle aree urbane.
Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile figura da tempo tra gli obiettivi generali delle politiche dell'UE. Nel 2001 i leader europei hanno avviato la prima strategia di sviluppo sostenibile dell'UE, per poi aggiornarla nel 2006 alla luce delle carenze riscontrate e per far fronte ai nuovi problemi.
La nuova strategia, che è strettamente legata alla politica energetica e a quella sul cambiamento climatico, sottolinea l'importanza dell'istruzione, della ricerca e dei finanziamenti pubblici per lo sviluppo di modelli di produzione e di consumo sostenibili.
Nel frattempo è stato fatto tanto sul fronte delle politiche. Ora si tratta di metterle in pratica. Nel 2009 la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per promuovere i prodotti rispettosi dell'ambiente e l'impiego delle etichette indicanti l'efficienza energetica, come ad esempio quelle utilizzate per le lavatrici.
Disposizioni generali dell' UE
Il sesto programma d'azione per l'ambiente, adottato nel luglio 2002, definisce le priorità ambientali dell'Unione europea (UE) fino al 2010. I settori d'intervento prioritari sono quattro: cambiamenti climatici, natura e biodioversità, ambiente e salute, gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. La politica ambientale dell'UE è ispirata al principio di precauzione e al principio "chi inquina paga" e prevede numerosi strumenti - istituzionali, finanziari o di gestione – per mettere in atto una politica efficace. Un altro elemento determinante in questo ambito è la partecipazione dei cittadini.
Sesto programma di azione per l'ambiente.
L'Unione europea (UE) definisce le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2010 e oltre, e descrive in modo particolareggiato i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia in materia di sviluppo sostenibile da essa elaborata.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 24 gennaio 2001, sul Sesto programma di azione per l'ambiente della Comunità europea "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". [COM(2001) 31 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
Sintesi
Il Sesto programma comunitario di azione per l'ambiente intitolato "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta" copre il periodo compreso tra il 22 luglio 2002 e il 21 luglio 2012. Il programma si ispira al quinto programma di azione per l'ambiente ( ), che copriva il periodo 1992-2000, e alla decisione relativa al riesame di detto programma.
Un approccio strategico
La comunicazione rileva che per far fronte alle sfide ambientali odierne è necessario superare il mero approccio legislativo ed assumere un approccio strategico, che dovrà utilizzare vari strumenti e provvedimenti per influenzare il processo decisionale negli ambienti imprenditoriale, politico, dei consumatori e dei cittadini. La comunicazione propone cinque assi prioritari di azione strategica: migliorare l'applicazione della legislazione vigente, integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, collaborare con il mercato, coinvolgere i cittadini modificandone il comportamento e tener conto dell'ambiente nelle decisioni in materia di assetto e gestione territoriale. Per ciascuno di questi assi sono proposte azioni specifiche.
Per migliorare l'attuazione della legislazione vigente sono indicate le seguenti azioni specifiche:
• supporto alla rete IMPEL ed estensione della rete ai paesi candidati;
• elaborazione di relazioni sull'applicazione del diritto ambientale;
• comunicazione dei risultati migliori e peggiori dell'applicazione del diritto ambientale;
• miglioramento degli standard ispettivi ambientali;
• lotta contro il crimine ambientale;
• garantire l'attuazione facendo ricorso, se del caso, alla Corte di giustizia.
Per integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, la comunicazione propone di:
• istituire ulteriori meccanismi di integrazione;
• applicare le disposizioni del trattato sull'integrazione;
• sviluppare indicatori per controllare il processo di integrazione.
La collaborazione con il mercato potrebbe articolarsi nei seguenti punti:
• incoraggiare una più ampia adozione del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);
• incoraggiare le imprese a pubblicare relazioni sulle proprie prestazioni e a rispettare i requisiti in materia ambientale;
• istituire programmi di ricompensa per le imprese che rispettano l'ambiente;
• incoraggiare gli accordi di autoregolamentazione;
• adottare una politica integrata dei prodotti;
• promuovere l'uso e la valutazione dell'efficacia del marchio ecologico;
• promuovere una politica di appalti pubblici rispettosa dell'ambiente;
• adottare la legislazione sulla responsabilità ambientale ( ).
Per coinvolgere i cittadini e modificarne il comportamento sono proposte le seguenti azioni:
• consentire ai cittadini di confrontare e migliorare il proprio comportamento ecologico;
• migliorare l'accessibilità e la qualità delle informazioni sull'ambiente fornite ai cittadini.
Per tener conto dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio sono proposte le seguenti azioni:
• pubblicare una comunicazione sull'importanza dell'integrazione dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio;
• migliorare l'applicazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale;
• divulgare le buone prassi e promuovere gli scambi di esperienze sulla pianificazione sostenibile, compresa quella delle zone urbane;
• integrare la pianificazione sostenibile nella politica regionale comunitaria;
• promuovere le misure agroambientali in seno alla politica agricola comune;
• realizzare un partenariato per una gestione sostenibile del turismo.
Il sesto programma di azione per l'ambiente si concentra su quattro settori d'intervento prioritari: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
Il cambiamento climatico
Il Sesto programma di azione individua nel cambiamento climatico la sfida principale per i prossimi 10 anni. In tale settore l'obiettivo consiste nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello che non provochi cambiamenti artificiali del clima del pianeta.
A breve termine l'Unione europea si propone di conseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto cioè di ridurre, entro il 2008-2012, le emissioni dei gas ad effetto serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990. A più lungo termine, cioè entro il 2020, sarebbe necessaria una riduzione di tali emissioni dell'ordine del 20-40%, mediante un efficace accordo internazionale.
L'impegno della Comunità per far fronte alle sfide del cambiamento climatico assumerà diversi aspetti:
• integrare gli obiettivi del cambiamento climatico nelle varie politiche comunitarie e segnatamente nella politica energetica e in quella dei trasporti;
• ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra grazie a misure specifiche per migliorare l'efficienza energetica, sfruttare maggiormente le fonti energetiche rinnovabili, promuovere gli accordi con l'industria e risparmiare energia;
• sviluppare un regime di scambio di emissioni ( ) su scala europea;
• potenziare la ricerca nel settore del cambiamento climatico;
• fornire ai cittadini migliori informazioni in materia di cambiamento climatico;
• esaminare le sovvenzioni energetiche e la loro compatibilità con i problemi posti dal cambiamento climatico;
• preparare la società all'impatto del cambiamento climatico.
Natura e biodiversità
In tale settore l'obiettivo consiste nel proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi naturali, arrestando l'impoverimento della biodiversità sia nell'Unione europea che su scala mondiale.
Le azioni proposte per raggiungere tale obiettivo sono:
• applicare la legislazione ambientale, principalmente nei settori delle acque e dell'atmosfera;
• ampliare il campo di applicazione della direttiva Seveso II;
• coordinare a livello comunitario gli interventi degli Stati membri in caso di incidenti e catastrofi naturali;
• studiare la protezione degli animali e delle piante dalle radiazioni ionizzanti;
• tutelare, salvaguardare e ripristinare i paesaggi;
• proteggere il patrimonio boschivo e promuoverne lo sviluppo sostenibile;
• elaborare una strategia comunitaria per la protezione del suolo;
• tutelare e ripristinare l'habitat marino e il litorale ed estendere ad essi la rete Natura 2000;
• migliorare i controlli, l'etichettatura e la tracciabilità degli OGM;
• integrare la tutela della natura e della biodiversità nella politica commerciale e di cooperazione allo sviluppo;
• elaborare programmi di raccolta di dati sulla tutela della natura e la biodiversità;
• sostenere le ricerche nel settore della tutela della natura.
Ambiente e salute
L'obiettivo è pervenire a una qualità ambientale tale da non dar adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana.
La presente comunicazione propone di:
• identificare i rischi per la salute umana, soprattutto per i bambini e gli anziani, e legiferare di conseguenza;
• inserire le priorità di ambiente e salute nelle altre politiche e nelle norme sull'aria, sulle acque, sui rifiuti e sul suolo;
• potenziare la ricerca nel campo della salute e dell'ambiente;
• sviluppare un nuovo sistema di valutazione e gestione del rischio delle sostanze chimiche ( ));
• vietare o limitare l'uso dei pesticidi più pericolosi e garantire l'applicazione delle migliori pratiche di uso;
• garantire l'applicazione della legislazione sull'acqua;
• garantire l'applicazione delle norme sulla qualità dell'aria e definire una strategia sull'inquinamento atmosferico;
• adottare ed applicare la direttiva sull'inquinamento acustico.
Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti
L'obiettivo è garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell'ambiente, dissociando la crescita economica dall'uso delle risorse, migliorando l'efficienza di queste ultime e diminuendo la produzione di rifiuti. Per i rifiuti, l'obiettivo specifico è ridurre la quantità finale del 20% entro il 2010 e del 50% entro il 2050.
Le azioni da intraprendere sono:
• elaborare una strategia per la gestione sostenibile delle risorse, fissando priorità e riducendo il consumo;
• stabilire un onere fiscale sull'uso delle risorse;
• eliminare le sovvenzioni che incentivano l'uso eccessivo di risorse;
• inserire considerazioni di uso efficiente delle risorse nella politica integrata dei prodotti, nei programmi di etichettatura ecologica, nei sistemi di valutazione ambientale, ecc.;
• elaborare una strategia per il riciclo dei rifiuti;
• migliorare i sistemi vigenti di gestione dei rifiuti ed investire nella prevenzione quantitativa e qualitativa;
• integrare la prevenzione dei rifiuti nella politica integrata dei prodotti e nella strategia comunitaria sulle sostanze chimiche.
LE STRATEGIE TEMATICHE
Il programma d'azione prevede l'adozione di sette strategie tematiche relative all' inquinamento atmosferico, all' ambiente marino, all' uso sostenibile delle risorse, alla prevenzione e al riciclaggio dei rifiuti, all' uso sostenibile dei pesticidi, alla protezione del suolo e all' ambiente urbano.
Contrariamente a ciò che avveniva in passato, tali strategie sono basate su un approccio globale per tema, piuttosto che su alcuni inquinanti o tipi di attività economica. Esse fissano obiettivi a lungo termine, basati sulla valutazione dei problemi ambientali nonché sulla ricerca di una sinergia tra le diverse strategie e con gli obiettivi di crescita e occupazione previsti dalla strategia di Lisbona. Tali strategie permettono inoltre di semplificare e chiarire la legislazione in vigore.
Il contesto internazionale
L'integrazione dei temi ambientali in tutti i settori delle relazioni esterne dell'Unione europea è un obiettivo del sesto programma d'azione per l'ambiente, che tiene conto delle prospettive di ampliamento dell'Unione europea e suggerisce di condurre un'estesa consultazione delle amministrazioni dei paesi candidati sullo sviluppo sostenibile e di allacciare una stretta cooperazione con le ONG e le imprese di tali paesi. È fortemente incoraggiata l'applicazione delle convenzioni internazionali sull'ambiente.
Una base scientifica solida
Il sesto programma propone una nuova impostazione per elaborare le misure ambientali, affinché le parti interessate e il pubblico siano maggiormente impegnati nell'applicazione di queste ultime. Tale impostazione comprende un dialogo aperto e la partecipazione delle imprese, delle ONG e delle autorità pubbliche.
Il programma si fonderà maggiormente su analisi scientifiche ed economiche e su indicatori ambientali. A tal fine la Commissione lavorerà in stretta collaborazione con l'Agenzia europea dell'ambiente (EN).
Atti Collegati
Comunicazione della Commissione, del 30 aprile 2007, concernente la revisione intermedia del Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [COM (2007) 225 definitivo - Gazzetta ufficiale C 181 del 3 agosto 2007].
In occasione della revisione la Commissione ha valutato positivamente i progressi realizzati finora, segnalando però che occorre compiere ulteriori e importanti sforzi per conseguire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale. La Commissione ha proceduto alla valutazione dei quattro settori prioritari del programma di azione. Nel settore dei cambiamenti climatici, la Commissione conclude in particolare che occorre realizzare gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto e ribaditi dal Consiglio europeo del marzo 2007, sviluppare gli strumenti e le tecnologie che permettano di raggiungere i predetti obiettivi, trovare le soluzioni che consentano di coinvolgere in maniera giusta ed efficace i paesi che in base al protocollo di Kyoto non sono vincolati ad obiettivi di riduzione o che si sono ritirati dal processo, nonché preparare l'adeguamento alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici. In materia di natura e biodiversità, la Commissione sottolinea soprattutto l'importanza di completare la realizzazione della rete Natura 2000 e di estenderla, di porre fine alla deforestazione, in particolare lottando contro il commercio illegale di legno, nonché di proteggere gli ecosistemi marini contro gli effetti delle reti a strascico. Nel settore della salute, la Commissione mira ad un'attuazione effettiva delle iniziative comunitarie, tra le quali la direttiva quadro sull'acqua, il regolamento REACH, la strategia sull'inquinamento atmosferico e la proposta relativa ai pesticidi. In materia di risorse naturali e di rifiuti, la Commissione mette l'accento sulla strategia tematica per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e sulla direttiva quadro sui rifiuti.
Inoltre, la revisione stila un elenco dei miglioramenti strategici della politica ambientale, il che significa in particolare migliorare la cooperazione internazionale (promozione dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo, creazione di una "diplomazia ambientale", promozione del trasferimento di tecnologie, ecc.), applicare i principi di una migliore regolamentazione alla politica ambientale (utilizzo dei meccanismi di mercato, semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi, collaborazione con le parti interessate, ecc.), promuovere l'integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche (tra cui l'agricoltura, la ricerca, la pesca e i trasporti), nonché migliorare l'attuazione e il rispetto della normativa.
Decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [Gazzetta ufficiale L 242 del 10.9.2002].
La decisione istituisce il sesto programma comunitario di azione per l'ambiente e stabilisce gli obiettivi, le scadenze e le priorità, gli assi prioritari dell'approccio strategico e i quattro settori d'intervento descritti nella comunicazione sul sesto programma comunitario di azione per l'ambiente "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". Entro quattro anni dopo l'adozione della decisione, si dovranno attuare iniziative nel quadro di ogni settore di intervento.
La Commissione presenta relazioni di valutazione al Parlamento europeo ed al Consiglio nel corso del quarto anno di attuazione del programma e alla fine di quest'ultimo.
Riesame della politica ambientale 2008
Il riesame della politica ambientale 2008 descrive i progressi compiuti nella politica dell’Unione europea (UE) durante il 2008 e prende in esame le sfide future.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 24 giugno 2009: «Riesame della politica ambientale 2008» [COM(2009) 304 def. – Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
SINTESI
La politica ambientale è ai primi posti dell’agenda politica. Questa politica trasversale può aiutare l’UE a superare la crisi economica e finanziaria mondiale, che ha colpito il continente europeo nel 2008, e gettare le basi per una crescita a basse emissioni di carbonio che preveda un uso razionale delle risorse.
In questa comunicazione la Commissione passa in rassegna le tappe salienti della politica ambientale dell'UE nel 2008. Menziona in particolare i progressi realizzati nell'ambito dei quattro settori d'intervento prioritari del Sesto programma di azione per l'ambiente: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute, e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
La lotta ai cambiamenti climatici è stata caratterizzata nel dicembre 2008 da una serie di misure legislative che costituiscono il cosiddetto pacchetto Clima ed energia, volte a concretizzare l'impegno dell'UE a ridurre del 30% le proprie emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, se altri paesi industrializzati accetteranno di realizzare riduzioni comparabili o, se non comparabili, almeno del 20%. Tale pacchetto mira a migliorare il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (sistema ETS comunitario) inserendovi altri gas serra e settori. Include anche una proposta di direttiva volta a promuovere le energie rinnovabili e un’altra proposta riguardante l’implementazione sicura e affidabile delle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio.
Oltre al pacchetto Clima ed energia, l’UE ha adottato altri interventi per la lotta ai cambiamenti climatici, volti a ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture nuove e a migliorare la qualità della benzina e dei carburanti.
Il programma di negoziati stabilito durante la conferenza di Poznan nel dicembre 2008 dovrebbe culminare in un accordo mondiale sui cambiamenti climatici da adottare nel corso della conferenza delle Nazioni Unite sul clima prevista a Copenaghen nel dicembre 2009. Questo accordo entrerà in vigore quando cesseranno gli impegni previsti dal protocollo di Kyoto nel 2012.
Dinanzi alla perdita di biodiversità, l’UE ha proseguito i suoi sforzi in base al piano di azione comunitario che mira a contenere la riduzione della diversità biologica in prospettiva del 2010. Le principali misure adottate hanno visto lo sviluppo della rete Natura 2000 con la creazione di nuovi siti in Bulgaria e in Romania, e la lotta contro le specie estranee invasive, mediante varie opzioni strategiche fra cui la creazione di un sistema paneuropeo di allarme rapido per comunicare le specie nuove od emergenti.
Nel 2008 la Commissione ha presentato due iniziative per la protezione delle foreste mondiali che contribuiscono a limitare il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità. La prima è un regolamento che disciplina il mercato del legno e dei prodotti derivati in Europa, la seconda è una comunicazione che espone le proposte della Commissione per combattere la deforestazione tropicale.
In futuro i lavori verteranno sulla protezione delle specie vulnerabili in alto mare, nel quadro della convenzione sulla diversità biologica e della Commissione baleniera internazionale, nonché sul divieto dei prodotti derivati dalla foca che viene sterminata in violazione delle regole di benessere degli animali.
Nel settore dell’ambiente e della salute, il 2008 è segnato dall'entrata in vigore del regolamento REACH, che mira a rafforzare le norme di sicurezza in materia di sostanze chimiche prodotte o importate nell’UE. Sono state adottate altre misure sulle sostanze pericolose e sul mercurio. La direttiva relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa è entrata in vigore nel mese di giugno. La Commissione ha presentato delle iniziative per lo sviluppo di trasporti sostenibili e per ridurre le emissioni industriali.
Per il 2009, i lavori nel settore dell'ambiente e della salute si concentreranno sulla revisione della direttiva sui biocidi e sulla creazione di nuove norme per le emissioni dei veicoli onde garantire la conformità al regolamento REACH.
Relativamente alla gestione delle risorse naturali e dei rifiuti, l’azione dell’UE è stata rivolta alla protezione del ciclo dell'acqua (le acque di superficie e l'ambiente marino), allo sviluppo di un consumo e di una produzione sostenibili (la progettazione ecocompatibile e il marchio comunitario di qualità ecologica) e al miglioramento del riciclaggio dei rifiuti (la demolizione delle navi, le apparecchiature elettriche ed elettroniche e i rifiuti organici biodegradabili).
Nel 2009, l’UE prevede di adottare un sistema di verifica delle tecnologie ambientali per stimolare la fiducia degli acquirenti rispetto alle prestazioni delle nuove tecnologie ambientali.
Nel 2008, sono stati realizzati dei progressi in vista di semplificare la legislazione ambientale mediante l'attuazione di programmi destinati a migliorare l'applicazione del diritto comunitario dell'ambiente. La Commissione prevede di utilizzare un'ampia gamma di strumenti per prevenire le infrazioni, come l'uso mirato dei fondi comunitari e aiuti più accentuati in fase di preadesione per i paesi dell'allargamento.
Contesto
Questa relazione annuale di attività è un contributo al processo di Lisbona e alla strategia europea di sviluppo sostenibile, di cui l'ambiente costituisce un elemento essenziale.
Agenzia europea dell’ambiente
L'Agenzia europea dell’ambiente (AEA) è un’agenzia dell’Unione europea con sede a Copenaghen. La sua missione è fornire informazioni affidabili e indipendenti sull’ambiente. Essa rappresenta una delle principali fonti d’informazione cui ricorrono i responsabili politici per definire, adottare, attuare e valutare la politica ambientale. Attualmente, l’AEA conta 32 paesi fra i suoi membri.
Atto
Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata).
Sintesi
L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e la sua rete d’informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) sono state create nel 1990, ma le attività dell’Agenzia sono realmente iniziate nel 1994.
L’AEA è un organismo indipendente il cui obiettivo è promuovere lo sviluppo sostenibile e migliorare l’ambiente in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, i compiti dell’Agenzia sono i seguenti:
• istituire e coordinare la rete Eionet;
• fornire alla Comunità e agli Stati membri le informazioni oggettive necessarie per formulare e attuare politiche ambientali oculate ed efficaci;
• contribuire al controllo dei provvedimenti concernenti l’ambiente;
• registrare, collezionare, valutare e diffondere dati sullo stato dell’ambiente;
• contribuire ad assicurare la comparabilità dei dati ambientali a livello europeo;
• stimolare lo sviluppo e l’integrazione delle tecniche di previsione ambientale;
• assicurare un’ampia diffusione di informazioni ambientali affidabili.
Le informazioni fornite dall’AEA riguardano:
• la qualità dell’aria;
• la qualità dell’acqua;
• lo stato dei suoli, della fauna e della flora;
• l’utilizzazione del suolo e le risorse naturali;
• la gestione dei rifiuti;
• le emissioni sonore;
• le sostanze chimiche;
• la protezione del litorale e del mare.
La rete Eionet comprende i principali elementi delle reti nazionali d’informazione, i punti focali nazionali e i cinque centri tematici europei (CTE). Le attività dei centri coprono i seguenti settori:
• l’acqua,
• l’aria e il cambiamento climatico,
• la protezione della natura e la biodiversità,
• i flussi di rifiuti e di materiali, e
• l’ambiente terrestre.
L’AEA comprende attualmente 32 paesi membri, ovvero i 27 Stati membri dell'UE e l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Svizzera e la Turchia.
Il consiglio di amministrazione dell’Agenzia è composto da un rappresentante di ciascun paese membro, due rappresentanti della DG Ambiente e della DG Ricerca della Commissione europea e due esperti scientifici designati dal Parlamento europeo. Il consiglio di amministrazione ha il compito di adottare i programmi di lavoro dell’Agenzia, nominare il direttore esecutivo e designare i membri del comitato scientifico. Quest’ultimo funge da organo consultivo sulle questioni scientifiche per il consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo.
Il direttore esecutivo è responsabile di fronte al consiglio di amministrazione dell’attuazione dei programmi di lavoro e della gestione quotidiana dell’Agenzia.
L’Agenzia organizza le sue attività nel quadro di programmi di lavoro annuali sulla base di una strategia quinquennale e di un programma di lavoro pluriennale. L’attuale strategia copre il periodo 2009 – 2013.
L’Agenzia lavora a stretto contatto con altre istituzioni europeee ed internazionali, segnatamente l'Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat) e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, il Programma delle Nazioni Unite sull’Ambiente (UNEP) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Contesto
L’AEA e la rete Eionet collaboreranno con la Commissione europea ed altre parti interessate per creare un sistema comune di informazioni ambientali (SEIS). A tale scopo, l’AEA sfrutterà gli strumenti e i sistemi di notifica esistenti (Reportnet), le iniziative in materia di amministrazione on line, l’Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), il programma di Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES) e il sistema mondiale dei sistemi di osservazione della Terra (GEOSS).
Il presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 1210/90.
RIFERIMENTI
Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 401/2009 10.6.2009 - GU L 126 del 21.5.2009
Tutela penale dell’ambiente
La direttiva istituisce un gruppo minimo di reati gravi contro l’ambiente e impone agli Stati membri di prevedere sanzioni penali più dissuasive per questo tipo di reati, se perpetrati intenzionalmente o causati da negligenza grave.
Atto
Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente.
Sintesi
La presente direttiva è finalizzata a imporre agli Stati membri di sanzionare penalmente alcuni comportamenti che costituiscono gravi reati contro l’ambiente. Questo livello minimo di armonizzazione permetterà di applicare con maggiore efficacia il diritto dell’ambiente, nel rispetto dell’obiettivo di tutela ambientale previsto dall’articolo 174 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE).
Comportamenti soggetti a sanzione
Gli Stati membri dovranno punire i seguenti comportamenti, intenzionali o conseguenti a una grave negligenza, che violino una normativa comunitaria nel campo della tutela ambientale:
• lo scarico illecito * di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento illeciti di rifiuti che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la spedizione illecita di rifiuti in quantità non trascurabile;
• il funzionamento illecito di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nel quale siano depositate o utilizzate sostanze o preparati pericolosi che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la produzione, il trattamento, il deposito, l’uso, il trasporto, l’esportazione o l’importazione e lo smaltimento illeciti di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• l’uccisione, la distruzione, il possesso, il prelievo o il commercio illeciti di specie animali o vegetali protette;
• il deterioramento illecito di un habitat protetto;
• il commercio o l’uso illeciti di sostanze che riducono lo strato di ozono.
Gli Stati membri provvedono inoltre affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente tali attività illecite.
Sanzioni
Le sanzioni penali dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche * possano essere dichiarate responsabili quando i reati siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virtù:
• del potere di rappresentanza della persona giuridica;
• del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o
• del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.
Tale responsabilità può essere di natura penale o amministrativa, a seconda del sistema giuridico vigente nello Stato membro in questione.
Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto abbia reso possibile la commissione di un reato a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.
Contesto
Nel 2001 la Commissione aveva adottato una proposta di direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Nel 2003 il Consiglio aveva adottato la decisione quadro 2003/80/GAI basata sulle disposizioni del trattato UE relative alla cooperazione fra gli Stati membri in materia penale. Tale decisione quadro è stata annullata nel 2005 dalla Corte di giustizia europea perché basata su un fondamento giuridico non corretto. Le misure contenute nella decisione quadro avrebbero potuto essere adottate dalla Comunità nell’ambito della sua politica di tutela dell’ambiente. La Commissione ha quindi adottato una nuova proposta il 12 febbraio 2007 che ha condotto all’adozione della presente direttiva.
Termini chiave dell’atto
• Illecito: ciò che viola gli atti legislativi comunitari o un atto legislativo, un regolamento amministrativo o una decisione di un’autorità competente di uno Stato membro nel campo della tutela ambientale.
• Persona giuridica: qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Direttiva 2008/99/CE 19.11.2008 26.12.2010 GU L 328 del 6.12.2008
Accesso all'informazione, partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale
Attraverso l'approvazione della convenzione sull' accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Århus), l'Unione europea intende sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nelle questioni ambientali, nonché migliorare l'applicazione della legislazione sull'ambiente.
Atto
Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico al processo decisionale e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.
Sintesi
Con questa decisione, la convenzione di Århus (firmata dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri nel 1998) è stata approvata a nome della Comunità.
La convenzione, in vigore dal 30 ottobre 2001, parte dall'idea che un maggiore coinvolgimento e una più forte sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei problemi di tipo ambientale conduca ad un miglioramento della protezione dell'ambiente. Essa intende contribuire a salvaguardare il diritto di ogni individuo, delle generazioni attuali e di quelle future, di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere.
Per raggiungere tale obiettivo, la convenzione propone di intervenire in tre settori:
• assicurare l'accesso del pubblico alle informazioni sull'ambiente detenute dalle autorità pubbliche;
• favorire la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente;
• estendere le condizioni per l'accesso alla giustizia in materia ambientale;
Le istituzioni comunitarie rispondono alla definizione di autorità pubblica della convenzione, allo stesso titolo delle autorità nazionali o locali.
Le parti della convenzione si impegnano ad applicare le disposizioni elencate e devono quindi:
• adottare le misure legislative, regolamentari o le altre misure necessarie;
• permettere ai funzionari e alle autorità pubbliche di fornire assistenza e orientamento ai cittadini, agevolandone l'accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia;
• promuovere l'educazione ecologica dei cittadini e aumentare la loro consapevolezza dei problemi ambientali;
• riconoscere e sostenere le associazioni, i gruppi o le organizzazioni aventi come obiettivo la protezione dell'ambiente.
• Accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale
• La convenzione prevede diritti ed obblighi precisi in materia di accesso all'informazione, concernenti in particolare i tempi di trasmissione e i motivi di cui dispongono le autorità pubbliche per rifiutare l'accesso a determinati tipi di informazione.
Il rifiuto è ammesso in tre casi:
• se l'autorità pubblica non è in possesso dell'informazione richiesta;
• se la richiesta è manifestamente abusiva o formulata in modo troppo generico;
• se la richiesta concerne documenti in corso di elaborazione.
Una richiesta di informazioni può essere inoltre respinta per salvaguardare la segretezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche, per motivi di difesa nazionale o di sicurezza pubblica, per consentire il buon funzionamento della giustizia, per tutelare la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, i diritti di proprietà intellettuale, la riservatezza dei dati personali o gli interessi di terzi che abbiano fornito spontaneamente le informazioni. Tali motivi di diniego devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico che potrebbe essere intaccato dalla divulgazione delle informazioni.
La decisione di diniego deve essere accompagnata dalle relative motivazioni indicando i mezzi di ricorso a disposizione del richiedente.
Le autorità pubbliche devono mantenere aggiornate le informazioni in loro possesso e a tale scopo devono tenere elenchi, registri e schedari accessibili al pubblico. Deve essere favorita l'utilizzazione di basi di dati elettroniche, comprendenti le relazioni sulla situazione dell'ambiente, la legislazione, i piani o le politiche nazionali, le convenzioni internazionali.
Partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientale
Il secondo aspetto della convenzione riguarda la partecipazione del pubblico al processo decisionale. Tale partecipazione deve essere assicurata attraverso la procedura di autorizzazione di determinate attività specifiche (principalmente attività di tipo industriale) elencate nell'allegato I della convenzione. Il risultato della partecipazione del pubblico deve essere debitamente preso in considerazione nella decisione finale di autorizzazione dell'attività in questione.
Il pubblico viene informato, fin dalla fase iniziale del processo decisionale, sui seguenti elementi:
• l'oggetto in merito al quale la decisione deve essere presa;
• la natura della decisione da adottare;
• l'autorità competente;
• la procedura prevista, ivi compresi i dettagli pratici relativi alla procedura di consultazione;
• la procedura di valutazione dell'impatto ambientale (se prevista).
I tempi previsti per la procedura devono permettere una reale partecipazione del pubblico.
E' stata istituita una procedura più snella per l'elaborazione di piani e programmi relativi all'ambiente.
La convenzione invita inoltre le parti a favorire la partecipazione del pubblico all'elaborazione delle politiche in materia ambientale, nonché delle norme e della legislazione che possono avere effetti significativi sull'ambiente.
Accesso alla giustizia in materia ambientale
In materia di accesso alla giustizia, i cittadini potranno ricorrere alla giustizia in condizioni adeguate, nel quadro della legislazione nazionale, qualora essi ritengano violati i propri diritti in materia di accesso all'informazione (richiesta di informazione non presa in considerazione, respinta abusivamente o presa in considerazione in modo insufficiente).
L'accesso alla giustizia è garantito anche nel caso di violazione della procedura di partecipazione prevista dalla convenzione. Inoltre l'accesso alla giustizia è ammesso per la composizione delle controversie relative ad azioni o ad omissioni di privati o di autorità pubbliche che infrangono le disposizioni legislative ambientali nazionali.
Recepimento della convenzione di Århus nell'ordinamento comunitario
La Comunità si è impegnata ad adottare i provvedimenti necessari per assicurare un'applicazione effettiva della convenzione. In effetti, il primo pilastro della convenzione, che fa riferimento all' accesso al pubblico delle informazioni, ha trovato attuazione, a livello comunitario, nella direttiva 2003//4/CE relativa all' accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale. Il secondo pilastro, che riguarda la partecipazione del pubblico alle procedure ambientali, è stato recepito dalla direttiva 2003/35/CE. Una proposta di direttiva, pubblicata nell'ottobre 2003, dovrebbe recepire il terzo pilastro, diretto a garantire l' accesso del pubblico alla giustizia in materia ambientale. Inoltre, un regolamento, adottato nel 2006, mira a garantire l'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni e dei principi della convenzione.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Decisione 2005/370/CE 17.05.2005 - GU L 124 del 17.04.2005
Atti Collegati
Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome della Comunità europea per quanto riguarda l'interpretazione dell'articolo 14 della convenzione di Århus [COM/2008/174 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Decisione 2006/957/CE del Consiglio, del 18.12.2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, di un emendamento alla convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale [Gazzetta ufficiale L386 del 29.12.2006].
La modifica in questione estende la partecipazione del pubblico alle decisioni riguardanti la diffusione volontaria degli OGM nell'ambiente. A livello comunitario, questa esigenza è già soddisfatta da alcune disposizioni contenute nella direttiva 2001/18/CE relativa all'introduzione deliberata di OGM nell'ambiente e nel regolamento (CE) n. 1829/2003 () riguardante i prodotti alimentari e i mangimi per animali geneticamente modificati.
Tutelare, preservare e migliorare il mondo intorno a noi
Nell'UE gli standard ambientali sono tra i più elevati del mondo e sono stai sviluppati nel corso dei decenni per far fronte a numerosi problemi. Le attuali priorità sono: combattere il cambiamento climatico, preservare la biodiversità, ridurre i problemi sanitari causati dall'inquinamento e attuare una gestione più responsabile delle risorse naturali. Oltre a tutelare l'ambiente, questi obiettivi aiutano la crescita economica promuovendo l'innovazione e l'imprenditorialità.
Cambiamenti climatici
Il cambiamento climatico è una delle minacce più gravi per l'umanità. L'UE sta lavorando ad un accordo globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra ed ha assunto ruolo di guida con l'adozione di piani ambiziosi. Con una decisione "storica" presa nel dicembre del 2008, i leader dell'UE hanno approvato un pacchetto globale di misure per l'abbattimento delle emissioni. L'obiettivo è ridurre di almeno il 20% i gas ad effetto serra entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990), portare la quota delle energie rinnovabili al 20% e diminuire il consumo generale di energia del 20% (rispetto alle proiezioni). Nel quadro della strategia di promozione delle fonti rinnovabili, è stato concordato che i mezzi di trasporto dorvanno essere alimentati per il 10% da biocarburanti, energia elettrica e idrogeno.
Scambio delle quote di emissione
Il sistema di scambio di quote di emissione, una pietra miliare della politica ambientale europea, premia le imprese che riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) e penalizza quelle che superano i limiti consentiti.
Introdotto nel 2005, il sistema riguarda circa 12.000 tra fabbriche e impianti responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 (la causa principale del riscaldamento globale) prodotte dall'UE.
In base al sistema, i governi nazionali fissano i limiti delle emissioni di CO2 prodotte dalle industrie ad alta intensità energetica, come le centrali elettriche e gli impianti siderurgici. Le imprese che intendono superare la quota consentita devono acquistare i diritti di emissione dalle aziende più efficienti.
In futuro il sistema sarà esteso anche ad altri settori, comprese le linee aeree e il comparto petrolchimico. I paesi UE potranno inoltre compensare le emissioni acquistando crediti da progetti di riduzione della CO2 nei paesi extra-UE.
Biodiversità
Sebbene l'UE si sia impegnata a fermare entro il 2010 l'estinzione delle specie in pericolo e la scomparsa degli habitat sul suo territorio, raggiungere tale obiettivo richiederà un grande sforzo. Le politiche e gli strumenti legislativi necessari sono già stati predisposti, ma occorre potenziarne l'applicazione su vasta scala. In particolare, l'UE intende ampliare Natura 2000, la rete di siti in cui la flora, la fauna e il loro habitat sono protetti. Natura 2000 conta già oltre 26.000 siti nell'UE.
Ambiente e salute
Inquinamento acustico, acque di balneazione, specie rare e interventi di emergenza: sono solo alcuni dei settori coperti dall'imponente corpus normativo sviluppato dall'UE nel corso dei decenni in campo ambientale. Quest'ultimo punta in primo luogo a stabilire delle norme sanitarie per le sostanze inquinanti e impone ai paesi membri di monitorare gran parte di queste sostanze e intervenire in caso di superamento delle soglie di sicurezza.
Nel 2008 l'UE ha ad esempio fissato limiti vincolanti per le emissioni di particolato, noto anche come PM2.5. Queste polveri sottili, prodotte dalle autovetture e dai camion, possono causare malattie respiratorie. La nuova normativa, che entrerà in vigore nel 2011, impone ai paesi UE di ridurre in media del 20% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2010) l'esposizione a tali polveri nelle aree urbane.
Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile figura da tempo tra gli obiettivi generali delle politiche dell'UE. Nel 2001 i leader europei hanno avviato la prima strategia di sviluppo sostenibile dell'UE, per poi aggiornarla nel 2006 alla luce delle carenze riscontrate e per far fronte ai nuovi problemi.
La nuova strategia, che è strettamente legata alla politica energetica e a quella sul cambiamento climatico, sottolinea l'importanza dell'istruzione, della ricerca e dei finanziamenti pubblici per lo sviluppo di modelli di produzione e di consumo sostenibili.
Nel frattempo è stato fatto tanto sul fronte delle politiche. Ora si tratta di metterle in pratica. Nel 2009 la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per promuovere i prodotti rispettosi dell'ambiente e l'impiego delle etichette indicanti l'efficienza energetica, come ad esempio quelle utilizzate per le lavatrici.
Disposizioni generali dell' UE
Il sesto programma d'azione per l'ambiente, adottato nel luglio 2002, definisce le priorità ambientali dell'Unione europea (UE) fino al 2010. I settori d'intervento prioritari sono quattro: cambiamenti climatici, natura e biodioversità, ambiente e salute, gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. La politica ambientale dell'UE è ispirata al principio di precauzione e al principio "chi inquina paga" e prevede numerosi strumenti - istituzionali, finanziari o di gestione – per mettere in atto una politica efficace. Un altro elemento determinante in questo ambito è la partecipazione dei cittadini.
Sesto programma di azione per l'ambiente.
L'Unione europea (UE) definisce le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2010 e oltre, e descrive in modo particolareggiato i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia in materia di sviluppo sostenibile da essa elaborata.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 24 gennaio 2001, sul Sesto programma di azione per l'ambiente della Comunità europea "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". [COM(2001) 31 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
Sintesi
Il Sesto programma comunitario di azione per l'ambiente intitolato "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta" copre il periodo compreso tra il 22 luglio 2002 e il 21 luglio 2012. Il programma si ispira al quinto programma di azione per l'ambiente ( ), che copriva il periodo 1992-2000, e alla decisione relativa al riesame di detto programma.
Un approccio strategico
La comunicazione rileva che per far fronte alle sfide ambientali odierne è necessario superare il mero approccio legislativo ed assumere un approccio strategico, che dovrà utilizzare vari strumenti e provvedimenti per influenzare il processo decisionale negli ambienti imprenditoriale, politico, dei consumatori e dei cittadini. La comunicazione propone cinque assi prioritari di azione strategica: migliorare l'applicazione della legislazione vigente, integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, collaborare con il mercato, coinvolgere i cittadini modificandone il comportamento e tener conto dell'ambiente nelle decisioni in materia di assetto e gestione territoriale. Per ciascuno di questi assi sono proposte azioni specifiche.
Per migliorare l'attuazione della legislazione vigente sono indicate le seguenti azioni specifiche:
• supporto alla rete IMPEL ed estensione della rete ai paesi candidati;
• elaborazione di relazioni sull'applicazione del diritto ambientale;
• comunicazione dei risultati migliori e peggiori dell'applicazione del diritto ambientale;
• miglioramento degli standard ispettivi ambientali;
• lotta contro il crimine ambientale;
• garantire l'attuazione facendo ricorso, se del caso, alla Corte di giustizia.
Per integrare le tematiche ambientali nelle altre politiche, la comunicazione propone di:
• istituire ulteriori meccanismi di integrazione;
• applicare le disposizioni del trattato sull'integrazione;
• sviluppare indicatori per controllare il processo di integrazione.
La collaborazione con il mercato potrebbe articolarsi nei seguenti punti:
• incoraggiare una più ampia adozione del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS);
• incoraggiare le imprese a pubblicare relazioni sulle proprie prestazioni e a rispettare i requisiti in materia ambientale;
• istituire programmi di ricompensa per le imprese che rispettano l'ambiente;
• incoraggiare gli accordi di autoregolamentazione;
• adottare una politica integrata dei prodotti;
• promuovere l'uso e la valutazione dell'efficacia del marchio ecologico;
• promuovere una politica di appalti pubblici rispettosa dell'ambiente;
• adottare la legislazione sulla responsabilità ambientale ( ).
Per coinvolgere i cittadini e modificarne il comportamento sono proposte le seguenti azioni:
• consentire ai cittadini di confrontare e migliorare il proprio comportamento ecologico;
• migliorare l'accessibilità e la qualità delle informazioni sull'ambiente fornite ai cittadini.
Per tener conto dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio sono proposte le seguenti azioni:
• pubblicare una comunicazione sull'importanza dell'integrazione dell'ambiente nella gestione e nell'assetto del territorio;
• migliorare l'applicazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale;
• divulgare le buone prassi e promuovere gli scambi di esperienze sulla pianificazione sostenibile, compresa quella delle zone urbane;
• integrare la pianificazione sostenibile nella politica regionale comunitaria;
• promuovere le misure agroambientali in seno alla politica agricola comune;
• realizzare un partenariato per una gestione sostenibile del turismo.
Il sesto programma di azione per l'ambiente si concentra su quattro settori d'intervento prioritari: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
Il cambiamento climatico
Il Sesto programma di azione individua nel cambiamento climatico la sfida principale per i prossimi 10 anni. In tale settore l'obiettivo consiste nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello che non provochi cambiamenti artificiali del clima del pianeta.
A breve termine l'Unione europea si propone di conseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto cioè di ridurre, entro il 2008-2012, le emissioni dei gas ad effetto serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990. A più lungo termine, cioè entro il 2020, sarebbe necessaria una riduzione di tali emissioni dell'ordine del 20-40%, mediante un efficace accordo internazionale.
L'impegno della Comunità per far fronte alle sfide del cambiamento climatico assumerà diversi aspetti:
• integrare gli obiettivi del cambiamento climatico nelle varie politiche comunitarie e segnatamente nella politica energetica e in quella dei trasporti;
• ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra grazie a misure specifiche per migliorare l'efficienza energetica, sfruttare maggiormente le fonti energetiche rinnovabili, promuovere gli accordi con l'industria e risparmiare energia;
• sviluppare un regime di scambio di emissioni ( ) su scala europea;
• potenziare la ricerca nel settore del cambiamento climatico;
• fornire ai cittadini migliori informazioni in materia di cambiamento climatico;
• esaminare le sovvenzioni energetiche e la loro compatibilità con i problemi posti dal cambiamento climatico;
• preparare la società all'impatto del cambiamento climatico.
Natura e biodiversità
In tale settore l'obiettivo consiste nel proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi naturali, arrestando l'impoverimento della biodiversità sia nell'Unione europea che su scala mondiale.
Le azioni proposte per raggiungere tale obiettivo sono:
• applicare la legislazione ambientale, principalmente nei settori delle acque e dell'atmosfera;
• ampliare il campo di applicazione della direttiva Seveso II;
• coordinare a livello comunitario gli interventi degli Stati membri in caso di incidenti e catastrofi naturali;
• studiare la protezione degli animali e delle piante dalle radiazioni ionizzanti;
• tutelare, salvaguardare e ripristinare i paesaggi;
• proteggere il patrimonio boschivo e promuoverne lo sviluppo sostenibile;
• elaborare una strategia comunitaria per la protezione del suolo;
• tutelare e ripristinare l'habitat marino e il litorale ed estendere ad essi la rete Natura 2000;
• migliorare i controlli, l'etichettatura e la tracciabilità degli OGM;
• integrare la tutela della natura e della biodiversità nella politica commerciale e di cooperazione allo sviluppo;
• elaborare programmi di raccolta di dati sulla tutela della natura e la biodiversità;
• sostenere le ricerche nel settore della tutela della natura.
Ambiente e salute
L'obiettivo è pervenire a una qualità ambientale tale da non dar adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana.
La presente comunicazione propone di:
• identificare i rischi per la salute umana, soprattutto per i bambini e gli anziani, e legiferare di conseguenza;
• inserire le priorità di ambiente e salute nelle altre politiche e nelle norme sull'aria, sulle acque, sui rifiuti e sul suolo;
• potenziare la ricerca nel campo della salute e dell'ambiente;
• sviluppare un nuovo sistema di valutazione e gestione del rischio delle sostanze chimiche ( ));
• vietare o limitare l'uso dei pesticidi più pericolosi e garantire l'applicazione delle migliori pratiche di uso;
• garantire l'applicazione della legislazione sull'acqua;
• garantire l'applicazione delle norme sulla qualità dell'aria e definire una strategia sull'inquinamento atmosferico;
• adottare ed applicare la direttiva sull'inquinamento acustico.
Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti
L'obiettivo è garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell'ambiente, dissociando la crescita economica dall'uso delle risorse, migliorando l'efficienza di queste ultime e diminuendo la produzione di rifiuti. Per i rifiuti, l'obiettivo specifico è ridurre la quantità finale del 20% entro il 2010 e del 50% entro il 2050.
Le azioni da intraprendere sono:
• elaborare una strategia per la gestione sostenibile delle risorse, fissando priorità e riducendo il consumo;
• stabilire un onere fiscale sull'uso delle risorse;
• eliminare le sovvenzioni che incentivano l'uso eccessivo di risorse;
• inserire considerazioni di uso efficiente delle risorse nella politica integrata dei prodotti, nei programmi di etichettatura ecologica, nei sistemi di valutazione ambientale, ecc.;
• elaborare una strategia per il riciclo dei rifiuti;
• migliorare i sistemi vigenti di gestione dei rifiuti ed investire nella prevenzione quantitativa e qualitativa;
• integrare la prevenzione dei rifiuti nella politica integrata dei prodotti e nella strategia comunitaria sulle sostanze chimiche.
LE STRATEGIE TEMATICHE
Il programma d'azione prevede l'adozione di sette strategie tematiche relative all' inquinamento atmosferico, all' ambiente marino, all' uso sostenibile delle risorse, alla prevenzione e al riciclaggio dei rifiuti, all' uso sostenibile dei pesticidi, alla protezione del suolo e all' ambiente urbano.
Contrariamente a ciò che avveniva in passato, tali strategie sono basate su un approccio globale per tema, piuttosto che su alcuni inquinanti o tipi di attività economica. Esse fissano obiettivi a lungo termine, basati sulla valutazione dei problemi ambientali nonché sulla ricerca di una sinergia tra le diverse strategie e con gli obiettivi di crescita e occupazione previsti dalla strategia di Lisbona. Tali strategie permettono inoltre di semplificare e chiarire la legislazione in vigore.
Il contesto internazionale
L'integrazione dei temi ambientali in tutti i settori delle relazioni esterne dell'Unione europea è un obiettivo del sesto programma d'azione per l'ambiente, che tiene conto delle prospettive di ampliamento dell'Unione europea e suggerisce di condurre un'estesa consultazione delle amministrazioni dei paesi candidati sullo sviluppo sostenibile e di allacciare una stretta cooperazione con le ONG e le imprese di tali paesi. È fortemente incoraggiata l'applicazione delle convenzioni internazionali sull'ambiente.
Una base scientifica solida
Il sesto programma propone una nuova impostazione per elaborare le misure ambientali, affinché le parti interessate e il pubblico siano maggiormente impegnati nell'applicazione di queste ultime. Tale impostazione comprende un dialogo aperto e la partecipazione delle imprese, delle ONG e delle autorità pubbliche.
Il programma si fonderà maggiormente su analisi scientifiche ed economiche e su indicatori ambientali. A tal fine la Commissione lavorerà in stretta collaborazione con l'Agenzia europea dell'ambiente (EN).
Atti Collegati
Comunicazione della Commissione, del 30 aprile 2007, concernente la revisione intermedia del Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [COM (2007) 225 definitivo - Gazzetta ufficiale C 181 del 3 agosto 2007].
In occasione della revisione la Commissione ha valutato positivamente i progressi realizzati finora, segnalando però che occorre compiere ulteriori e importanti sforzi per conseguire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale. La Commissione ha proceduto alla valutazione dei quattro settori prioritari del programma di azione. Nel settore dei cambiamenti climatici, la Commissione conclude in particolare che occorre realizzare gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto e ribaditi dal Consiglio europeo del marzo 2007, sviluppare gli strumenti e le tecnologie che permettano di raggiungere i predetti obiettivi, trovare le soluzioni che consentano di coinvolgere in maniera giusta ed efficace i paesi che in base al protocollo di Kyoto non sono vincolati ad obiettivi di riduzione o che si sono ritirati dal processo, nonché preparare l'adeguamento alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici. In materia di natura e biodiversità, la Commissione sottolinea soprattutto l'importanza di completare la realizzazione della rete Natura 2000 e di estenderla, di porre fine alla deforestazione, in particolare lottando contro il commercio illegale di legno, nonché di proteggere gli ecosistemi marini contro gli effetti delle reti a strascico. Nel settore della salute, la Commissione mira ad un'attuazione effettiva delle iniziative comunitarie, tra le quali la direttiva quadro sull'acqua, il regolamento REACH, la strategia sull'inquinamento atmosferico e la proposta relativa ai pesticidi. In materia di risorse naturali e di rifiuti, la Commissione mette l'accento sulla strategia tematica per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e sulla direttiva quadro sui rifiuti.
Inoltre, la revisione stila un elenco dei miglioramenti strategici della politica ambientale, il che significa in particolare migliorare la cooperazione internazionale (promozione dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo, creazione di una "diplomazia ambientale", promozione del trasferimento di tecnologie, ecc.), applicare i principi di una migliore regolamentazione alla politica ambientale (utilizzo dei meccanismi di mercato, semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi, collaborazione con le parti interessate, ecc.), promuovere l'integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche (tra cui l'agricoltura, la ricerca, la pesca e i trasporti), nonché migliorare l'attuazione e il rispetto della normativa.
Decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [Gazzetta ufficiale L 242 del 10.9.2002].
La decisione istituisce il sesto programma comunitario di azione per l'ambiente e stabilisce gli obiettivi, le scadenze e le priorità, gli assi prioritari dell'approccio strategico e i quattro settori d'intervento descritti nella comunicazione sul sesto programma comunitario di azione per l'ambiente "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta". Entro quattro anni dopo l'adozione della decisione, si dovranno attuare iniziative nel quadro di ogni settore di intervento.
La Commissione presenta relazioni di valutazione al Parlamento europeo ed al Consiglio nel corso del quarto anno di attuazione del programma e alla fine di quest'ultimo.
Riesame della politica ambientale 2008
Il riesame della politica ambientale 2008 descrive i progressi compiuti nella politica dell’Unione europea (UE) durante il 2008 e prende in esame le sfide future.
Atto
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 24 giugno 2009: «Riesame della politica ambientale 2008» [COM(2009) 304 def. – Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
SINTESI
La politica ambientale è ai primi posti dell’agenda politica. Questa politica trasversale può aiutare l’UE a superare la crisi economica e finanziaria mondiale, che ha colpito il continente europeo nel 2008, e gettare le basi per una crescita a basse emissioni di carbonio che preveda un uso razionale delle risorse.
In questa comunicazione la Commissione passa in rassegna le tappe salienti della politica ambientale dell'UE nel 2008. Menziona in particolare i progressi realizzati nell'ambito dei quattro settori d'intervento prioritari del Sesto programma di azione per l'ambiente: cambiamento climatico, biodiversità, ambiente e salute, e gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.
La lotta ai cambiamenti climatici è stata caratterizzata nel dicembre 2008 da una serie di misure legislative che costituiscono il cosiddetto pacchetto Clima ed energia, volte a concretizzare l'impegno dell'UE a ridurre del 30% le proprie emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, se altri paesi industrializzati accetteranno di realizzare riduzioni comparabili o, se non comparabili, almeno del 20%. Tale pacchetto mira a migliorare il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (sistema ETS comunitario) inserendovi altri gas serra e settori. Include anche una proposta di direttiva volta a promuovere le energie rinnovabili e un’altra proposta riguardante l’implementazione sicura e affidabile delle tecnologie di cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio.
Oltre al pacchetto Clima ed energia, l’UE ha adottato altri interventi per la lotta ai cambiamenti climatici, volti a ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture nuove e a migliorare la qualità della benzina e dei carburanti.
Il programma di negoziati stabilito durante la conferenza di Poznan nel dicembre 2008 dovrebbe culminare in un accordo mondiale sui cambiamenti climatici da adottare nel corso della conferenza delle Nazioni Unite sul clima prevista a Copenaghen nel dicembre 2009. Questo accordo entrerà in vigore quando cesseranno gli impegni previsti dal protocollo di Kyoto nel 2012.
Dinanzi alla perdita di biodiversità, l’UE ha proseguito i suoi sforzi in base al piano di azione comunitario che mira a contenere la riduzione della diversità biologica in prospettiva del 2010. Le principali misure adottate hanno visto lo sviluppo della rete Natura 2000 con la creazione di nuovi siti in Bulgaria e in Romania, e la lotta contro le specie estranee invasive, mediante varie opzioni strategiche fra cui la creazione di un sistema paneuropeo di allarme rapido per comunicare le specie nuove od emergenti.
Nel 2008 la Commissione ha presentato due iniziative per la protezione delle foreste mondiali che contribuiscono a limitare il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità. La prima è un regolamento che disciplina il mercato del legno e dei prodotti derivati in Europa, la seconda è una comunicazione che espone le proposte della Commissione per combattere la deforestazione tropicale.
In futuro i lavori verteranno sulla protezione delle specie vulnerabili in alto mare, nel quadro della convenzione sulla diversità biologica e della Commissione baleniera internazionale, nonché sul divieto dei prodotti derivati dalla foca che viene sterminata in violazione delle regole di benessere degli animali.
Nel settore dell’ambiente e della salute, il 2008 è segnato dall'entrata in vigore del regolamento REACH, che mira a rafforzare le norme di sicurezza in materia di sostanze chimiche prodotte o importate nell’UE. Sono state adottate altre misure sulle sostanze pericolose e sul mercurio. La direttiva relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa è entrata in vigore nel mese di giugno. La Commissione ha presentato delle iniziative per lo sviluppo di trasporti sostenibili e per ridurre le emissioni industriali.
Per il 2009, i lavori nel settore dell'ambiente e della salute si concentreranno sulla revisione della direttiva sui biocidi e sulla creazione di nuove norme per le emissioni dei veicoli onde garantire la conformità al regolamento REACH.
Relativamente alla gestione delle risorse naturali e dei rifiuti, l’azione dell’UE è stata rivolta alla protezione del ciclo dell'acqua (le acque di superficie e l'ambiente marino), allo sviluppo di un consumo e di una produzione sostenibili (la progettazione ecocompatibile e il marchio comunitario di qualità ecologica) e al miglioramento del riciclaggio dei rifiuti (la demolizione delle navi, le apparecchiature elettriche ed elettroniche e i rifiuti organici biodegradabili).
Nel 2009, l’UE prevede di adottare un sistema di verifica delle tecnologie ambientali per stimolare la fiducia degli acquirenti rispetto alle prestazioni delle nuove tecnologie ambientali.
Nel 2008, sono stati realizzati dei progressi in vista di semplificare la legislazione ambientale mediante l'attuazione di programmi destinati a migliorare l'applicazione del diritto comunitario dell'ambiente. La Commissione prevede di utilizzare un'ampia gamma di strumenti per prevenire le infrazioni, come l'uso mirato dei fondi comunitari e aiuti più accentuati in fase di preadesione per i paesi dell'allargamento.
Contesto
Questa relazione annuale di attività è un contributo al processo di Lisbona e alla strategia europea di sviluppo sostenibile, di cui l'ambiente costituisce un elemento essenziale.
Agenzia europea dell’ambiente
L'Agenzia europea dell’ambiente (AEA) è un’agenzia dell’Unione europea con sede a Copenaghen. La sua missione è fornire informazioni affidabili e indipendenti sull’ambiente. Essa rappresenta una delle principali fonti d’informazione cui ricorrono i responsabili politici per definire, adottare, attuare e valutare la politica ambientale. Attualmente, l’AEA conta 32 paesi fra i suoi membri.
Atto
Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata).
Sintesi
L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e la sua rete d’informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) sono state create nel 1990, ma le attività dell’Agenzia sono realmente iniziate nel 1994.
L’AEA è un organismo indipendente il cui obiettivo è promuovere lo sviluppo sostenibile e migliorare l’ambiente in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, i compiti dell’Agenzia sono i seguenti:
• istituire e coordinare la rete Eionet;
• fornire alla Comunità e agli Stati membri le informazioni oggettive necessarie per formulare e attuare politiche ambientali oculate ed efficaci;
• contribuire al controllo dei provvedimenti concernenti l’ambiente;
• registrare, collezionare, valutare e diffondere dati sullo stato dell’ambiente;
• contribuire ad assicurare la comparabilità dei dati ambientali a livello europeo;
• stimolare lo sviluppo e l’integrazione delle tecniche di previsione ambientale;
• assicurare un’ampia diffusione di informazioni ambientali affidabili.
Le informazioni fornite dall’AEA riguardano:
• la qualità dell’aria;
• la qualità dell’acqua;
• lo stato dei suoli, della fauna e della flora;
• l’utilizzazione del suolo e le risorse naturali;
• la gestione dei rifiuti;
• le emissioni sonore;
• le sostanze chimiche;
• la protezione del litorale e del mare.
La rete Eionet comprende i principali elementi delle reti nazionali d’informazione, i punti focali nazionali e i cinque centri tematici europei (CTE). Le attività dei centri coprono i seguenti settori:
• l’acqua,
• l’aria e il cambiamento climatico,
• la protezione della natura e la biodiversità,
• i flussi di rifiuti e di materiali, e
• l’ambiente terrestre.
L’AEA comprende attualmente 32 paesi membri, ovvero i 27 Stati membri dell'UE e l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Svizzera e la Turchia.
Il consiglio di amministrazione dell’Agenzia è composto da un rappresentante di ciascun paese membro, due rappresentanti della DG Ambiente e della DG Ricerca della Commissione europea e due esperti scientifici designati dal Parlamento europeo. Il consiglio di amministrazione ha il compito di adottare i programmi di lavoro dell’Agenzia, nominare il direttore esecutivo e designare i membri del comitato scientifico. Quest’ultimo funge da organo consultivo sulle questioni scientifiche per il consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo.
Il direttore esecutivo è responsabile di fronte al consiglio di amministrazione dell’attuazione dei programmi di lavoro e della gestione quotidiana dell’Agenzia.
L’Agenzia organizza le sue attività nel quadro di programmi di lavoro annuali sulla base di una strategia quinquennale e di un programma di lavoro pluriennale. L’attuale strategia copre il periodo 2009 – 2013.
L’Agenzia lavora a stretto contatto con altre istituzioni europeee ed internazionali, segnatamente l'Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat) e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, il Programma delle Nazioni Unite sull’Ambiente (UNEP) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Contesto
L’AEA e la rete Eionet collaboreranno con la Commissione europea ed altre parti interessate per creare un sistema comune di informazioni ambientali (SEIS). A tale scopo, l’AEA sfrutterà gli strumenti e i sistemi di notifica esistenti (Reportnet), le iniziative in materia di amministrazione on line, l’Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), il programma di Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES) e il sistema mondiale dei sistemi di osservazione della Terra (GEOSS).
Il presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 1210/90.
RIFERIMENTI
Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 401/2009 10.6.2009 - GU L 126 del 21.5.2009
Tutela penale dell’ambiente
La direttiva istituisce un gruppo minimo di reati gravi contro l’ambiente e impone agli Stati membri di prevedere sanzioni penali più dissuasive per questo tipo di reati, se perpetrati intenzionalmente o causati da negligenza grave.
Atto
Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente.
Sintesi
La presente direttiva è finalizzata a imporre agli Stati membri di sanzionare penalmente alcuni comportamenti che costituiscono gravi reati contro l’ambiente. Questo livello minimo di armonizzazione permetterà di applicare con maggiore efficacia il diritto dell’ambiente, nel rispetto dell’obiettivo di tutela ambientale previsto dall’articolo 174 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE).
Comportamenti soggetti a sanzione
Gli Stati membri dovranno punire i seguenti comportamenti, intenzionali o conseguenti a una grave negligenza, che violino una normativa comunitaria nel campo della tutela ambientale:
• lo scarico illecito * di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento illeciti di rifiuti che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la spedizione illecita di rifiuti in quantità non trascurabile;
• il funzionamento illecito di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nel quale siano depositate o utilizzate sostanze o preparati pericolosi che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• la produzione, il trattamento, il deposito, l’uso, il trasporto, l’esportazione o l’importazione e lo smaltimento illeciti di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente;
• l’uccisione, la distruzione, il possesso, il prelievo o il commercio illeciti di specie animali o vegetali protette;
• il deterioramento illecito di un habitat protetto;
• il commercio o l’uso illeciti di sostanze che riducono lo strato di ozono.
Gli Stati membri provvedono inoltre affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente tali attività illecite.
Sanzioni
Le sanzioni penali dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche * possano essere dichiarate responsabili quando i reati siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virtù:
• del potere di rappresentanza della persona giuridica;
• del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o
• del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.
Tale responsabilità può essere di natura penale o amministrativa, a seconda del sistema giuridico vigente nello Stato membro in questione.
Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto abbia reso possibile la commissione di un reato a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.
Contesto
Nel 2001 la Commissione aveva adottato una proposta di direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Nel 2003 il Consiglio aveva adottato la decisione quadro 2003/80/GAI basata sulle disposizioni del trattato UE relative alla cooperazione fra gli Stati membri in materia penale. Tale decisione quadro è stata annullata nel 2005 dalla Corte di giustizia europea perché basata su un fondamento giuridico non corretto. Le misure contenute nella decisione quadro avrebbero potuto essere adottate dalla Comunità nell’ambito della sua politica di tutela dell’ambiente. La Commissione ha quindi adottato una nuova proposta il 12 febbraio 2007 che ha condotto all’adozione della presente direttiva.
Termini chiave dell’atto
• Illecito: ciò che viola gli atti legislativi comunitari o un atto legislativo, un regolamento amministrativo o una decisione di un’autorità competente di uno Stato membro nel campo della tutela ambientale.
• Persona giuridica: qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Direttiva 2008/99/CE 19.11.2008 26.12.2010 GU L 328 del 6.12.2008
Accesso all'informazione, partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale
Attraverso l'approvazione della convenzione sull' accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Århus), l'Unione europea intende sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nelle questioni ambientali, nonché migliorare l'applicazione della legislazione sull'ambiente.
Atto
Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico al processo decisionale e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.
Sintesi
Con questa decisione, la convenzione di Århus (firmata dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri nel 1998) è stata approvata a nome della Comunità.
La convenzione, in vigore dal 30 ottobre 2001, parte dall'idea che un maggiore coinvolgimento e una più forte sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei problemi di tipo ambientale conduca ad un miglioramento della protezione dell'ambiente. Essa intende contribuire a salvaguardare il diritto di ogni individuo, delle generazioni attuali e di quelle future, di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere.
Per raggiungere tale obiettivo, la convenzione propone di intervenire in tre settori:
• assicurare l'accesso del pubblico alle informazioni sull'ambiente detenute dalle autorità pubbliche;
• favorire la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente;
• estendere le condizioni per l'accesso alla giustizia in materia ambientale;
Le istituzioni comunitarie rispondono alla definizione di autorità pubblica della convenzione, allo stesso titolo delle autorità nazionali o locali.
Le parti della convenzione si impegnano ad applicare le disposizioni elencate e devono quindi:
• adottare le misure legislative, regolamentari o le altre misure necessarie;
• permettere ai funzionari e alle autorità pubbliche di fornire assistenza e orientamento ai cittadini, agevolandone l'accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia;
• promuovere l'educazione ecologica dei cittadini e aumentare la loro consapevolezza dei problemi ambientali;
• riconoscere e sostenere le associazioni, i gruppi o le organizzazioni aventi come obiettivo la protezione dell'ambiente.
• Accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale
• La convenzione prevede diritti ed obblighi precisi in materia di accesso all'informazione, concernenti in particolare i tempi di trasmissione e i motivi di cui dispongono le autorità pubbliche per rifiutare l'accesso a determinati tipi di informazione.
Il rifiuto è ammesso in tre casi:
• se l'autorità pubblica non è in possesso dell'informazione richiesta;
• se la richiesta è manifestamente abusiva o formulata in modo troppo generico;
• se la richiesta concerne documenti in corso di elaborazione.
Una richiesta di informazioni può essere inoltre respinta per salvaguardare la segretezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche, per motivi di difesa nazionale o di sicurezza pubblica, per consentire il buon funzionamento della giustizia, per tutelare la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, i diritti di proprietà intellettuale, la riservatezza dei dati personali o gli interessi di terzi che abbiano fornito spontaneamente le informazioni. Tali motivi di diniego devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico che potrebbe essere intaccato dalla divulgazione delle informazioni.
La decisione di diniego deve essere accompagnata dalle relative motivazioni indicando i mezzi di ricorso a disposizione del richiedente.
Le autorità pubbliche devono mantenere aggiornate le informazioni in loro possesso e a tale scopo devono tenere elenchi, registri e schedari accessibili al pubblico. Deve essere favorita l'utilizzazione di basi di dati elettroniche, comprendenti le relazioni sulla situazione dell'ambiente, la legislazione, i piani o le politiche nazionali, le convenzioni internazionali.
Partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientale
Il secondo aspetto della convenzione riguarda la partecipazione del pubblico al processo decisionale. Tale partecipazione deve essere assicurata attraverso la procedura di autorizzazione di determinate attività specifiche (principalmente attività di tipo industriale) elencate nell'allegato I della convenzione. Il risultato della partecipazione del pubblico deve essere debitamente preso in considerazione nella decisione finale di autorizzazione dell'attività in questione.
Il pubblico viene informato, fin dalla fase iniziale del processo decisionale, sui seguenti elementi:
• l'oggetto in merito al quale la decisione deve essere presa;
• la natura della decisione da adottare;
• l'autorità competente;
• la procedura prevista, ivi compresi i dettagli pratici relativi alla procedura di consultazione;
• la procedura di valutazione dell'impatto ambientale (se prevista).
I tempi previsti per la procedura devono permettere una reale partecipazione del pubblico.
E' stata istituita una procedura più snella per l'elaborazione di piani e programmi relativi all'ambiente.
La convenzione invita inoltre le parti a favorire la partecipazione del pubblico all'elaborazione delle politiche in materia ambientale, nonché delle norme e della legislazione che possono avere effetti significativi sull'ambiente.
Accesso alla giustizia in materia ambientale
In materia di accesso alla giustizia, i cittadini potranno ricorrere alla giustizia in condizioni adeguate, nel quadro della legislazione nazionale, qualora essi ritengano violati i propri diritti in materia di accesso all'informazione (richiesta di informazione non presa in considerazione, respinta abusivamente o presa in considerazione in modo insufficiente).
L'accesso alla giustizia è garantito anche nel caso di violazione della procedura di partecipazione prevista dalla convenzione. Inoltre l'accesso alla giustizia è ammesso per la composizione delle controversie relative ad azioni o ad omissioni di privati o di autorità pubbliche che infrangono le disposizioni legislative ambientali nazionali.
Recepimento della convenzione di Århus nell'ordinamento comunitario
La Comunità si è impegnata ad adottare i provvedimenti necessari per assicurare un'applicazione effettiva della convenzione. In effetti, il primo pilastro della convenzione, che fa riferimento all' accesso al pubblico delle informazioni, ha trovato attuazione, a livello comunitario, nella direttiva 2003//4/CE relativa all' accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale. Il secondo pilastro, che riguarda la partecipazione del pubblico alle procedure ambientali, è stato recepito dalla direttiva 2003/35/CE. Una proposta di direttiva, pubblicata nell'ottobre 2003, dovrebbe recepire il terzo pilastro, diretto a garantire l' accesso del pubblico alla giustizia in materia ambientale. Inoltre, un regolamento, adottato nel 2006, mira a garantire l'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni e dei principi della convenzione.
Riferimenti
Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale
Decisione 2005/370/CE 17.05.2005 - GU L 124 del 17.04.2005
Atti Collegati
Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome della Comunità europea per quanto riguarda l'interpretazione dell'articolo 14 della convenzione di Århus [COM/2008/174 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Decisione 2006/957/CE del Consiglio, del 18.12.2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, di un emendamento alla convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale [Gazzetta ufficiale L386 del 29.12.2006].
La modifica in questione estende la partecipazione del pubblico alle decisioni riguardanti la diffusione volontaria degli OGM nell'ambiente. A livello comunitario, questa esigenza è già soddisfatta da alcune disposizioni contenute nella direttiva 2001/18/CE relativa all'introduzione deliberata di OGM nell'ambiente e nel regolamento (CE) n. 1829/2003 () riguardante i prodotti alimentari e i mangimi per animali geneticamente modificati.
Tesina di Mej-Li - Concetto di Cittadinanza
CONCETTO DI CITTADINANZA
Dalla realizzazione dell’Unità d’Italia sino alla Costituzione repubblica, il concetto giuridico di “cittadinanza”ha giocato un ruolo importantissimo nella definizione dei rapporti tra cittadino e Stato e nell’allargamento dei diritti civili, politici e sociali degli individui.
Il principio di nazionalità, su cui ancora oggi si fonda il concetto di “cittadinanza nazionale”, conduce ad una ambiguità di fondo, operando, nella legislazione e nella cultura giuridica, “una sostanziale equiparazione del concetto di cittadinanza con quello di nazionalità, attraverso la riduzione della prima alla seconda”, rendendo così più difficile “percepire la ricchezza concettuale che da sempre il termine cittadinanza si porta dietro”.
L’elemento costitutivo della nazione consiste nella “coscienza della nazionalità”, cioè nel “sentimento che ella acquista di sé medesima”, senza la quale gli altri elementi, di natura naturalistica, sarebbero solo “inerte materia”.
Gli italiani, prendendo coscienza della propria nazionalità italiana, dell’identità nazionale, riconoscendosi reciprocamente come parte di una stessa comunità, avevano tutto il diritto di combattere per realizzare la nazione di cui sentivano l’esistenza, aldilà di una semplice comunanza etnica o linguistica. E’, dunque, per dirla in altri termini, il diritto di una “Nazione” di diventare uno “Stato”. Quest’ultimo non sarebbe altro che l’espressione istituzionale della prima, venendo a coincidere territorialmente con essa.
Ad ogni nazione, dunque, dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla indipendenza dalle altre e di organizzarsi internamente. Il principio di nazionalità diventa perciò “lo strumento di giustificazione della sovranità statale e la base del suo riconoscimento da parte degli altri Stati”. Ma è allo stesso tempo “la radice e il fondamento del rapporto tra cittadino e autorità”. Si è cittadini di una nazione e, quindi, “si appartiene a uno Stato e si è soggetti alla sua autorità”.
In Italia la cittadinanza è intesa come lo “status” giuridico del cittadino riconosciuto dall’ordinamento giuridico. E’, dunque, cittadino colui che è riconosciuto dalla legge nazionale come “appartenente allo Stato”. Di conseguenza a lui sono riconosciuti tutta una serie di diritti e doveri stabiliti innanzitutto dalla Costituzione.
E’ così lo Stato stesso che identifica i propri cittadini, stabilisce, con legge, le regole per l’acquisto e la perdita della cittadinanza, individua le conseguenze giuridiche di tale status. La cittadinanza diventa perciò un’attribuzione di diritto positivo che divide i presenti sul territorio in cittadini e stranieri.
Tutto questo comporta:
a) l’impossibilità di prescindere dalle singole legislazioni degli Stati quando si vuol parlare di cittadinanza;
b) la storicizzazione del concetto utilizzato nelle varie fasi storiche diversamente per allargare o restringere il godimento di determinati diritti e doveri;
c) la maggiore o minore considerazione data a determinati elementi costitutivi dello status.
Ciò che ne viene fuori è l’assoluta relatività del contenuto della cittadinanza: non interessa cosa è ma la sua disciplina positiva, il suo modo di acquisto, le sue conseguenze giuridiche.
Ad una diversa conclusione si arriva considerando, seppur brevemente, il cammino storico del concetto, da quello collegato alla “Polis” greca a quello ancorato alla “Civitas” romana, espressione di appartenenza alla comunità politica e fonte di particolari prerogative oltre che di doveri contributivi e militari. Sarà poi la filosofia illuminista e la Rivoluzione francese a riprendere, dopo il Medioevo e l’assolutismo monarchico, quei concetti. Il cittadino è tale perché appartenente al nuovo Stato rivoluzionario, condividendone gli alti ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.
Una cittadinanza, quella della Francia rivoluzionaria, obbligatoriamente “generale”, in quanto estesa a tutti, e “astratta”, riconosciuta al di là della appartenenza a ceti o ad altri gruppi sociali. E’, inoltre, non solo verticale (rapporto individuo-Stato), ma anche orizzontale (rapporto cittadini-cittadino). Una nozione, questa, fortemente “politica” che qualifica il particolare ruolo del cittadino nello Stato, fonte di diritti e doveri, in contrapposizione a quello che era “l’ancien régime” con i suoi privilegi e vincoli feudali. Gli individui sono ormai uguali in quanto cittadini ed hanno il diritto di essere rappresentati politicamente in una Assemblea Nazionale.
Nella fase giacobina della Rivoluzione questa visione “sostanzialista e politica” del concetto di cittadinanza si allarga ancor di più: la cittadinanza è l’identità collettiva della comunità politica, cittadini possono essere tutti ma lo sono solo coloro che hanno questo spirito, chi condivide gli scopi dello Stato e i suoi valori. Al contrario, coloro che non accettano tutto questo sono i controrivoluzionari, i nemici interni della Patria che devono essere esclusi dalla cittadinanza e, se del caso, messi in condizione di non nuocere.
Qui, dunque, la cittadinanza sembra avere un suo contenuto, una sua sostanza politica, in contrapposizione alla precedente configurazione formalistica del diritto positivo.
La cittadinanza non è altro, che lo strumento per differenziare gli appartenenti ad una nazione, cioè la “nazionalità”. Essa non ha più alcun collegamento con il godimento dei diritti politici, a tal punto che l’essere cittadini connota solo un rapporto verticale, cittadino-Stato, per cui non tutti i cittadini hanno la pienezza del godimento dei diritti politici. Pensiamo al suffragio che, in quest’epoca, è limitato soltanto ad alcune categorie di cittadini: tutti, in quanto cittadini, sono soggetti all’autorità statale ma non tutti possono votare né essere eletti o accedere agli incarichi pubblici.
Le ragioni, per così dire, sociologiche di tale approdo devono essere individuate nell’ascesa della borghesia, come nuova classe sociale su cui ogni Regime fonderà il proprio sostegno, una classe che, uscita dalla Rivoluzione, chiede, insieme al riconoscimento del proprio ruolo, anche la esclusione dalla partecipazione politica degli altri ceti, considerati subalterni.
Compito dello Stato è garantire i diritti borghesi e solo quelli, rompendosi il legame tra cittadinanza e pienezza dei diritti politici, tra cittadinanza e partecipazione politica. Ciò che accomuna i cittadini, dunque, non è più il condividere gli obiettivi statali ma l’appartenenza alla nazione, caratterizzando un rapporto verticale con l’autorità statale e, quindi, l’eguaglianza solo formale di fronte alla legge.
E’ nato lo Stato liberale ottocentesco, garante delle c.d. “libertà negative”, lontano da ogni ingerenza nei rapporti sociali, difensore dell’equilibrio borghese. Così, infatti, recitava l’art 24 dello Statuto Albertino: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”.
Il cittadino è “il regnicolo”, cioè “il suddito”, colui che è soggetto all’autorità del Re, dello Stato. Gode dei diritti civili e politici ma con le eccezioni, piuttosto ampie, ammesse dalla legge.
E’, dunque, alla legge che è affidato il compito di regolare la cittadinanza. Rotto il legame tra cittadinanza e diritti politici, essa non ha più alcun rilievo costituzionale come era nella Rivoluzione francese e, quindi, la sua disciplina viene demandata alla legge ordinaria, cioè al codice civile.
Ma il fatto singolare è che tale identificazione tra cittadinanza e nazionalità, tipica degli ordinamenti giuridici ottocenteschi, è rimasta anche oggi nelle moderne Costituzioni dove, ad una nuova visione del rapporto tra Stato e cittadino, non è corrisposta il ribaltamento concettuale di tali due termini.
In altre parole, se oggi i diritti politici, civili e sociali hanno avuto ampia estensione anche nella nostra Costituzione, di pari passo non si è avuta una nuova elaborazione del concetto di cittadinanza che, almeno giuridicamente, è rimasta ancorata ai confini nazionali dello Stato, l’unico che ne stabilisce i modi di acquisizione e la disciplina. Nonostante una maggiore connotazione politica del termine la legge ha continuato ad esprimere una impostazione formalistica, aliena ed avulsa dalla ricerca di una visione più ontologica e contenutistica.
Diventa allora necessario accedere ad una impostazione evolutiva del concetto giuridico di cittadinanza, superando la visione troppo formalistica qui evidenziata. Tale metodologia è stimolata dalle novità della normativa europea che sembra, in qualche modo, incrinare il monolitismo della concezione delineata.
L’art 8, comma 1, del Trattato di Maastrich del 1992, infatti, istituì la “cittadinanza dell’Unione”, stabilendo che è cittadino dell’Unione Europea “chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”.
Ma le novità maggiori, ai fini del nostro discorso, sono evidenziati dall’art. 8 B, comma 1, il quale così recita: “ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”. In tal modo veniva rotto, seppur limitatamente alle elezioni locali, il collegamento nazionalità-cittadinanza-diritto di voto, rinfocolando il dibattito giuridico sulla divisione del concetto di appartenenza nazionale da quello di partecipazione politica.
Il concetto di “cittadinanza” sembrerebbe riempirsi, così, di contenuti tipicamente politici, caratterizzanti l’appartenenza anche non formale ad una comunità. Si potrebbe quasi parlare di una “cittadinanza locale” distinta da quella nazionale, con alcune prerogative specifiche come il diritto di voto. Insomma, per dirla in altre parole, tale tipo di cittadinanza attribuirebbe dei diritti sulla base del vivere in una certa comunità, pur avendo un’altra nazionalità.
Questo nuovo approccio alla questione della cittadinanza è confermato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 il quale ha stabilito che “la cittadinanza dell’Unione completa la cittadinanza nazionale, e non la sostituisce”, riconoscendo, implicitamente, l’insufficienza di quella nazionale, bisognosa di essere completata anche “dalla sfera di imputazioni soggettive attinenti ai rapporti tra il singolo e l’Unione”.
La cittadinanza, nella visione europea, trova ulteriori specificazioni nel Trattato costituzionale, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, nel quale vengono previsti alcuni dei diritti che la compongono. Il Titolo V della Parte II è, infatti, intestato proprio alla cittadinanza, pur trattandosi, di una semplice trasposizione del Capo V della Carta di Nizza del 2001.
In definitiva, spetterebbero ai “cittadini europei”: i diritti di elettorato attivo e passivo nelle elezioni del Parlamento Europeo (art. II-99) e del Comune di residenza (art. II-100), il diritto alla libertà di circolazione e soggiorno il quale, peraltro, può anche essere accordato ai cittadini di Paesi terzi con residenza legale nel territorio di uno Stato membro (art. 105), il diritto alla tutela diplomatica e consolare da parte di qualsiasi Stato membro negli Stati terzi dove lo Stato di cui si sia cittadini sia privo di rappresentanza (art. II-106). Ad ogni cittadino (ma anche ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro) sono riconosciuti i diritti di accesso ai documenti (art. II-102), di rivolgersi al mediatore europeo nei casi di cattiva amministrazione (art. II-103) e di presentare petizioni al Parlamento europeo (art. II-104).
Da ultimo, il 4 agosto 2006 il Consiglio dei Ministri approvava, su proposta del Ministro dell’Interno, un Disegno di Legge, con l’intento di aggiornare la normativa italiana sulla cittadinanza contenuta nella Legge n. 91/1992 dopo la direttiva europea 2003/109/CE istitutiva del “permesso di soggiorno CE”. Il provvedimento governativo proposto nella scorsa Legislatura, prendendo in considerazione le varie situazioni che contraddistinguevano la presenza degli stranieri in Italia, intendeva stabilire la possibilità di acquisire la cittadinanza da parte di chi era nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui uno almeno fosse legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, oltre che in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Anche se quest’ultima iniziativa restava nell’alveo della impostazione tradizionale, è indubbio che qualcosa si sta muovendo all’interno del dibattito politico e giuridico.
Si sta, dunque, andando verso un progressivo abbandono del concetto unitario e monolitico della cittadinanza nazionale, aprendo almeno a tutti coloro che risiedono in una certa comunità il godimento di diritti che, sino a poco tempo prima, era impossibile attribuire, con l’obiettivo di una maggiore integrazione nel tessuto sociale.
La stessa integrazione politica sovranazionale è la dimostrazione del superamento “di quella esclusività e del correlato sentimento collettivo di appartenenza esclusiva che hanno costituito nel loro complesso carattere tipico del concetto di cittadinanza”, rendendo “claudicante” il controllo degli Stati sul contenuto della cittadinanza e dei diritti, sentenziando l’esaurimento della “dimensione statalistica” della cittadinanza: così se già la doppia cittadinanza costituiva “un dato spurio e di difficile configurazione”, la “cittadinanza duale” dell’Unione Europea, impietosamente, rivela come i “segni del tempo” marchino il concetto tradizionale della cittadinanza elaborato dalla dottrina dello Stato.
Dalla realizzazione dell’Unità d’Italia sino alla Costituzione repubblica, il concetto giuridico di “cittadinanza”ha giocato un ruolo importantissimo nella definizione dei rapporti tra cittadino e Stato e nell’allargamento dei diritti civili, politici e sociali degli individui.
Il principio di nazionalità, su cui ancora oggi si fonda il concetto di “cittadinanza nazionale”, conduce ad una ambiguità di fondo, operando, nella legislazione e nella cultura giuridica, “una sostanziale equiparazione del concetto di cittadinanza con quello di nazionalità, attraverso la riduzione della prima alla seconda”, rendendo così più difficile “percepire la ricchezza concettuale che da sempre il termine cittadinanza si porta dietro”.
L’elemento costitutivo della nazione consiste nella “coscienza della nazionalità”, cioè nel “sentimento che ella acquista di sé medesima”, senza la quale gli altri elementi, di natura naturalistica, sarebbero solo “inerte materia”.
Gli italiani, prendendo coscienza della propria nazionalità italiana, dell’identità nazionale, riconoscendosi reciprocamente come parte di una stessa comunità, avevano tutto il diritto di combattere per realizzare la nazione di cui sentivano l’esistenza, aldilà di una semplice comunanza etnica o linguistica. E’, dunque, per dirla in altri termini, il diritto di una “Nazione” di diventare uno “Stato”. Quest’ultimo non sarebbe altro che l’espressione istituzionale della prima, venendo a coincidere territorialmente con essa.
Ad ogni nazione, dunque, dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla indipendenza dalle altre e di organizzarsi internamente. Il principio di nazionalità diventa perciò “lo strumento di giustificazione della sovranità statale e la base del suo riconoscimento da parte degli altri Stati”. Ma è allo stesso tempo “la radice e il fondamento del rapporto tra cittadino e autorità”. Si è cittadini di una nazione e, quindi, “si appartiene a uno Stato e si è soggetti alla sua autorità”.
In Italia la cittadinanza è intesa come lo “status” giuridico del cittadino riconosciuto dall’ordinamento giuridico. E’, dunque, cittadino colui che è riconosciuto dalla legge nazionale come “appartenente allo Stato”. Di conseguenza a lui sono riconosciuti tutta una serie di diritti e doveri stabiliti innanzitutto dalla Costituzione.
E’ così lo Stato stesso che identifica i propri cittadini, stabilisce, con legge, le regole per l’acquisto e la perdita della cittadinanza, individua le conseguenze giuridiche di tale status. La cittadinanza diventa perciò un’attribuzione di diritto positivo che divide i presenti sul territorio in cittadini e stranieri.
Tutto questo comporta:
a) l’impossibilità di prescindere dalle singole legislazioni degli Stati quando si vuol parlare di cittadinanza;
b) la storicizzazione del concetto utilizzato nelle varie fasi storiche diversamente per allargare o restringere il godimento di determinati diritti e doveri;
c) la maggiore o minore considerazione data a determinati elementi costitutivi dello status.
Ciò che ne viene fuori è l’assoluta relatività del contenuto della cittadinanza: non interessa cosa è ma la sua disciplina positiva, il suo modo di acquisto, le sue conseguenze giuridiche.
Ad una diversa conclusione si arriva considerando, seppur brevemente, il cammino storico del concetto, da quello collegato alla “Polis” greca a quello ancorato alla “Civitas” romana, espressione di appartenenza alla comunità politica e fonte di particolari prerogative oltre che di doveri contributivi e militari. Sarà poi la filosofia illuminista e la Rivoluzione francese a riprendere, dopo il Medioevo e l’assolutismo monarchico, quei concetti. Il cittadino è tale perché appartenente al nuovo Stato rivoluzionario, condividendone gli alti ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.
Una cittadinanza, quella della Francia rivoluzionaria, obbligatoriamente “generale”, in quanto estesa a tutti, e “astratta”, riconosciuta al di là della appartenenza a ceti o ad altri gruppi sociali. E’, inoltre, non solo verticale (rapporto individuo-Stato), ma anche orizzontale (rapporto cittadini-cittadino). Una nozione, questa, fortemente “politica” che qualifica il particolare ruolo del cittadino nello Stato, fonte di diritti e doveri, in contrapposizione a quello che era “l’ancien régime” con i suoi privilegi e vincoli feudali. Gli individui sono ormai uguali in quanto cittadini ed hanno il diritto di essere rappresentati politicamente in una Assemblea Nazionale.
Nella fase giacobina della Rivoluzione questa visione “sostanzialista e politica” del concetto di cittadinanza si allarga ancor di più: la cittadinanza è l’identità collettiva della comunità politica, cittadini possono essere tutti ma lo sono solo coloro che hanno questo spirito, chi condivide gli scopi dello Stato e i suoi valori. Al contrario, coloro che non accettano tutto questo sono i controrivoluzionari, i nemici interni della Patria che devono essere esclusi dalla cittadinanza e, se del caso, messi in condizione di non nuocere.
Qui, dunque, la cittadinanza sembra avere un suo contenuto, una sua sostanza politica, in contrapposizione alla precedente configurazione formalistica del diritto positivo.
La cittadinanza non è altro, che lo strumento per differenziare gli appartenenti ad una nazione, cioè la “nazionalità”. Essa non ha più alcun collegamento con il godimento dei diritti politici, a tal punto che l’essere cittadini connota solo un rapporto verticale, cittadino-Stato, per cui non tutti i cittadini hanno la pienezza del godimento dei diritti politici. Pensiamo al suffragio che, in quest’epoca, è limitato soltanto ad alcune categorie di cittadini: tutti, in quanto cittadini, sono soggetti all’autorità statale ma non tutti possono votare né essere eletti o accedere agli incarichi pubblici.
Le ragioni, per così dire, sociologiche di tale approdo devono essere individuate nell’ascesa della borghesia, come nuova classe sociale su cui ogni Regime fonderà il proprio sostegno, una classe che, uscita dalla Rivoluzione, chiede, insieme al riconoscimento del proprio ruolo, anche la esclusione dalla partecipazione politica degli altri ceti, considerati subalterni.
Compito dello Stato è garantire i diritti borghesi e solo quelli, rompendosi il legame tra cittadinanza e pienezza dei diritti politici, tra cittadinanza e partecipazione politica. Ciò che accomuna i cittadini, dunque, non è più il condividere gli obiettivi statali ma l’appartenenza alla nazione, caratterizzando un rapporto verticale con l’autorità statale e, quindi, l’eguaglianza solo formale di fronte alla legge.
E’ nato lo Stato liberale ottocentesco, garante delle c.d. “libertà negative”, lontano da ogni ingerenza nei rapporti sociali, difensore dell’equilibrio borghese. Così, infatti, recitava l’art 24 dello Statuto Albertino: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”.
Il cittadino è “il regnicolo”, cioè “il suddito”, colui che è soggetto all’autorità del Re, dello Stato. Gode dei diritti civili e politici ma con le eccezioni, piuttosto ampie, ammesse dalla legge.
E’, dunque, alla legge che è affidato il compito di regolare la cittadinanza. Rotto il legame tra cittadinanza e diritti politici, essa non ha più alcun rilievo costituzionale come era nella Rivoluzione francese e, quindi, la sua disciplina viene demandata alla legge ordinaria, cioè al codice civile.
Ma il fatto singolare è che tale identificazione tra cittadinanza e nazionalità, tipica degli ordinamenti giuridici ottocenteschi, è rimasta anche oggi nelle moderne Costituzioni dove, ad una nuova visione del rapporto tra Stato e cittadino, non è corrisposta il ribaltamento concettuale di tali due termini.
In altre parole, se oggi i diritti politici, civili e sociali hanno avuto ampia estensione anche nella nostra Costituzione, di pari passo non si è avuta una nuova elaborazione del concetto di cittadinanza che, almeno giuridicamente, è rimasta ancorata ai confini nazionali dello Stato, l’unico che ne stabilisce i modi di acquisizione e la disciplina. Nonostante una maggiore connotazione politica del termine la legge ha continuato ad esprimere una impostazione formalistica, aliena ed avulsa dalla ricerca di una visione più ontologica e contenutistica.
Diventa allora necessario accedere ad una impostazione evolutiva del concetto giuridico di cittadinanza, superando la visione troppo formalistica qui evidenziata. Tale metodologia è stimolata dalle novità della normativa europea che sembra, in qualche modo, incrinare il monolitismo della concezione delineata.
L’art 8, comma 1, del Trattato di Maastrich del 1992, infatti, istituì la “cittadinanza dell’Unione”, stabilendo che è cittadino dell’Unione Europea “chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”.
Ma le novità maggiori, ai fini del nostro discorso, sono evidenziati dall’art. 8 B, comma 1, il quale così recita: “ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”. In tal modo veniva rotto, seppur limitatamente alle elezioni locali, il collegamento nazionalità-cittadinanza-diritto di voto, rinfocolando il dibattito giuridico sulla divisione del concetto di appartenenza nazionale da quello di partecipazione politica.
Il concetto di “cittadinanza” sembrerebbe riempirsi, così, di contenuti tipicamente politici, caratterizzanti l’appartenenza anche non formale ad una comunità. Si potrebbe quasi parlare di una “cittadinanza locale” distinta da quella nazionale, con alcune prerogative specifiche come il diritto di voto. Insomma, per dirla in altre parole, tale tipo di cittadinanza attribuirebbe dei diritti sulla base del vivere in una certa comunità, pur avendo un’altra nazionalità.
Questo nuovo approccio alla questione della cittadinanza è confermato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 il quale ha stabilito che “la cittadinanza dell’Unione completa la cittadinanza nazionale, e non la sostituisce”, riconoscendo, implicitamente, l’insufficienza di quella nazionale, bisognosa di essere completata anche “dalla sfera di imputazioni soggettive attinenti ai rapporti tra il singolo e l’Unione”.
La cittadinanza, nella visione europea, trova ulteriori specificazioni nel Trattato costituzionale, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, nel quale vengono previsti alcuni dei diritti che la compongono. Il Titolo V della Parte II è, infatti, intestato proprio alla cittadinanza, pur trattandosi, di una semplice trasposizione del Capo V della Carta di Nizza del 2001.
In definitiva, spetterebbero ai “cittadini europei”: i diritti di elettorato attivo e passivo nelle elezioni del Parlamento Europeo (art. II-99) e del Comune di residenza (art. II-100), il diritto alla libertà di circolazione e soggiorno il quale, peraltro, può anche essere accordato ai cittadini di Paesi terzi con residenza legale nel territorio di uno Stato membro (art. 105), il diritto alla tutela diplomatica e consolare da parte di qualsiasi Stato membro negli Stati terzi dove lo Stato di cui si sia cittadini sia privo di rappresentanza (art. II-106). Ad ogni cittadino (ma anche ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro) sono riconosciuti i diritti di accesso ai documenti (art. II-102), di rivolgersi al mediatore europeo nei casi di cattiva amministrazione (art. II-103) e di presentare petizioni al Parlamento europeo (art. II-104).
Da ultimo, il 4 agosto 2006 il Consiglio dei Ministri approvava, su proposta del Ministro dell’Interno, un Disegno di Legge, con l’intento di aggiornare la normativa italiana sulla cittadinanza contenuta nella Legge n. 91/1992 dopo la direttiva europea 2003/109/CE istitutiva del “permesso di soggiorno CE”. Il provvedimento governativo proposto nella scorsa Legislatura, prendendo in considerazione le varie situazioni che contraddistinguevano la presenza degli stranieri in Italia, intendeva stabilire la possibilità di acquisire la cittadinanza da parte di chi era nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui uno almeno fosse legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, oltre che in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Anche se quest’ultima iniziativa restava nell’alveo della impostazione tradizionale, è indubbio che qualcosa si sta muovendo all’interno del dibattito politico e giuridico.
Si sta, dunque, andando verso un progressivo abbandono del concetto unitario e monolitico della cittadinanza nazionale, aprendo almeno a tutti coloro che risiedono in una certa comunità il godimento di diritti che, sino a poco tempo prima, era impossibile attribuire, con l’obiettivo di una maggiore integrazione nel tessuto sociale.
La stessa integrazione politica sovranazionale è la dimostrazione del superamento “di quella esclusività e del correlato sentimento collettivo di appartenenza esclusiva che hanno costituito nel loro complesso carattere tipico del concetto di cittadinanza”, rendendo “claudicante” il controllo degli Stati sul contenuto della cittadinanza e dei diritti, sentenziando l’esaurimento della “dimensione statalistica” della cittadinanza: così se già la doppia cittadinanza costituiva “un dato spurio e di difficile configurazione”, la “cittadinanza duale” dell’Unione Europea, impietosamente, rivela come i “segni del tempo” marchino il concetto tradizionale della cittadinanza elaborato dalla dottrina dello Stato.
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